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Un paio di settimane fa ho avuto la fortuna di essere ospite di "Intimità a confronto", un progetto targato Marta Gervasutti e il suo "Collettivo Godot". Serata e progetto sono entrambi entusiasmanti, specie perché l'atmosfera che pervade il tutto risponde alle parole: "team", "rete", "collaborazione", "professionismo", "passione"... parole che risuonano anche nella nostra Community con frequenza e che non posso fare a meno di apprezzare e condividere. Questa volta non sarò io a raccontarvi del progetto e della serata, ma alcuni dei protagonisti.
Intimità a confronto ha previsto tre serate, coinvolgendo il "Collettivo Godot" in più slot. Ogni serata vedeva un membro del Collettivo "primeggiare" (parola bruttissima, visto il clima di serenità e squadra che permeava il teatro Kopò) tra le esibizioni, e accedere così alla finalissima, che ha visto trionfare uno (o una? Lo scoprirete solo leggendo) tra i tre finalisti.
Nel corso delle interviste, i vincitori delle tre serate vi racconteranno con parole migliori delle mie quello che per loro rappresenta questo progetto. Ecco l'intervista al Vincitore della Prima Edizione di intimità a confronto (Nonché vincitore della prima serata): Alexander Gentili!
Lascio la parola a lui!
Partiamo dalle basi Alexander: chi sei tu?
Ti parlo di me: io nasco musicista. Ho sempre studiato e suonato musica, poi sono riuscito tramite volontà e impegno, a 25 anni, ad andare in una delle tournée più belle d’Italia, perché nel '99 sono partito con i Pooh. Successivamente faccio altre tournée, fino a quando succede questo… dovevo andare in tournée con Marco Morandi, figlio di Gianni, e mi sono reso conto di una cosa: vedevo tante persone, ma non conoscevo nessuno. E così ho letteralmente deviato, e sono partito per... un villaggio. Facevo sempre il musicista e il tecnico del suono, ma ho capito che lì c’era quello che volevo: iniziavo a fare spettacolini, imitazioni, cose che mi piacevano. Tornato in città ho conosciuto mia moglie e iniziato un lavoro “normale”, sono arrivati i figli, ecc ecc... Nel 2016 mia moglie fa un corso di Watsu, all’Alcatraz, e la settimana dopo ci sarebbe stato Dario Fo che faceva un corso di tetro comico. Mia moglie mi chiama e mi fa: “Ma… perché non lo fai?”. E io: “Amore, hai presente Dario Fo... io...?” Mia moglie però mi incoraggia, e alla fine vado. E lì, a quella Master Class mi è cambiato completamente il punto di vista, le idee, il modo di vedere la scena… e ho iniziato a capire che era quello che volevo fare. Ho continuato a lavorare e studiare, fino a quando ho conosciuto Marta, per caso. Metteva in palio un corso, una Master Class, e l’ho vinta. Ho vinto questa Master Class e mi sono diplomato con lei. Nel frattempo tra Dario e Marta ho fatto l’Accademia di Teatro Comico con Emmanuel Gallot Lavallée, poi il metodo Meisner con James Price. Ho cercato di fare più Master Class possibili. Poi ho studiato Doppiaggio, per tre anni...
Ne hai fatte di cose.
Guarda, io non faccio sport, non seguo la politica, se posso seguo l’arte. E l’arte ti deve contaminare da tanti punti di vista, ed è ciò che cerco di fare.
Parlando di Marta Gervasutti… che tipo è, come ti trovi con lei?
Lo dico sempre che, a parte mia moglie, se io non avessi incontrato Marta non avrei capito quanto posso spingermi oltre. Marta è la persona che mi ha fatto capire come posso muovermi per fare ciò che voglio. Lei è diretta: non è cinica o cattiva, quando dico che è diretta; è sincera. Io lo dico sempre: se non ci fosse stata lei non avrei mai preso questa strada, perché mi dà coraggio. Oltre alle tecniche per leggere film, o personaggi, lei ha trovato la chiave per parlare con me. Anche perché è vero che tiri fuori un personaggio, ma è anche vero che tiri fuori una parte di te, al servizio del personaggio. E lei ci ha protetto. Quando abbiamo fatto degli incontri sulle emozioni, è stata di una delicatezza, una protezione… Una mamma, una chioccia… Io conosco altri approcci, forse fin troppo immersivi, forse con meno cura. Per lei guai se vai oltre quella determinata linea: stiamo lavorando, ma è anche vero che chi fa questo mestiere è fragile, ed è semplice farlo cadere.
A me interessa molto il Collettivo Godot, del quale fai parte e del quale mi hai raccontato.
Collettivo Godot… è… essere ognuno parte dell’altro. Infatti non ti nascondo che mi sono sentito in imbarazzo, sono stato contento di vincere, ma sono stato talmente tanto onorato di stare all’interno del Collettivo che sarei stato contento se avesse vinto qualcun altro, per l’affetto che si è creato nel Collettivo Godot. E’ un mondo unico: ogni pezzo, brano, monologo, è stato curato da ognuno di noi. Ed è l’esatto contrario di quello che succede da tutte le parti del mondo, dove spesso regna un principio di “Mors tua, vita mea”.
Mi ha incuriosito anche il nome di “Intimità a confronto”. Vorrei capire come è nato questo progetto, come siete arrivati qui?
E’ stata una costruzione, qualcosa che si è mosso sempre in avanti. Che del resto è anche un qualcosa che rappresenta il Collettivo Godot. Perché siamo sempre in movimento, sempre all’opera, a dare una mano l’uno all’altro, con provini, spalle, consigli, anche quotidianamente. Questa cosa di "Intimità a confronto” è un progetto che è nato, cresciuto e si è evoluto, è stata un’operazione con un coinvolgimento pieno da parte di tutti. Naturalmente il capitano è Marta. Lei è stata anche il motivatore. Nel Collettivo ci sono tante storie, altri incontri inerenti con lo spettacolo, con il cinema: abbiamo incontrato psicologi, persone che toccano il mondo dell’economia per fare chiarezza su come fare strada in questo mondo anche da un punto di vista burocratico. E’ una cosa importante, perché uno spesso guarda solo “l’arte”, che non è l’unica componente fondamentale.
Siete arrivati a queste serate, dove ognuno di voi ha pubblicato un proprio pezzo, scritto da voi. Il tuo da dove nasce, che cos’è, come siete arrivati qui?
Il mio percorso parte da lontano. Avevo uno zio che balbettava, che però faceva un lavoro solitario, il camionista. Era il 1932… Mio padre era il terzo figlio di “tardo letto”. Mio nonno era del 1897 e mia nonna del 1906. Parliamo di una cosa lontana. Mio zio era un pò balbuziente, non come il personaggio del mio pezzo, ma ogni tanto si incagliava. Non so per quale motivo sono andato a pensare a lui e a un… e se…? Se non avesse fatto il camionista e avesse fatto un ruolo dirigenziale? E poi ho associato un mafioso che aveva un figlio, che doveva prendere il comando della Casa, pur cosciente del fatto di non riuscire a comandare. Inoltre a lui non interessava perché il negozio che avevano in copertura, gli serviva come riciclaggio per i soldi sporchi, e la fidanzata che lavorava lì non si capacitava di come un ragazzo con un negozio di fiori potesse avere così tanti soldi. Portandolo in esame certe cose sono state tagliate, sistemate e non solo da Marta, ma dal Collettivo! Sempre insieme. A “Confronto”.
Questo taglia e cuci, questi rammendi sulle storie sono stati fatti per ogni storia. Tutti allo stesso modo.
Quando hai vinto hai fatto una faccia incredibile. C’era tutto. Tutto quello che mi hai descritto. Ma ora mi racconti quella faccia.
Non ti nascondo che prima di vincere la prima serata ho detto a mia moglie…: “Guarda amore, io non sono più sicuro, tra una cosa e l'altra sul lavoro ho più dubbi che altro... io dico basta. Ho una famiglia.” E mia moglie ha detto: “Ma ormai sei arrivato fino a qui…”
Avete una coppia meravigliosa, comunque.
Io lo dico sempre. Il problema di mia moglie è il marito. Sono veramente felice con lei, quando sto con lei sono felice. Io la porto sempre con me, almeno mentalmente. Fai un lavoro dove conosci tante persone, ma a casa c’è la mia vita, quello che ho costruito negli ultimi 18 anni. Che abbiamo costruito insieme. Comunicare tra di noi è fondamentale.
Prima di vincere la prima serata volevo smettere, e lei mi ha detto di andare avanti. Quando ho vinto la prima serata mi sono emozionato tanto. Gli altri monologhi, a mio avviso, erano più belli del mio. Vedendola da fuori ho visto monologhi con attori fatti divinamente. Io il mio non lo posso sentire. Ho sentito storie belle, divertenti, a livello tecnico difficili, quindi Chapeau. Quando la prima sera ho vinto è stata un'emozione... Ma l’ultima sera è come se mi avessero buttato in piscina vestito. La targa di Marta è stata come un’onda energetica di Goku. “Ma è vero?” Ho chiesto a Marta. Perché era troppo bello, e inaspettato, per come erano andate le votazioni (del pubblico, quelle che avevamo visto noi). Poi a me andava bene anche non vincere, comunque avrebbe vinto un altro membro del Collettivo che stimo e per il quale provo affetto. Sono stato contento di vincere ma sarei stato altrettanto contento se avessero vinto entrambe le altre due finaliste.
Dato che siamo in chiusura, vorrei chiudere questa intervista con un tuo pensiero finale sul Collettivo Godot. Una cosa che dedichi tu, al Collettivo Godot.
Io penso al “qui ed ora”. Non penso al futuro…. Ti posso assicurare che se devo un grazie nella vita è a Marta e al Collettivo. E’ la formazione di tante parti di me, il Collettivo. Io sono tante parti del Collettivo. Questa si chiama Arte, è artigianato. L’attore descrive un personaggio, e la bravura sta nel captare ogni piccola parte delle persone che hai intorno. Le persone ti nutrono, e il Collettivo Godot è una fonte inesauribile di nutrimento. Puoi prendere boccate di ossigeno da ognuno di loro.
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