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~ LA REDAZIONE DI RC
Questa seconda serata del cinema in Piazza, decima edizione (Qui il link per la prima serata), ha rappresentato un nucleo di emozioni e storia. Questo è un Blog di Cinema e Recitazione, e l'idea iniziale era quella di affrontare questo articolo parlando del film di Riccardo Milani, e aggiungendo solo parzialmente l'intervento di Claudio Ranieri, dello stesso Milani e di Malcom Pagani. Ma non abbiamo resistito, o meglio, non sapevamo cosa selezionare. Prenderemo quindi anche noi questo articolo per omaggiare Claudio Ranieri, Gigi Riva, e un modo di vedere lo sport e la vita che oggi non c'è più. Lasciamo la parola a loro.
Buonasera a tutti. Grazie di essere qui anche questa sera, siamo onoratissimi di dare il benvenuto all'allenatore Claudio Ranieri, un grande applauso! Grazie al regista del documentario che proietteremo questa sera "Nel nostro cielo un Rombo di tuono" Riccardo Milani, al produttore e giornalista Malcom Pagani. Sono presenti in piazza Giampaolo Letta di medusa, Antonio Monda Direttore delle conversazioni; il direttore del Messaggero Alessandro Barbano, benvenuto e anche il nostro carissimo amico Martin Castrogiovanni al quale chiedo un grandissimo applauso. Allora io lascio la parola al grande Malcom che ringrazio per la presenza, eun ringraziamento grandissimo speciale a Claudia Ranieri che ci ha aiutato a organizzare tutta la serata, quindi un grande applauso a Claudia.
MALCOM PAGANI: Stasera raccontiamo tante storie insieme, ma soprattutto le similitudini le le convergenze non diremo parallele Altrimenti si rievoca Aldo Moro, ma le convergenze che esistono tra la storia la biografia il percorso professionale di Claudio Ranieri e quelle di Gigi Riva, raccontate molto bene dal del film di Riccardo Milani. C’era invece dell'erba come disse Gigi Riva, come dice nel nel film di Riccardo questa sabbia chiara chiara che non era né terra né erba nei campi in cui giocava Gigi Riva e c'era la stessa sabbia che era tutt'altro che erba nei campi, nei primi campi di Lamezia Terme e di Pozzuoli in cui Allenò Claudio Ranieri all’inizio della sua carriera, moltissimi decenni fa. C'erano due uomini cioè Gigi Riva e Claudio Ranieri che lasciavano casa per la prima volta; Claudio per andare a Catanzaro e scrivere un'epopea calabrese lunga otto stagioni e Riva per andare a Cagliari dove non voleva andare all'epoca in cui in Sardegna molto prima del delirio turistico si veniva sbattuti… era come un luogo di punizione,, per finire poi, per rimanere tutta la vita a Cagliari senza senza lasciare l’isola nonostante le moltissime richieste; e c'era soprattutto il calcio che come dice Carmelo Bene è un linguaggio capace di bucarli tutti. Diciamo nessuno forse come come Ranieri e Riva ha saputo interpretare le possibilità di un'isola e ed essere compresi capiti da un popolo che ha dato loro le chiavi di casa. Mi fermo e chiedo a voi… chiedo a voi iniziando da Claudio che ha voluto che il film di Riccardo venisse proiettato di fronte a una lunga teoria di ipotesi per questo incontro… Che cosa c'è in comune tra tra te e Gigi Riva che è l'uomo ricordiamolo, e poi mi faccio davvero, che ha spinto nel momento del massimo dubbio Ranieri a ritornare a Cagliari dove già aveva scritto tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90 una storia stupenda prendendo una serie C e portandole in Serie A e poi salvandola prima di emigrare verso altri lidi.
CLAUDIO RANIERI: Le similitudini Io credo siano poche: lui era un grande campione, io ero un mediocre terzino. Lui faceva gol io cercavo di non farli fare. La cosa buffa è che l'ultima mia partita nella Roma fu proprio un Roma - Cagliari del ‘74 dove la Roma vinse, noi vincemmo 2 a 0. Io marcavo Gori che era il suo compagno d'attacco. Ma che successe? Che ci siamo innamorati tutte e due dell'isola all'Isola che è un’isola stupenda, con gente meravigliosa, gente che ha sofferto, gente che quando viene in Italia dice viene: “in Continente”, ed è vero perché i collegamenti non sono nel 2024 così semplici, così facili. E i tifosi che venivano in trasferta da Cagliari per venire a vedere le nostre partite si sobbarcavano dei viaggi, delle difficoltà notevolissime perché tante volte l'aereo non arrivava nella città dove si giocava. Per cui dovevano poi prendere un treno per cercare di arrivare in tempo per vedere la partita. La similitudine è che tutti e due amiamo i sardi perché sono rispettosi… sembrano chiusi ma non sono chiusi, perché una volta che ti hanno conosciuto hanno un cuore grande… e poi si sta bene, si vive bene… Cagliari, la Sardegna è a misura d’uomo. Per cui io credo che come lui ha vissuto tutta la sua vita là, io sono rimasto attratto ma non resto. Ecco questa è la cosa che ci distanzia. Lui ha voluto restare là, una persona molto molto chiusa.Io quando ho visto il film a Cagliari su invito di Riccardo sono rimasto emozionato e non ho capito lui come ha fatto a fargli fare il film, perché con Gigi avevo un bel rapporto per telefono. Al figlio, a Nicola con il quale stavo sempre in contatto dicevo sempre: io guarda io non voglio disturbare papà, quando vuole andiamo una sera a cena… e non abbiamo fatto in tempo… però ci sentivamo per telefono
MALCOM PAGANI: Molto bella l'idea che tu sia andato per poi ritornare e lui sia rimasto. Nelle more della conversazione che ha preceduto questo incontro ho chiesto a Riccardo se avesse portato il quaderno che vedrete nel film, che il bambino Milani scrive 8 anni da perfetto cronista sportivo in cui racconta le gesta del Cagliari di Riva… e la sera in cui la trattativa tra te e il Cagliari per questo secondo ritorno che ti aveva fatto venire così tanti dubbi… la sera in cui c'era la notizia della trattativa Riccardo è con te. Che cosa puoi dire tu della difficoltà che hanno gli uomini che preferiscono parlare con i fatti, e non con i verbosi discorsi.
RICCARDO MILANI: Gigi è stato questo e anche Claudio è questo. Persone che hanno inciso nella storia del calcio e non solo… con Gigi è cambiata un po' l’isola. I Sardi lo sanno bene cosa è successo negli anni, una sorta di rivoluzione etica; e devo dire anche etica perché Gigi si è portato dietro questo. Ha cominciato a seminare lavori in campo e fuori dal campo che erano i valori più alti possibile.Intanto lui ha cominciato a dire, e l'ha mantenuto tutta la vita l'elemento portante della sua etica: non si può comprare tutto, a me non mi comprate, decido io cosa fare. E questo in un momento in cui c'erano presidenti che avrebbero fatto qualsiasi cosa per avere Gigi in squadra. Una persona che veniva da fuori, veniva dal Nord, veniva da un altro mondo… E si è trovato bene come diceva Claudio con persone rispettose, per bene, che avevano sofferto tanto, che spesso avevano avuto invasori nei secoli. Abituati al dominio e persone però che tutt’ora tengono la testa molto alta, la possono tenere alta. Gigi ha rispettato e amato un popolo che ha amato e ricambiato totalmente questo affetto. Ha trovato casa e ha trovato una famiglia. I figli di Gigi parlano sardo e sono felici di essere sardi e non sono affatto dispiaciuti delle scelte del papà. Sono orgogliosi di un padre così, un padre che ha mantenuto fino alla fine la dignità, testa alta come come il popolo che lo ha adottato.
MALCOM PAGANI: Mi viene in mente tra le tante similitudini tra Ranieri e Riva che c'era l'unico stadio in Italia con un pino in mezzo alla curva che era il Militare di Catanzaro e che anche sugli alberi dell'Amsicora, sui pini dell'Amsicora, che è il Vecchio Stadio in cui Mario Scopigno da allenatore fece la storia di Cagliari vincendo il 12 aprile 70 lo scudetto con il Cagliari opposto al Bari… c'erano i pini su cui i ragazzi arrivavano ore prima portandosi il cibo, portandosi l’ichnusa… aspettando l'arrivo della squadra. Mi pare che entrambe le figure sono da un certo punto di vista anacronistiche, comunque non più esistenti. Gente capace di chiudere la porta nel momento in cui viene a mancare il rispetto.Claudio lo fa all'inizio della propria carriera, lo ha fatto tantissime altre volte quando non si è sentito pienamente accolto… Riva pressato dai miliardi della famiglia Agnelli della Fiat, e bisogna anche che cosa significava la Fiat nei primi anni ‘70 in Italia e forse a un passo dal cedere da lasciare alla Sardegna incontro una signora per strada no… e lui ha l'impressione che negli occhi di questa signora ci sia una consapevolezza, una certezza. Riva non può tradire lla Sardegna. Volevo chiedere a Claudio quanto il debito d'origine con la Sardegna, Tonino Orrù, personaggio… una persona meravigliosa, presidente del Cagliari dell'epoca, Cagliari sensa una lira con dei debitori alla porta, il Calciomercato impossibile da immaginare da costruire, tutto da inventare perché non c'erano soldi… Il direttore sportivo che gli dice Tonino non c'è niente da fare porta i libri in tribunale e lui ostinato dice: No non porti i libri in tribunale, chiamo l'allenatore che ho incontrato a Pozzolo nell'anno prima no.. e da lì nasce l'epopea… cioè tutto questo per chiedere a Claudio se c'è stata l'idea di restituire qualcosa dopo aver fatto tutto il periplo del mondo, ma proprio del mondo in senso stretto.
CLAUDIO RANIERI: Ma, sicuramente… io dico sempre io sono nato come allenatore a Cagliari perché il ricordo che il presidente mi chiese: tra due anni ci saranno i mondiali nel’90, sarebbe bello se arrivassimo in Serie B. E noi invece siamo arrivati in Serie A per cui è stato… è stata una favola una favola meravigliosa poi io sono andato via… e la mia paura dopo tanti anni nel ritornare era proprio quella di sporcare quel sogno che io avevo dentro il mio cuore. Perché la vita di un giocatore, di un allenatore… nella vita di tutti noi non è sempre rose e fiori, ci sono dei momenti bui, tristi, dove vieni esonerato, per quanto riguarda l’allenatore. E allora io dentro di me ricordavo sempre l'amore che c'era tra me e la gente… e tutto quello che di bello avevo fatto, no? E tutto questo mi dava la forza. Quando mi vennero a richiamare per la seconda volta la mia paura era proprio quella dico: “ Se cose poi non vanno bene. La squadra stava a metà classifica, doveva lottare per ritornare in Serie A… dico, se io vado là e non riesco a fare quello che la gente si aspetta, mi sembra come un tradimento e io sporco quel ricordo… e c'erano Nicola che ogni giorno il figlio di Gigi Riva che ogni giorno mi martellava, dai vieni ti stiamo aspettando… e alla fine io lessi un articolo di Gigi: “Claudio è uno di noi, e se vuole lo stiamo aspettando” Detto da lui è dura dire di no. E allora ho detto, ma perché devo essere così egoista, e pensare a me stesso, e non pensare che il Cagliari sta in un momento di difficoltà e ha bisogno di una persona come me. Poi ringraziando Dio siamo riusciti all'ultimo secondo dei play-off a vincere contro il Bari al 94esimo siamo saliti in Serie A, quest'anno lo sapevo che sarebbe stata dura, difficile tanto che dissi “Prenderemo tante di quelle libecciate all'inizio che bisognerà stare tutti e devo dire che la gente m’ha creduto. La gente mi ha creduto. C'è stata vicino, anche quando abbiamo perso, giocato male,la gente è stata sempre con noi, non fischiando i ragazzi. Perché non c’è cosa peggiore di un calciatore che giocare in casa e sentire un mormorio, o la gente che fischia. E invece la gente ci ha soffiato sempre dietro, fino all'ultimo, quando siamo riusciti a centrare la permanenza in serie A.
MALCOM PAGANI: Tra le peculiarità dei Sardi nel film di Riccardo c'è anche questo valore che si restituisce a silenzio. La capacità di capire chi ci sia di fronte senza bisogno di troppe parole e lo sono stati in prima fila, al fi là della loro stessa volontà Sia Gigi Riva che Ranieri… persone che non hanno mai voluto prendere la scena. Credo che Claudio sia stato così tanto amato da calciatori che ha avuto, che ha allenato 20, 30, 40 anni fa perché non ha mai dato la colpa, non ha mai scaricato le proprie responsabilità… parafulmini naturali, di tutte le iniquità che possono attraversare una squadra di calcio. Entrambi hanno sempre avuto una cosa che non ti regalano, e sulla quale non si può mentire. Lo stupore di vedere Riva in penombra nel tuo film è come abbia fatto tu a come tu abbia fatto a convincerlo. Era un tuo vecchio sogno, il film inizia con la voce off di Riccardo che dice: “molti anni fa due fa è venuto un produttore da me a dirmi: “Qual è il tuo desiderio? Il tuo desiderio è fare un film su Gigi Riva, come fatto a convincerlo?
RICCARDO MILANI: Guarda io non lo so non lo so non ho mai saputo fino in fondo però quello che è successo è che io ho conosciuto nel 2001. E sono andato per questo a Cagliari, lui mi ha accolto in un negozio di condizionatori. Io mi sono chiesto perché mi accogliesse in un negozio di condizionatori. Poi ho capito che quello era un luogo fidato con una persona di cui si fidava molto e non c'erano quindi agenti persone… no? Lui era una figura enorme, poteva avere accanto personaggi e invece non voleva nessuno. Aveva questo posto, questo amico e lì mi ha preso e mi ha portato in una stanza, un ufficetto molto modesto, con un tavolo e due sedie. Ci siamo messi a parlare un pomeriggio e da lì poi è nato il percorso di scrittura, ho messo insieme delle cose, ogni tanto ci vedevamo, lo chiamavo… Poi è diventato Team Manager della Nazionale quindi andavo al Parco dei Principi, ci siamo sentiti per tanto tempo e rivisti. Nel 2020, 2021 mi ha detto: “va bene Riccardo, è il momento di farlo”. Sono passati vent'anni dal momento in cui gli ho chiesto, e non è che fosse cambiato nulla. Credo che si fosse fidato un po', ecco, si fidasse sul fatto che avevo insistito molto e così tanto perché i valori di Gigi erano i valori da trasmettere, da raccontare. Quella storia lì è una storia veramente importante perché ha coinvolto tante persone, tante questioni. Non solo quella calcistica. Un'avventura meravigliosa che coinvolge un'intera regione, che è la Sardegna… quando succede una cosa così va raccontata. Io insistevo sul fatto che l'etica e la morale fossero necessarie, che fosse necessario raccontare il suo coraggio perché il coraggio comunque è una cosa che manca sempre no? Prendersi le proprie responsabilità. Quello che dicevi tu e quello che ha fatto il Mister: essere umili, essere coraggiosi, tutte cose che dovrebbero far parte della normalità di un essere umano e che non è così molto spesso. Gigi ha raccontato molto la sua vita, poi molte cose sono rimaste tra me e lui Io anche per una forma di rispetto. Quindi starci vicino fisicamente è una cosa meravigliosa, bellissima però di cui avere tanto rispetto. Poi magari da soli io e lui abbiamo passato anche ore insieme anche in silenzio… non erano mai chiacchierate lunghe. A volte erano molto dilatate, molto spesso erano in silenzio… Penso che quel silenzio però abbia cementificato molto anche la fiducia e forse anche l'amicizia… Perché poi adesso son passati ormai quasi quattro anni da quando ci siamo rivisti per parlare poi in maniera operativa di questo progetto. Adesso che Gigi non c'è più il vuoto è enorme perché è un vuoto non solo di affetto. Stare anche in silenzio è una cosa che mi manca tantissimo, perché quel silenzio lì era molto più rumoroso di tante parole.
MALCOM PAGANI: A proposito del vuoto, dell'assenza, un calciatore che Claudio ha allenato a Napoli è Gianfranco Zola e Gianfranco Zola nel tuo film parla dell'assenza, del vuoto di quello che canta Francesco De Gregori nel '68 cioè di quando “si appendono gli scarpini al chiodo” e immagino che mutate le condizioni e gli abiti che si indossano lo stesso accada poi ad un allenatore. Pier Paolo Pasolini dice che i pomeriggi passati a Caserta a giocare a calcio sei sette ore, anzi a pallone, perché è la palla che rotola, sono stati i più belli della sua vita, che quando gli capitava di ripensarci gli veniva un gruppo in gola e non riusciva più a procedere. Diciamo tra rimpianto e memoria la stessa cosa succede a Claudio: Claudio inizia a giocare alla fine degli anni 60 con una piccola squadra che si chiama Dodicesimo Giallorosso poi esordisce in prima squadra con la squadra, poi a Catanzaro poi va a Catania poi a Palermo… poi giovanissimo, in un'età in cui i calciatori possono ancora strappare dei contratti per le serie minori, decide di ritirarsi e di cominciare a fare l'allenatore. E sostanzialmente ha allenato dalla stagione ‘86, quando non esistevano ancora i telefonini fino all'età delle intelligenze artificiali. Quindi, in sintesi, Claudio quanto ti mancherà, che groppo alla gola avrai nei prossimi mesi, dopo mezzo secolo di pallone?
CLAUDIO RANIERI: Non lo so, te lo dirò… Io credo che questo sia il momento giusto. E’ il momento giusto di poter crescere i miei nipoti. Io sono stato pochissimo ai loro compleanni, uno deve fare 10 anni l'altro ha fatto cinque anni, non ci sono stato, ha fatto la Comunione e non ci sono stato. Insomma li vedi, crescono tanto che adesso a mia figlia ha detto: ”Ma nonno sta a Roma, ma perché sta qua? Se ne tornasse allora a Cagliari, così fa l'allenatore e noi non lo vediamo!” È stata stupenda… Non lo so. Mi mancherà sicuramente. Non mi è mancato da giocatore il passaggio ad allenatore perché è stato conseguenziale e immediato, perché cambiavano le responsabilità. Perché quando sei giocatore pensi a quello che ti ha detto l'allenatore, cerchi di fare del tuo meglio; quando tu diventi allenatore, quando tu devi fare quelle scelte… perché giustamente la gente non sa cosa c'è tra la squadra e l'allenatore, e non sanno che magari ci sono dei giocatori che non stanno bene. “Ma perché non lo mette??” Io invece magari so che ha avuto la febbre, l’ho portato in panchina per fare gruppo, per stare tutti insieme… le problematiche sono tante. Quando io sono arrivato a Cagliari ho pensato: “Ma saprò parlare ai giocatori, saprò parlare alla stampa, capirò di calcio”? Erano tante le domande che mi facevo, per cui quando io ho fatto quello che ho fatto a Cagliari, C, B e A mi sono detto… Allora posso tentare di farlo l'allenatore. Ecco che sono andato a Napoli, Fiorentina, Valencia… dopo sono diventato allenatore, e questo mi è piaciuto. Mi mancherà, sicuramente mi mancherà. Però credo che ci sia un'età per tutto, e questa credo che sia l'età per stare in famiglia. Poi ho detto ho chiuso con le squadre di club perché mi è sembrato molto bello iniziare con il Cagliari, fare tutto quello che ho fatto nella mia carriera e poi…Prima di firmare due anni fa con il Cagliari sono venute altre squadre però non si è mai conclusa quella trattativa, quelle trattative e io ho detto…”Ma come è possibile, tante volte viene la squadra, ti metti d'accordo e vai; qui me ne sono saltate quattro, dico che cosa c'è dietro? Perché io sono molto fatalista. Quando è venuto il Cagliari dico: “Ma guarda che c'era dietro. Ecco perché non si è chiusa con le altre squadre.”
MALCOM PAGANI: Devo dire che tra le altre caratteristiche di Ranieri quando non vuole far dichiarare qualcosa quella cosa non si viene a sapere… io del tutto sorpreso ho aperto i giornali, come tutti le persone in questa piazza, e ho letto che Claudio dopo il Cagliari si ritirava… ho scritto a sua figlia e lei mi ha detto: “Guarda neanche un bravissimo sceneggiatore avrebbe potuto scegliere questa cosa”. Siccome siamo in un luogo del cinema mi viene in mente che una una grande sceneggiatrice,Marguerite Duras, che ha scritto Hiroshima Mon Amour e anche tantissimi libri, e che pure apprezzava il calcio diceva: ”il calciatore in campo è tutto scoperto un po' come l’allenatore: se è un fesso si vede; se è uno vero si vede… E’ molto difficile nascondere la propria natura. Qual è stata la tua natura Claudio?
CLAUDIO RANIERI: Se l’hai vista sei tu che lo devi dire… No la mia natura è stata quella di rispettare tantissimo il mestiere che facevo prima. Non ho concluso prima, dicevo… ho lasciato le squadre di club. Ma se ci dovesse essere questa voglia dentro di me. È come una droga il calcio… stai sotto pressione, e la pressione che io ho avuto questi due anni è stata la più grande che io potessi avere, perché abbiamo perso tanto e la sconfitta mi bruciava tantissimo proprio perché sapevo cosa rappresentava per la squadra e per tutti i sardi. E che aspettative mi ero dato: di salire in Serie A e di salvare la squadra… capisci che ci siamo riusciti al 94esimo dell'ultima partita, ci siamo riusciti alla penultima partita… Mi svegliavo alle 4, 5 di mattina andavo a vedere a studiare la squadra avversaria poi pum 4 gol prendevi: “ porca miseria, hai studiato, hai studiato e non hai capito niente…” la settimana dopo di nuovo uguale… per cui ho sofferto. Ho sofferto tanto… allora dico… se arriverà una nazionale… perché ci sono andato male quando sono andato in Grecia e non sono riuscito a fare qualcosa di buono… allora dico se arriverà una nazionale (non quella italiana, perché là c'è da far bene e a Spalletti auguro tutto il bene di questo mondo) ma se arriverà una nazionale che mi intriga potrei dire… perché no? Con Le squadre di club ho chiuso; con squadra nazionale dico che è un lavoro “part time” perché c'è il mese di fuoco dove tu fai tre-quattro partite ravvicinate, poi dopo vai a vedere i giocatori che magari giocano un po' in tutto in tutta Europa…
MALCOM PAGANI: Non possiamo parlare di ritiro allora. Nel documentario di Riccardo a un certo punto c'è questo giovanissimo ragazzo che arriva da Lissone in provincia di Varese, lo mandano a Cagliari, un volo turbolento, lui vuole scendere, vuole ritornare immediatamente… il primo allenatore che incontra si chiama Silvestri, e lui racconta che Silvestri come si faceva in Amarcord di Fellini i maestri qualche bacchettata sulle mani, qualche sganassone glielo davano. Un po' come faceva un personaggio mitologico a Palermo con Claudio Ranieri dove sentivi arrivare prima lo schiocco delle dita sul collo che la presenza.. ecco tu Claudio hai incontrato in tantissimi da Manlio Scopigno che la sera in cui il 13 il 12 aprile del '70 Tito Stagno accoglie Scopigno del Cagliari vincente e gli dice: “Si dicono tante cose su di lei, Scopigno, che lei è un filosofo, che lei è un uomo spiritoso… Chi è davvero Manlio Scopigno, e lui dice: “In questo momento uno che ha sonno.” Parla in diretta con quella prontezza eccetera… Tu l'hai avuto Scopigno come giocatore, hai conosciuto tantissimi… quando hai deciso di partire eri molto giovane 35, 36 anni a quale direzione ti sei appellato? Cosa hai capito in fase iniziale? Chi ti ha dato gli insegnamenti più importanti?
CLAUDIO RANIERI: Gli insegnamenti magari li prendi un po' dappertutto, da tutti ma poi dopo devi essere te stesso. Devi essere te stesso perché quando parli la squadra… vieni analizzato ogni 30 secondi. Se tu non sei vero la squadra lo capisce, io non avevo paura dei miei giocatori. Perché gli dicevo: “Non dovete aver paura di sbagliare. Sbagliano tutti. Quello che mi fa impazzire è che fatto l'errore uno si butta giù… questo non lo accetto. Sbagliate e cercate di rimediare”. E alcune volte dicevo io alla squadra: “Scusate, ho sbagliato io, non sono riuscito ad aiutarvi.” Facevo vedere che per me era normale. Non c'è problema, perché un allenatore sa quando sbaglia e quando non sbaglia. La squadra doveva capire che io ero sincero in ogni mio atteggiamento: io non riprendevo nessuno in malo modo, io facevo capire dove avevano sbagliato, gli facevo vedere il filmato e poi riandava in campo cercando di migliorare. Questo è il mio modo di condurre un gruppo il loro Questo hanno capito Per questo credo sono sicuro che i ragazzi sono rimasti attaccati a me per questo motivo.
MALCOM PAGANI: tra Riva e Ranieri ci sono sette anni. Avete assolutamente attraversato la stessa logica marziale e pioneristica del calcio del che fu, che comprendeva l'idea della persone… Siete passati attraverso l'assenza di sponsor, l'assenza di televisione, contratti…
CLAUDIO RANIERI: non c'era la legge Bosman…
MALCOM PAGANI: non c'era il vincolo. Ogni anno ridiscutevate il contratto con il presidente in tempo reale. Non c'è nessun calciatore, forse neanche Mister miliardo che avrebbe potuto mantenersi giocando a calcio negli anni Settanta. Forse neanche Zoff. E poi sei passato attraverso l'arrivo del Dio Denaro: le cuffie, le briscole, i ritiri, cosa non fare eccetera eccetera. Come si fa a mantenere un equilibrio mentre tutto ti cambia intorno?
CLAUDIO RANIERI: io credo che è quello che dicevano i nostri nonni ai i nostri genitori e adesso diciamo ai nostri figli, i nostri nipoti, che quello che fanno è un pochettino eccessivo. È proprio il mondo che va avanti. Io credo che ogni genitore debba dare del buon esempio, debba fare delle raccomandazioni… ma quello che dico sempre è che sono figli di Dio, noi li procreiamo, dopo sono loro in autostrada… perciò i ragazzi erano abituati a giocare… quando magari andava a dare la buonanotte passavo per le camere magari c'erano tre quattro che erano più nervosi e giocavano a carte, e io dicevo:”Guardate che passo a mezzanotte. Andate tutti a dormire- Poi magari non passava mezza notte ma sentivo nel corridoio che stavano uscendo. Ricordo la prima volta il ritiro è andato ma con il Cagliari a Roccaporena di Cascia dove non c'è assolutamente niente. C'erano 50 case, tutte Pie Donne che andavano a pregare Santa Rita e gli dicevo: “Io sono un allenatore democratico uscite, andate dove volete non vi preoccupate..
MANUEL PAGANI: in quel Cagliari raccontavano che piangevano in quelle stanze da soli a quel santuario… tu li facevi già coglierne i boschi alle 7:30 del mattino…
CLAUDIO RANIERI: Questo era quello che si doveva fare. Perché giustamente la gente vede quell'ora in mezzo di partita ma dietro c'è tanto lavoro, e poi c'erano una salita che andava… Poveri figli quante volte gliel'ho fatta fare. Poi c’era un telefono solo… c'era un bar solo… per cui si andava là e chi aveva la chitarra a chi giocava biliardino e si faceva gruppo Poi dopo tutto è cambiato…
MANUEL PAGANI: Mi piace raccontare solamente che per molti anni ancora oggi al Cagliari con chi c'è ancora in quell'epopea magnifica di umanità e scambio reale che fu Catanzaro i dove un giocatore della squadra, forse l'unico calabrese della squadra, si presentò alla signora Rosanna, fondamentale in tutto l'arco della carriera professionale e umana di Claudio Ranieri… quei giocatori lì per anni per 10 giorni sono andati in vacanza insieme in piccole case 60-70 metri quadri e un mare meraviglioso…
CLAUDIO RANIERI: noi eravamo un gruppo eravamo amici e ci aiutavamo l’uno con l'altra. Io credo che la nostra fortuna siano state delle rispettive mogli. Per cui si sono trovati a queste sette otto dieci mogli che sono diventate sorelle, anche se alcune non ci sono più ancora ci ritroviamo a Capodanno, adesso d'estate riscenderanno… Siamo fatti così, stiamo bene insieme.
MALCOM PAGANI: come diceva John Donne, poeta inglese molti secoli fa: “Nessun uomo è un'isola, ma è solo una parte del continente, una parte del tutto…” che è esattamente quello che accade ai calciatori del Cagliari che dopo la metà degli anni sessanta costruiranno il Cagliari capace di vincere lo scudetto e di arrivare secondo, quattro, eccetera… sempre in coincidenza con le fortune fisiche di Gigi Riva che ha avuto tanti gravi infortuni più difficili da guarire di quanto non sarebbe oggi. Questo per dire per esempio per i calciatori che si ritrovano in Sardegna non sono sardi. Eppure tutti loro decidono di rimanere lì. C'è qualcosa che le parole non riescono a restituire ma di profondamente poetica in questo e poi tanta gente che ha continuato a fare altro, tipo il Benzinaio, pur di rimanere lì.
RICCARDO MILANI: questa è una cosa affascinante e non te la spieghi se non anche quelle cose che dice Claudio. C’è qualcosa in più. Un amore condiviso, passione condivisa… devo dire anche con caratteristiche abbastanza simili. Intanto nessuno di loro è sardo, iniziano a frequentare e a vivere la Sardegna, si trovano bene tutti e hanno devo dire tutti quanti forse il senso della misura, un'umiltà felice. E quella cosa lì diventa forse l'elemento Maggiore del quale poi questi uomini rimangono a vivere col sorriso facendo mestieri ancora oggi: pompe di benzina, servire i clienti… poi a rotazione 4 o 5 di loro cominciano a frequentare la casa di Gigi quando Gigi comincia a chiudersi dentro casa, non uscire più tanto volentieri E anche lì senti quella cosa che ritorna, quella specie di magia tra di loro. Io ho avuto anche la fortuna di incontrare la moglie e la figlia di Scopigno qui a Roma e anche lì… Senti che c'è quella cosa lì. Ti raccontano di uomini che vivevano in maniera totale, con l'esperienza, con tanta umiltà… vi anticipo solo una piccolissima cosa del documentario cioè Nicolò Barella. Barella frequentava la scuola calcio a Cagliari dai 4 agli 8 anni poi Gigi Riva lo rivide di nuovo e gli ha detto, dopo che Nicolò è diventato grande campione: “Mi raccomando Nicolò, l'unica cosa che devi fare è rimanere umile. il resto fai tutto. Ma rimani umile e quella cosa lì ti tornerà sempre… e Niccolò lo dice con sincerità e emozione.
MALCOM PAGANI: così come Buffon dice delle cose molto belle. Volevo chiudere leggendo poche righe di un'intervista che un sardo trasferito a Milano da bambino fa ad un sardo trasferitosi dalla Lombardia in Sardegna. Perché le voglio leggere? Perché mi hanno fatto pensare a Ranieri:
La Sardegna allora non era la Costa Smeralda, era il posto dove mandavano i carabinieri in punizione. Dall'aereo sembrava di andare in Africa, un aereo che non andava oltre 4.000 metri, viaggi da incubo. Sono arrivato a Cagliari massacrato dalla vita, incazzato, chiuso e anche cattivo… se mi toccavano reagivo… ero senza famiglia e ne ho trovate tante: quella del Pescatore che mi invitava a cena, quella dell'edicolante, quella del macellaio, quella del pastore. Quando giocavamo a Milano, a Torino c'erano 5-6000 sardi che arrivavano dalla Germania, dalla Svizzera e dalla Francia. Mi dispiace non aver tenuto tutte le loro lettere. ne basterebbero 1-2 per far capire che abbiamo chiamato Cagliari la Sardegna e tutti non solo io e nessuno di noi, i giocatori era sardo… ma eravamo un gruppo forte, solido senza che nessuno ci avesse mai chiesto di fare gruppo.Ma rappresentavamo tutta l'isola. lo sapevamo e ci piaceva.
~ GIGI RIVA
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