Stranger Things 5: analisi della scena tra Will, Robin e una valanga

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~ LA REDAZIONE DI RC

Contesto della serie "Stranger Things 5": i primi due episodi

La storia si apre con un flashback del 1983, in cui Will viene catturato dal Demogorgone e consegnato a Vecna, che sembra avviare un piano a lungo termine. Nel 1987, Hawkins è ormai una città in quarantena dopo l’invasione del Sottosopra. I ragazzi, Mike, Dustin, Lucas e Will cercano di mantenere viva la memoria di Eddie e continuano la loro battaglia contro Vecna, mentre la città è presidiata dall’esercito. Undi (Eleven) si allena duramente con Hopper e Joyce, mentre varie squadre dei protagonisti tentano di coordinarsi tramite radio per localizzare Vecna, ormai introvabile da tempo. Durante una ricognizione militare nel Sottosopra, Hopper rimane isolato e Will percepisce attraverso una visione, come se fosse dentro la mente del Demogorgone, che una minaccia sta raggiungendo la casa di Mike e Nancy.

In quel preciso momento, infatti, Holly, la sorellina, viene attaccata dal Demogorgone nella sua stanza Holly riesce a fuggire inizialmente, ma viene comunque rapita e trascinata nel Sottosopra. Nancy e Mike scoprono che la bambina parlava di un misterioso “Signor Cosè”. Indagando e interrogando la loro madre Karen ferita, scoprono che il vero nome dell’entità è Henry. I pezzi si incastrano: Cosè è Vecna, che ha manipolato Holly prima del rapimento. Undi e Hopper si inoltrano nel Sottosopra per cercare la bambina. Nel frattempo, Will capisce che Vecna sta usando un legame mentale con lui e riesce a percepire ciò che Holly vede e sente, come se Vecna stesse sfruttando la sua connessione per comunicare o spiare attraverso i bambini presi di mira. Infine una visione rivela che Holly è nella “casa” di Henry, una versione illusoria e idilliaca creata da Vecna: non è l’unica, perché lui vuole radunare tutti i bambini che ha scelto come vittime...

Contesto della serie "Stranger Things 5": episodio 3 e 4

Vecna prende di mira un altro bambino: Derek. Il piano dei ragazzi è attirare il Demogorgone a casa sua e inserirgli una ricetrasmittente, così da seguire il mostro fino al nascondiglio di Vecna. Intanto Holly, nella falsa realtà costruita da Henry, scopre messaggi misteriosi e si addentra nel bosco, spiata da una creatura. Undi e Hopper combattono contro una squadra dell’esercito nel Sottosopra e distruggono un’arma sonica che stava bloccando i poteri della ragazza, riuscendo poi a riprendere la ricerca della bambina. Will conferma che Vecna sta “raccogliendo” bambini e che il suo legame mentale con la mente alveare non si è mai del tutto spezzato . L’episodio si apre con Derek, ancora sotto shock, che si sveglia nel fienile dove Joyce e gli altri stanno cercando di proteggerlo. La donna tenta di farlo ragionare, ma Derek vuole scappare: Vecna gli ha detto tutt’altro. Proprio allora il Demogorgone irrompe nel fienile. Will, che continua ad avere visioni dal punto di vista della creatura, “vede” tutta la scena attraverso i suoi occhi. Joyce prova a difendere il bambino con un’accetta, ma la svolta arriva quando Steve piomba dentro guidando un’auto e investe il Demogorgone.

L’idea folle è seguirlo nel portale, sfruttando la scia della creatura. La macchina entra nel Sottosopra per un soffio, con a bordo Steve, Dustin, Jonathan e Nancy. Nel Sottosopra, la nebbia è così fitta che a un certo punto perdono di vista il Demogorgone e si schiantano contro un muro viscido, tipico delle superfici organiche create da Vecna. Intanto Will continua a “sentire” il Sottosopra: ha nuove visioni di bambini sedati, collegati a tentacoli come se fossero respiratori viventi. Capisce che Vecna sta seguendo uno schema: vede quattro spirali, un numero che si ripeterà fino ad arrivare a dodici bambini rapiti.

Nel frattempo, Max e Holly danno un nuovo tassello al mistero. Holly, attirata da una lettera scritta da Henry/Vecna, attraversa un passaggio nel muro e viene raggiunta da Max, viva e cosciente dopo la lunga degenza. Max la conduce in un luogo surreale: una casa immersa in una savana luminosa. Spiega alla bambina che ciò che vede non è reale, ma un ricordo composito, la prigione mentale in cui Henry intrappola le sue vittime.

Per recuperare i bambini sequestrati dai militari, Robin propone un piano in stile La Grande Fuga: entrare da un tunnel sotterraneo e liberare i piccoli prigionieri. Ma serve una talpa, qualcuno dall’interno… Derek è l’uomo giusto, ma le cose precipitano e, proprio quella notte… Arriva Vecna.

Analisi dialogo

Will: Noah Schnapp

Robin: Maya Hawke

Will: Sai, potresti comunque provare a baciarla di nuovo? 

Robin: Lo sapevo che era il tuo tannato caschetto.

Will: Sì, insomma, lo so che ormai ormai non va più di nota.

Robin: Davo l'idea di sapere cosa facevo. 

Will: Insomma, sì, per me.

Robin: È già qualcosa.

Will: Quindi, come l'hai capito che con Becky, intendo, come hai capito che Vicky…

Robin: Che Vicky voleva Baciarmi. 

Will: Uscire con te.

Robin: Facevamo volontariato insieme, c'erano dei segnali.

Will: Dei segnali?

Robin: Sì, sai, il ginocchio che struscia, il gomito che urta uno sguardo, e tutto è aumentato come una palla di neve giù da un declivio, diventando evidente. 

Will: Evidente come? 

Robin: Diciamo che la palla di neve è diventata una valanga. 

Questo dialogo non è costruito per avanzare la trama, ma per far emergere una dinamica molto più preziosa: Will e Robin sono due personaggi che condividono la stessa “frequenza emotiva”. Entrambi hanno vissuto (e vivono) la difficoltà dell’amore, dell’identità, dei segnali confusi, dell’incertezza. Questa scena li avvicina in modo naturale: senza dichiarazioni, senza dramma, solo attraverso un dialogo lieve, quasi timido. Il vero motore emotivo non è “chi bacia chi”, ma la vulnerabilità. Will cerca risposte che non ha; Robin dà consigli che vorrebbe valessero anche per sé.

La scena si apre con una battuta che sembra un incoraggiamento:

Will: “Sai, potresti comunque provare a baciarla di nuovo?”

È la prima volta che Will prova ad essere “allenatore emotivo” per qualcuno. Ma la battuta è goffa, sincera, dolcemente impacciata. È il tipo di frase che si dice quando si ha paura dell’amore… e proprio per questo si vuole aiutare gli altri a non avere la stessa paura. Robin risponde con ironia: 

Robin: “Lo sapevo che era il tuo dannato caschetto.”

È un modo per rompere la tensione, per togliere gravità alla conversazione. Lei usa l’umorismo come scudo — un tratto che Maya Hawke interpreta sempre con una punta di sarcasmo tenero. Will ribatte: “Sì, insomma… lo so che ormai non va più di moda.” Questa linea è magnifica perché porta dentro di sé due piani: l’ironia sul taglio di capelli, la consapevolezza che lui stesso si sente “fuori moda” nella vita affettiva. È un doppio livello di insicurezza: estetica e emotiva.

Il cuore della scena arriva quando Will chiede: “Come l’hai capito… come hai capito che Vicky voleva uscire con te?” È qui che emerge davvero il suo arco emotivo. Will cerca una mappa. Una guida. Non sa leggere i segnali, non si fida del proprio istinto, e soprattutto ha paura di sbagliare. Questa domanda non riguarda Vicky o Robin: riguarda lui stesso. Will chiede: “Come si fa a capire quando è il momento? Come si fa a capire se qualcuno ti vede davvero?” Robin risponde con una delicatezza molto “sua”: “Facevamo volontariato insieme, c’erano dei segnali.” Qui non è importante ciò che dice, ma come lo dice. Non parla di emozioni grandi, ma di piccole cose: ginocchio, gomito, sguardi. Perché l’amore di Robin nasce così: non nei momenti teatrali, ma nei dettagli. Quando approfondisce: “Il ginocchio che struscia, il gomito che urta… uno sguardo… e tutto è aumentato come una palla di neve…” sta traducendo in parole qualcosa che è più sensoriale che razionale. È un’immagine perfetta per Stranger Things: il sentimento che cresce lentamente, poi accelera, poi travolge. Una valanga, appunto.

Will chiede: “Evidente come?” Questa è la battuta più bella che possa interpretare Noah Schnapp: un misto di speranza, innocenza e timore. È come se chiedesse: “Per me non è mai evidente… ma potrebbe diventarlo?” La scena funziona proprio perché Will non giudica, non ironizza, non si nasconde. È un Will finalmente senza maschera. E Robin lo sente, lo accoglie, gli rispecchia la stessa vulnerabilità.

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