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~ LA REDAZIONE DI RC
Quando il cardinale Lawrence prende la parola nella Cappella Sistina, il film si ferma per un momento a respirare. Fino a quel punto, Conclave ha accumulato tensione attraverso l’architettura del potere e delle alleanze. Ora, però, siamo chiamati ad ascoltare qualcosa di più profondo. Questo monologo non è un semplice discorso cerimoniale: è una finestra sull’anima di Lawrence. L’uomo, che è visto come possibile candidato al soglio pontificio, si espone pubblicamente nel momento più delicato, cercando — almeno all’apparenza — di disinnescare le logiche di fazione. Ma c’è dell’altro: in queste parole si cela anche la sua visione della fede, e soprattutto del dubbio.
MINUTAGGIO: 34:51-37:50
ATTORE: Ralph Fiennes
RUOLO: Cardinale Lawrence
DOVE: Netflix
INGLESE
But you know all that. Let me speak from the heart for a moment. Saint Paul said, be subject to one another out of reverence for Christ. To work together, to grow together, we must be tolerant. No one person or faction seeking to dominate another. And speaking to the Ephesians, who were, of course, a mixture of Jews and Gentiles, Paul reminds us that God's gift to the church is its variety. It is this variety, this diversity of people and views which gives our church its strength. And over the course of many years in the service of our mother, the church, let me tell you, there was one sin which I have come to fear above all others. Certainty. Certainty is the great enemy of unity. Certainty is the deadly enemy of tolerance. Even Christ was not certain at the end. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? He cried out in his agony at the ninth hour on the cross. Our faith is a living thing precisely because it walks hand in hand with doubt. If there was only certainty and no doubt, there would be no mystery and therefore no need for faith. Let us pray that God will grant us a Pope who doubts and let him grant us a Pope who sins and asks for forgiveness and who carries on.
ITALIANO
Cari fratelli in Cristo, in questo momento di grande incertezza per la storia della Santa Chiesa, dobbiamo pensare innanzitutto al defunto santo padre, il cui brillante pontificato è stato un dono di Dio. Ora, dobbiamo chiedere a Nostro Signore di mandarci un nuovo Santo Padre, attraverso la sollecitudine pastorale dei padri cardinali, e dobbiamo pregare Dio per la sua amorevole assistenza, e chiedere la sua guida nel compiere la scelta giusta. Ma tutto questo lo sapete. Lasciatemi parlare con il cuore, per un momento. San Paolo disse: “”Siate sottomessi gli uni agli altri per rispetto a Cristo. Per lavorare insieme, per crescere insieme dobbiamo essere tolleranti. Nessun’altra persona o fazione cerchi di dominare l’altra. E parlando agli Efesini, che erano ovviamente un misto di Ebrei e di Gentili, Paolo ci rammenta che il dono di Dio alla Chiesa è la sua varietà. Ed è questa varietà, questa diversità di persone e di vedute che da alla nostra Chiesa la sua forza. E nel corso di questi anni al servizio di nostra madre Chiesa, lasciatemelo dire, c’è un peccato che sono giunto a temere più di tutti gli altri: la certezza. La certezza è la grande nemica dell’unità. La certezza è la nemica mortale della tolleranza. Persino Cristo non era certo, alla fine: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, ha gridato nella sua agonia alla nona ora sulla croce. La nostra Croce è una cosa vivente, espressamente perché cammina mano nella mano con il dubbio. Se vi fosse solo la certezza, e non il dubbio, non vi sarebbe alcun mistero, pertanto alcun bisogno di fede. Preghiamo, che dio ci doni un Papa che dubiti, e che ci doni un papa che pecchi, e che chieda perdono, e che vada avanti.
Il film Conclave, diretto da Edward Berger e tratto dal romanzo omonimo di Robert Harris, mette in scena uno scenario raramente esplorato nel cinema contemporaneo: le dinamiche interne del potere spirituale e politico all’interno del Vaticano, nel momento di massima tensione che è l’elezione di un nuovo papa. Fin dal prologo — la morte improvvisa di papa Gregorio XVII — il film ci catapulta in una dimensione claustrofobica e altamente ritualizzata, dove l'apparente sacralità dei gesti e delle parole è costantemente attraversata da tensioni, rivalità e segreti.
Il protagonista, il cardinale Thomas Lawrence (interpretato da Ralph Fiennes), è il decano del collegio cardinalizio e si trova nel ruolo scomodo di coordinatore del conclave. A differenza dei candidati ufficiali, Lawrence è un uomo che dubita della propria vocazione e della propria fede: un personaggio che porta dentro di sé una crisi esistenziale, mentre si muove tra equilibri fragili e manovre politiche.
La struttura del film è quasi da thriller politico, ma la posta in gioco non è solo il potere terreno: è anche la visione morale e spirituale della Chiesa nei confronti del mondo contemporaneo. I quattro principali candidati rappresentano infatti posizioni ideologiche molto definite: dalla linea riformista di Bellini, all'intransigenza tradizionalista di Tedesco. Ma ciò che rende Conclave interessante è che queste non sono maschere rigide: il film si prende il tempo per mostrare le crepe e le ambiguità di ciascun personaggio, come accade quando Bellini, pur dichiarandosi progressista, accetta il compromesso pur di evitare l’ascesa di un ultraconservatore.
L’ingresso in scena di Vincent Benitez, cardinale “in pectore”, segna una svolta narrativa forte. È l’elemento estraneo, il corpo non previsto, il personaggio che destabilizza le strategie già avviate. E il fatto che, nel finale, venga eletto papa non è solo un colpo di scena ben costruito: è anche una dichiarazione d’intenti da parte del film. Benitez rappresenta una terza via, non ideologica ma umana. Il suo discorso post-attentato è forse la scena chiave dell’intera pellicola: un monologo vibrante, dove il senso del sacro non è ridotto a dottrina, ma emerge come empatia, esperienza diretta della sofferenza e rifiuto della vendetta.
Il colpo di scena finale — la rivelazione dell’intersessualità di papa Innocenzo XIV — non è trattato con toni scandalistici. È una chiusura delicata, intima, che mette il sigillo su un percorso personale di accettazione e fede, e contemporaneamente apre uno spiraglio di riflessione sulla natura del sacro e sull’umanità dei suoi rappresentanti.
La struttura del monologo si muove su due livelli: l’invocazione ufficiale e la confessione personale. “Cari fratelli in Cristo…” Lawrence inizia in modo conforme alle aspettative, con un tono solenne, richiamandosi alla memoria del defunto pontefice e alla responsabilità collettiva dei cardinali. Questo incipit, volutamente formale, crea una base di neutralità da cui potrà poi deviare. “Ma tutto questo lo sapete. Lasciatemi parlare con il cuore, per un momento.” Con questa transizione, il tono cambia completamente. Lawrence dichiara di voler rompere la ritualità e introduce una riflessione personale. Non è più un rappresentante dell’istituzione che parla, ma un uomo in crisi, e proprio per questo incredibilmente lucido.
C’è un peccato che sono giunto a temere più di tutti gli altri: la certezza.” Qui si
raggiunge il cuore del discorso. Lawrence rovescia un presupposto fondamentale: nel luogo dove ci si aspetterebbe sicurezza dottrinale, lui celebra il dubbio come valore spirituale. La certezza — dice — è l’antagonista della tolleranza, quindi dell’unità ecclesiale. È un’affermazione che non è solo provocatoria: è profondamente teologica. E richiama, con grande intelligenza, le parole di San Paolo e di Cristo stesso.
“Persino Cristo non era certo, alla fine: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'” Questo è forse il punto più audace del monologo. Il cardinale Lawrence usa le parole di Gesù sulla croce per affermare che nemmeno il Figlio di Dio ha avuto una fede esente da angoscia o incertezza. È un colpo di scena teologico, perché trasforma la figura di Cristo da icona di perfezione in esempio di umanità radicale. “Preghiamo, che Dio ci doni un Papa che dubiti, e che ci doni un Papa che pecchi, e che chieda perdono, e che vada avanti.” Il finale del monologo è una preghiera, ma anche una dichiarazione programmatica. Lawrence non auspica un papa perfetto, bensì un papa consapevole dei propri limiti, capace di cadere e di rialzarsi. Un papa che abiti l’incertezza come spazio di fede. È un’idea sovversiva, ma potentemente umana.
Il monologo del cardinale Lawrence è uno dei passaggi più significativi di Conclave, non solo perché sposta gli equilibri politici dentro la storia, ma perché espone con disarmante chiarezza il cuore del conflitto tra istituzione e coscienza individuale. È una professione di fede nel dubbio — e nel dubbio come forma autentica di fede. Ralph Fiennes lo interpreta con una sobrietà misurata, trattenuta, che rende le parole ancora più potenti: non un proclama, ma una confessione.
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