Monologo femminile - Sigourney Weaver in \"Copycat - Omicidi in serie\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo all’inizio del film “Copycat”. Helen Hudson, interpretata da una Sigourney Weaver di rara precisione nei dettagli gestuali e vocali, sta tenendo una conferenza universitaria sulla psicologia dei serial killer. Da un lato ci introduce al personaggio di Helen: una donna brillante, consapevole della materia, ma già visibilmente disturbata, quasi in lotta con ciò che conosce. Dall’altro lato, costruisce la tesi centrale del film: i serial killer non sono mostri visibili, ma persone che si nascondono sotto il velo dell’ordinario.

Assassini tipici

MINUTAGGIO: 00:20-3:58

RUOLO: Helen Hudson

ATTRICE: Sigourney Weaver

DOVE: Netflix

INGLESE

The screams of the victim deaden his pain. The act of killing makes him feel intensely alive. What he feels next is not guilt... but disappointment. It was not as wonderful as he'd hoped. Maybe next time, it will be perfect. And as his determination builds to take another life... plans, in obsessive detail... what props he'll bring... what knots he'll tie. Let me ask you guys something. What turns you on? What really does it for you? Is it a great body? Is it a nice smile? Is it beautiful legs? What turns on a serial k*ller is the suffering and death of another human being. Now, I'd like to ask you guys a favor. If you could all stand up, all the men in the room. Please indulge me. Come on, it's only fair, after all the time you've ogled us. Now, would everybody under 20 and over 35 have a seat. If you are of Asian or African-American descent, you may sit down. Kenny, turn that light on, please... so we can get a good look at these guys. Ladies, what do you see? Some pretty cute guys, don't you think? If one of these fellas asked you out for a drink, you'd go. Let me tell you something. Nine out of 10 serial Killers are white males... aged 20 to 35... just like these. Albert DeSalvo, Bianchi and Buono... Berkowitz, Dahmer, Ted Bundy. They were quiet, unassuming... even nice. They had jobs. They made decent neighbors. Their victims trusted them. The FBl estimates... ...there could be as many as 35 serial Killers... cruisers for victims even as I speak. Guys, sit down. You're scaring me. Serial Killers are not a 20th-century invention... but we are spawning them in greater numbers. The state of Florida spent almost $8 million... to electrocute Ted Bundy. Wouldn't that money have been better spent keeping him confined... subject to intense scientific scrutiny? Isn't our best hope to try to identify the Ted Bundys of the future... before they kill? Thank you.

ITALIANO

Le grida delle vittime alleviano il suo dolore. L’atto di uccidere lo fa sentire immensamente libero. Ciò che prova in seguito non è un senso di colpa, ma di delusione: non è stato bello come aveva sperato. Forse la prossima volta sarà perfetto. E intatto che matura la decisione di prendere un’altra vita, programma in modo ossessivo ogni dettaglio: quali armi porterà; quali no. Ora, permettetemi una domanda. Cosa è che vi eccita? Coraggio, cos’è che vi eccita? Un bel corpo, un bel sorriso, un paio di gambe? Bene, quello che eccita un serial killer è la sofferenza e la morte di un altro essere umano. E ora vorrei chiedervi un favore. Per piacere, alzatevi in piedi. Tutti voi, signori in sala, vi prego accontentatemi. Su, in fondo ce lo dovete, con tutto il tempo che passate a spogliarci con gli occhi. Bene, tutti colori che hanno meno di 30 anni e più di 35 possono sedersi. E anche coloro che sono di origini asiatiche e sudamericane. Scusa Kenny, puoi… puoi accendere quella luce per favore, così diamo un’occhiata a questi signori? Ora mi rivolgo alle signore presenti. Vedete tanti bei ragazzi, non è così? Ecco, se uno di quei signori vi invitasse per un drink, accettereste, vero? Beh, lasciate che vi dica una cosa, nove volte su dieci i sera killer sono maschi bianchi, tra i 20 e i 35 anni, proprio come questi. Albert De Salvo, Bianchi e Buono… Berkovitz, Dahmer, Ted Bundy… Erano tutti tipi tranquilli, persino carini. Avevano un lavoro regolare, vicini di casa esemplari. Le loro vittime si fidavano di loro. L’FBI calcola che ci possano essere fino a 35 serial killer in cerca di vittime, mentre io vi sto parlando. Ok ragazzi, rimettetevi a sedere, mi fare paura. I serial killer non sono un’invenzione di questo secolo, ma la nostra epoca li produce a un ritmo accelerato. Lo stato della Florida ha speso quasi otto milioni di dollari per giustiziare Ted Bundy. Non sarebbe stato meglio spenderli per la sua detenzione a vita? E per sottoporlo ad una attenta analisi scientifica? Non sarebbe molto meglio cercare di identificare i Ted Bundy del futuro prima che uccidano? Grazie.

Copycat - Omicidi in serie

"Copycat – Omicidi in serie", diretto da Jon Amiel nel 1995, è un thriller psicologico che si inserisce in quel filone anni '90 di cinema poliziesco investigativo che gioca con le menti disturbate dei serial killer e le nevrosi degli investigatori. Sulla scia di titoli come Il silenzio degli innocenti e Seven, ma con un taglio leggermente più “procedurale”. La protagonista è Helen Hudson (interpretata da Sigourney Weaver), una psicologa criminale brillante ma profondamente traumatizzata. Dopo essere stata aggredita da uno dei suoi ex pazienti – il serial killer Daryll Lee Cullum (Harry Connick Jr.) – Helen sviluppa una grave forma di agorafobia. Vive rinchiusa nel suo appartamento ipertecnologico, comunicando solo tramite computer o telefono, completamente isolata dal mondo esterno. Quando una nuova serie di omicidi inizia a tormentare la città di San Francisco, la polizia – e in particolare la detective M.J. Monahan (Holly Hunter) – si trova davanti a un caso inquietante: gli omicidi sembrano ricalcare con precisione quelli compiuti da famigerati serial killer del passato come Albert DeSalvo (lo "Strangolatore di Boston"), David Berkowitz (Son of Sam) e Jeffrey Dahmer. Ogni delitto è una replica metodica, quasi accademica, un omaggio malato a chi ha ucciso prima.

Helen, inizialmente riluttante, viene coinvolta come consulente. Il killer si rivela un "copycat", cioè un imitatore. Non inventa, non crea, ma replica: uccide copiando i suoi “modelli” criminali con una precisione maniacale. La tensione psicologica cresce non solo perché il killer è brillante e imprevedibile, ma anche perché Helen stessa diventa un obiettivo.

Il film gioca su due fronti: da una parte c'è la caccia al killer, che segue la classica struttura del thriller investigativo. Dall’altra, c’è il percorso interiore di Helen, bloccata dentro una prigione psicologica fatta di fobie, flashback e senso di colpa. Il personaggio di M.J., la detective, diventa una sorta di estensione esterna della volontà di Helen, portando avanti sul campo ciò che la psicologa non può fisicamente affrontare.

Analisi Monologo

Il discorso inizia con tono clinico, quasi accademico: “Le grida delle vittime alleviano il suo dolore. L’atto di uccidere lo fa sentire immensamente libero.” Helen descrive un modello psichico ricorrente, tipico di molti assassini seriali. Qui emerge già un primo contrasto: la freddezza con cui espone il funzionamento della mente criminale e la reazione emotiva del pubblico. Il linguaggio è crudo, diretto, privo di filtri: non c'è spazio per l'empatia, ma solo per l'analisi. “Ora, permettetemi una domanda. Cosa è che vi eccita?” Con questa domanda improvvisa e provocatoria, Helen rompe la quarta parete della conferenza. È un momento di scarto retorico, che serve a creare disagio. Mette in discussione non solo il contenuto, ma lo sguardo stesso del pubblico: cos’è che guardiamo? E perché?

La parte più disturbante e teatrale arriva quando Helen chiede a tutti gli uomini presenti di alzarsi: “Tutti quelli che hanno meno di 30 anni e più di 35 possono sedersi…” Qui avviene una sovrapposizione simbolica: il pubblico non sta più solo ascoltando una lezione, ma sta vivendo un esperimento. Helen usa la sala come una mappa comportamentale: stringe il cerchio, lascia in piedi solo i candidati più simili al profilo tipo del serial killer. Questo passaggio, a livello cinematografico, è perfetto per generare tensione visiva e narrativa. Diventa una specie di casting del male: chi tra loro “potrebbe” essere un killer? “Erano tutti tipi tranquilli, persino carini. Avevano un lavoro regolare, vicini di casa esemplari.” Questo è uno dei momenti più potenti del discorso. Helen decostruisce il mito del “mostro visibile”, e mette in luce l’orrore della normalità. Ciò che rende il serial killer affascinante e spaventoso è proprio l’invisibilità: non li riconosci, fino a quando non è troppo tardi.

Conclusione

Il monologo si chiude con una riflessione etica: “Lo stato della Florida ha speso quasi otto milioni di dollari per giustiziare Ted Bundy…” La domanda che pone è netta: ha senso punire o sarebbe meglio prevenire? Meglio la vendetta o lo studio scientifico? Helen, che ha vissuto la violenza sulla propria pelle, cerca comprensione. Una comprensione che – e qui è l’aspetto più tragico – la società rifiuta, preferendo la punizione allo studio, l’esorcismo al confronto.

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