Soleil Noir: analisi del monologo di Mathieu e il peso della figura paterna

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Mathieu arriva durante una scena che, all’apparenza, è solo un momento di commemorazione: una serata formale, una festa organizzata per “celebrare la famiglia e il patrimonio”. Ma le parole pronunciate da Mathieu rompono il tono cerimoniale, lo incrinano, lo mettono a disagio. Il suo discorso inizia con gratitudine e cortesia, come da copione, ma poi si sporca, si piega sotto il peso della memoria personale e della colpa inespressa.

Non l'ho ucciso

STAGIONE 1 EP 4

MINUTAGGIO: 23:40-25:15

RUOLO: Mathieu

ATTORE: Guillaume Gouix

DOVE: Netflix

ITALIANO

Buonasera, grazie. Grazie di cuore. Siamo lieti di accogliervi qui questa sera per celebrare la nostra famiglia, il nostro patrimonio. Grazie per essere qui, davvero. È ovvio che tutti i pensieri vadano a mio padre. E… scusate… Devo dirvi che non è stato sempre facile essere suo figlio. E credo che direbbe che non è sempre stato facile essere mio padre, si perché eravamo diverse, a volte mi faceva impazzire, l’avrei ucciso, ve lo giuro. No, ma io… io non l’ho ucciso. Lo adoravo. Era mio padre, lo amavo, io… Tutti amiamo i nostri padri, vero?

Soleil Noir

Al centro c’è Alba, interpretata da Ava Baya, madre single, fuggitiva silenziosa, reduce da un passato sfilacciato tra istituti, famiglie affidatarie, violenza e precarietà. Decide di ricominciare da zero in Provenza, dove accetta un lavoro stagionale nella lussuosa tenuta agricola dei Bianca, produttori di fiori e oli essenziali. Tutto sembra promesso a una quiete — ma è la quiete prima della tempesta.

Il patriarca della famiglia, Arnaud, viene trovato morto in un campo di lavanda. L'indagine punta subito su Alba. E qui arriva il primo colpo di scena: un test del DNA svela che l’uomo era il padre biologico di Alba. E lei, la figlia “bastarda”, è l’unica erede legittima.

Da questo momento in poi la storia si biforca: da un lato il whodunit, il giallo investigativo che tiene insieme tensioni familiari, misteri irrisolti e dinamiche ereditarie. Dall’altro, un percorso interiore tutto centrato su identità e appartenenza, che scava nella psicologia di una donna messa di fronte a una verità che non ha chiesto.

Il nodo tematico più interessante è quello della maternità intesa come frontiera di resistenza e sacrificio. Alba è madre di Leo, un bambino che diventa il punto fermo emotivo dell’intera narrazione. Il legame tra madre e figlio è più forte dei legami di sangue che emergono con la famiglia Bianca. Qui la maternità non è idealizzata, ma trattata come un gesto di lotta, una postura quotidiana contro il giudizio e l’emarginazione.

Parallelamente, Soleil Noir si interroga su cosa significhi scoprire da adulti le proprie radici biologiche, e come questo possa scardinare la percezione di sé. Alba non vuole appartenere a quella famiglia, ma le circostanze la costringono a farci i conti. L’eredità non è solo un patrimonio economico, è memoria corrotta, colpa trasmessa, verità mai dette.

La Provenza, con i suoi paesaggi pittorici, si fa cornice ambigua: non è mai sfondo neutro, ma paesaggio simbolico. Bellezza che inganna, natura che nasconde. La lavanda è viola — il colore del lutto e della trasformazione.

Analisi Monologo

“Siamo lieti di accogliervi qui questa sera per celebrare la nostra famiglia, il nostro patrimonio.” L’apertura è convenzionale, quasi automatica. È la voce pubblica di Mathieu, la faccia che indossa quando deve rappresentare i Bianca davanti al mondo. “Patrimonio” non è una parola casuale: in questa famiglia, tutto è patrimonio — soldi, terreni, reputazione. E anche le emozioni, purtroppo. “È ovvio che tutti i pensieri vadano a mio padre.” Qui il tono cambia, si fa più personale. La figura del padre — Étienne — è il cuore emotivo e narrativo del discorso. E subito dopo arriva la prima crepa.

“Devo dirvi che non è stato sempre facile essere suo figlio.” Questa è la frase chiave. Nella costruzione del monologo, è l'equivalente di un colpo d'accetta. Mathieu non costruisce un’agiografia. Non santifica il padre, anzi. Lo umanizza. E nel farlo, sposta il centro del discorso da una commemorazione a una resa dei conti emotiva “E credo che direbbe che non è sempre stato facile essere mio padre.” Qui c’è un gioco speculare interessante. Mathieu si difende anticipando l'accusa: se lui è stato un figlio difficile, anche Étienne è stato un padre problematico. C’è una simmetria del conflitto, ma anche un implicito bisogno di equilibrio: come se volesse pareggiare i conti, anche nella memoria.

“A volte mi faceva impazzire, l’avrei ucciso, ve lo giuro.” E qui, tutto si incrina. Una battuta detta a mezza voce, forse per stemperare l’emozione, forse per liberare una tensione interiore insostenibile. Ma nel contesto della serie — dove il padre è stato ucciso per davvero — queste parole suonano quasi come una dichiarazione sospetta. O una forma involontaria di autoaccusa. È una frase che mette tutti, spettatori compresi, in allerta.

“No, ma io… io non l’ho ucciso.” Ecco la frase più ambigua del monologo. Nessuno aveva accusato Mathieu. Nessuno, almeno a voce alta. Ma lui sente il bisogno di dire che non è stato lui. Questa smentita, proprio perché non richiesta, ha il sapore della negazione isterica: quella che nasce non da una colpa reale, ma da una colpa percepita. “Lo adoravo. Era mio padre, lo amavo, io… Tutti amiamo i nostri padri, vero?” Qui Mathieu torna sulla difensiva, rientra nella cornice del sentimento condiviso. Cerca l’assoluzione nel consenso altrui. Quell’“io…” sospeso è un momento prezioso: esita, si perde, si arrampica su una verità che probabilmente non è mai stata semplice. E poi chiude con una domanda retorica che suona come una richiesta disperata di complicità.

Conclusione

Il monologo di Mathieu in Soleil Noir è uno di quei momenti che fanno bene alla serialità europea: una scena che vive sul filo dell’ambiguità emotiva, che non serve solo la trama ma arricchisce il personaggio di sfumature e contraddizioni.

Mathieu è il figlio che ha vissuto all’ombra di un padre ingombrante, che ha represso il conflitto, che ha cercato di compiacere ma senza riuscirci del tutto. In questo discorso, la memoria del padre si confonde con l’autodifesa, e la cerimonia pubblica si trasforma in un atto privato di liberazione, rabbia e disorientamento.

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