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La rabbia è un’emozione che l’uomo, come ogni specie animale, esperisce a tutte le età. Questo perché si sprigiona a partire dall’istinto di sopravvivenza e dalle condizioni ambientali che si vivono. Il termine deriva dal latino rabies, “follia”, e si allaccia al sanscrito rabhas, “fare violenza”. La prima testimonianza scritta della parola appartiene al 1930 a.C. e fa riferimento alla malattia diffusa da un cane. Con la mitologia, in particolare con i personaggi di Ettore e Lyssa di Omero, il significato inizia ad includere comportamenti rispettivamente emotivi e violenti.
E’ geneticamente provato che la rabbia sia un veicolo che esprima emozioni, legate ad una capacità comunicativa che appartiene agli albori dell’esistenza. In assenza di linguaggio, l’uomo si esprimeva utilizzando il volto e i gesti, per cui i segnali di pericolo o espressioni di un bisogno risultarono necessari per la creazione delle prime comunità. La rabbia è una delle emozioni più connotate dal volto, il quale si contrae e si articola in maniera molto vistosa. I bisogni fisiologici e l’espressione delle emozioni fanno tutt’oggi parte dell’essere umano, come di qualsiasi specie animale, e ogni emozione ha dei parametri ben precisi che ne permettono il riconoscimento. E’ scientificamente dimostrato che il componente responsabile della nostra risposta emotiva è il sistema nervoso autonomo e che la risposta varia a seconda delle emozioni.
Gli studi, nel loro progredire, hanno man mano indicato come la rabbia sia diventata l’emozione più complessa, sia nelle apparizioni che nella frequenza delle apparizioni. Questo perché, innanzitutto, ha la più alta capacità di attivazione dell’organismo, rispetto alle altre emozioni. Seguono la paura e la gioia. Altro fattore fondamentale è l’inibizione sociale dettata da regole comportamentali che, a seconda della cultura, costringono l’individuo in determinati atteggiamenti. Per non parlare della “semplice” condizione istintuale di sopravvivenza, che da sempre è alla base della sopravvivenza di qualsiasi specie. Gli animali aggrediscono quando qualcosa li spaventa, quando devono difendere se stessi o altri animali da attacchi, quando vogliono battere un rivale sessuale o territoriale.
COME SI MANIFESTA LA RABBIA?
Le reazioni caratteristiche sono l’aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, l’aumento della pressione arteriosa, della tensione muscolare, della sudorazione e della temperatura, comparsa di irritazioni cutanee e rossori. L’individuo riferisce la presenza di un calore forte, un senso di inquietudine e irrequietezza, l’incapacità di controllare il proprio corpo, i gesti e la propria voce. Quest’ultima può scoppiare in toni alti, può tremare, può mancare. Il livello mimico e corporeo, che come accennato è molto accentuato, varia a seconda delle specie e della cultura. Generalmente, il cambiamento del volto include l’aggrottare delle sopracciglia, il digrignare i denti, serrare le labbra, ma anche la lacrimazione involontaria degli occhi, talvolta un pianto incontrollabile.
DA COSA SCATURISCE LA RABBIA?
La componente cognitiva è la principale responsabile dell’esperienza di rabbia. Si parla, dunque, di pensieri negativi attivati da stimoli esterni o interni. Questi rinforzano emozioni negative che, in casi gravi, sfociano in azioni negative o distruttive. La reazione non dipende solo da caratteristiche dell’individuo legate alla personalità, ma anche da eventi situazionali in cui si riceve un torto immotivato, si assiste ad un’ingiustizia, si riceve una minaccia all’autostima, all’immagine sociale, si reagisce alla presenza di una violazione di un proprio diritto o alla presenza di un ostacolo che si frappone tra l’individuo ed un suo obiettivo.
Spesso la rabbia è un campanello d’allerta che denota la presenza di un qualcosa che ci sta stretto, ma che non individuiamo immediatamente. Infatti ci sono momenti in cui ci si arrabbia con se stessi o con le persone con le quali abbiamo legami più solidi, apparentemente senza motivo. In realtà stress o situazioni di adattamento forzato, possono incidere sulla nostra gestione emotiva. In quel caso la rabbia può servire ad ascoltare se stessi e ad allinearsi in maniera positiva col proprio Io.
RABBIA E RECITAZIONE
E’ comunemente noto che per un attore, soprattutto nelle fasi iniziali, è molto più semplice arrabbiarsi, piuttosto che piangere o esprimere una forte gioia.
Ma quanto la rabbia che proviamo è davvero legata ad un qualcosa che ci fa arrabbiare?
I più grandi Maestri della recitazione ci insegnano a liberarci dalle etichette sociali, perché la società inibisce i nostri istinti e ci spinge a provare - o a mostrare - solo ciò che socialmente è accettabile. Da questo deriva una rabbia che, l’ottanta percento delle volte, è legata ad un’insofferenza celata, una tristezza, una difficoltà nell’accettazione di un comportamento che assumiamo in maniera forzata. E’ più facile nasconderci, cercare di mostrarci in un modo che in realtà non ci appartiene. Esporsi equivale, il più delle volte, a condividere le proprie fragilità.
E’ più facile esprimere una rabbia fittizia, rispetto ad un dolore vero, ma la rabbia reale può connetterci a tutte le emozioni “fragili” di cui siamo naturalmente dotati. Scovare, sfruttare, sollecitare la rabbia dell’attore può smuovere energie così potenti da sbloccare tasselli di fragilità profondi, liberarci dalle costrizioni sociali e accettare noi stessi.
DISTINZIONE FONDAMENTALE TRA RABBIA E AGGRESSIVITÀ
Una forte rabbia o una condizione patologica che si manifesta con la rabbia, possono certamente sfociare in comportamenti aggressivi, come discussioni disfunzionali, distruzioni di oggetti o proprietà, aggressioni fisiche. Addirittura può comportare violenze vere e proprie, comportamenti distruttivi. E’ importante distinguere, però, rabbia e aggressività. La rabbia, nella sua definizione di base, è un’emozione molto comune che sfocia in comportamenti altrettanto comuni. L’aggressività è tutt’altra cosa perché spesso non nasce dalla rabbia. Chi si arrabbia è sempre emozionato. Chi è aggressivo, molto spesso, non prova nulla. Può essere in uno stato non-emotivo o in apatia. La rabbia è un’emozione transitoria, che spesso viene utilizzata dalle persone anche per descrivere stati di amarezza, agitazione, esasperazione, amarezza, scontrosità, indignazione, ira.
Tutti possono notare, al giorno d’oggi, come la rabbia dilaghi sui social come uno tsunami, per gli eventi più disparati, mai in linea con la gravità effettiva di una situazione. E, soprattutto, assolutamente non in linea con ciò che ci riguarda, il più delle volte.
Commenti sgradevoli, aggressivi, minacce, offese, macchiano il territorio social in maniera violenta, spesso intimidendo o spaventando persone che esprimono anche solo un’opinione.
E’ sempre più chiaro che le persone esprimano un’insofferenza immotivata, con cause da individuare nella propria esistenza, più che in quella degli altri.
Perché accade ciò?
Tornando alla questione dei bisogni fisiologici, genetici e primordiali dell’uomo, sappiamo che l’individuo ha la necessità di esprimere un’emozione. Abbiamo tuttavia verificato come la società inibisce il nostro sistema emotivo, in maniera diretta e non. Ciò comporta, in base alle personalità, ai livelli culturali e sociali, alle situazioni di vita e all’ambiente circostante, la necessità di sfogare emozioni represse. E i social, in quanto strumenti totalizzanti della nostra attuale esperienza di vita - soprattutto sociale - diventano un modo per scaricare la frustrazione e la tensione, alimentata da ritmi di vita sempre più rapidi e ansiogeni, situazioni che ci pretendono super performanti e un’esposizione martellante a informazioni, a volte anche infondate, che demoliscono le nostre aspettative di vita.
Oggi le aggressioni primitive animalesche dell’homo sapiens, sono state sostituite da minacce talvolta più pericolose: enti pubblici, multinazionali, media, dark web, cattiva gestione della rete, cyber bullismo e chi più ne ha più ne metta. La risposta muta dall’aggressione fisica, all’aggressione d’immagine, all’intimidazione, alla tensione emotiva costante.
Spesso non si ha tempo di sfogare a dovere quest’ultima: sempre meno tempo per se stessi, per lo svago, per lo sport, per una semplice passeggiata. Ne consegue che, laddove la rabbia non venga unicamente interiorizzata sfociando in depressione, essa sia letteralmente vomitata sull’ambiente circostante. E quale modo migliore se non l’utilizzo di un terreno ancora così scivoloso e poco regolamentato, come quello dei social?
LA RABBIA POSITIVA
Incredibile ma vero la rabbia, se ben gestita, detiene buoni presupposti per il miglioramento delle nostre condizioni. La rabbia riduce l’ansia, ci spinge ad agire attivando risorse psicofisiche in situazioni di pericolo/disagio, consequenzialmente inibisce la paura, permette di affermare il proprio Io al mondo, rafforza la nostra personalità. Una rabbia positiva fornisce energia per abbattere un ostacolo, carica per raggiungere un obiettivo, forza per tollerare delle situazioni pesanti e opprimenti o affermare e far valere i nostri diritti. E’ un segnale che ci induce a comprendere che qualcosa non va e che dobbiamo reagire.
Gli ilongot, tribù di cacciatori di teste che vivono nelle giungle della Nueva Vizcaya, nelle Filippine, la chiamano liget.
"Non insegnate ai vostri figli a non essere mai arrabbiati; insegnate loro come arrabbiarsi"
~ Lyman Abbott
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