Monologo - Stanley Tucci in \"Conclave\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo pronunciato da Stanley Tucci nei panni del cardinale Aldo Bellini è un momento chiave di Conclave, uno snodo emotivo e morale che arriva dopo il crollo delle maschere, quando le manovre e i giochi di potere sono ormai esposti. Siamo nel punto in cui il personaggio di Bellini, fino a quel momento figura ambigua, astuta, politicamente navigata, si spoglia della propria corazza e rivela il suo fallimento più profondo: quello verso sé stesso. Il tono è di resa, ma anche di lucida onestà. E in un film dove ogni parola è calcolata per influenzare, controllare o nascondere, questo monologo è forse l’unico vero atto di confessione spontanea.

Sarai un grande Papa

MINUTAGGIO: 1:30:40-1:32:45

ATTORE: Stanley Tucci

RUOLO: Cardinal Bellini

DOVE: -

INGLESE

Oh, no, thank you. You are steering this conclave. Exactly where, I do not know. But that firm hand of yours has its admirers. Thomas, I've come to ask for your forgiveness. I had the temerity to tell you to examine your heart when all the time it was my own, but... it's shameful to be this age and still not know yourself. Ambition the moth of holiness. I'm sorry. So, perhaps it's time you decided upon a name. As the next most senior member of this conclave, it will fall to me to ask you how you wish to be known as Pope. For better or for worse, it seems that Tremblay is finished. This is a contest between Tedesco and you. You're the only one who can stop him now.

ITALIANO

O no, ti ringrazio. Tu stai guidando questo Conclave. Esattamente dove, questo non lo so. Ma la tua mano ferma ha i suoi ammiratori. Thomas sono venuto a chiedere di avere il tuo perdono. Ho avuto la temerarietà di dirti di esaminare il tuo cuore, quando per tutto il tempo era il mio cuore che… è vergognoso. A questa età ancora non conoscere se stessi. Ambizione. La falena della santità. Scusami. Perciò, forse è il momento che tu decida che nome assumere. Come secondo membro più anziano di questo Conclave toccherà a me chiederti di essere conosciuto come Papa. Nel bene o nel male, sembra che tra noi sia finito. Questa è una gara tra tedesco e te. Sei l’unico che può fermarlo, ora.

Conclave

Il film Conclave, diretto da Edward Berger e tratto dal romanzo omonimo di Robert Harris, mette in scena uno scenario raramente esplorato nel cinema contemporaneo: le dinamiche interne del potere spirituale e politico all’interno del Vaticano, nel momento di massima tensione che è l’elezione di un nuovo papa. Fin dal prologo — la morte improvvisa di papa Gregorio XVII — il film ci catapulta in una dimensione claustrofobica e altamente ritualizzata, dove l'apparente sacralità dei gesti e delle parole è costantemente attraversata da tensioni, rivalità e segreti.

Il protagonista, il cardinale Thomas Lawrence (interpretato da Ralph Fiennes), è il decano del collegio cardinalizio e si trova nel ruolo scomodo di coordinatore del conclave. A differenza dei candidati ufficiali, Lawrence è un uomo che dubita della propria vocazione e della propria fede: un personaggio che porta dentro di sé una crisi esistenziale, mentre si muove tra equilibri fragili e manovre politiche.

La struttura del film è quasi da thriller politico, ma la posta in gioco non è solo il potere terreno: è anche la visione morale e spirituale della Chiesa nei confronti del mondo contemporaneo. I quattro principali candidati rappresentano infatti posizioni ideologiche molto definite: dalla linea riformista di Bellini, all'intransigenza tradizionalista di Tedesco. Ma ciò che rende Conclave interessante è che queste non sono maschere rigide: il film si prende il tempo per mostrare le crepe e le ambiguità di ciascun personaggio, come accade quando Bellini, pur dichiarandosi progressista, accetta il compromesso pur di evitare l’ascesa di un ultraconservatore.

L’ingresso in scena di Vincent Benitez, cardinale “in pectore”, segna una svolta narrativa forte. È l’elemento estraneo, il corpo non previsto, il personaggio che destabilizza le strategie già avviate. E il fatto che, nel finale, venga eletto papa non è solo un colpo di scena ben costruito: è anche una dichiarazione d’intenti da parte del film. Benitez rappresenta una terza via, non ideologica ma umana. Il suo discorso post-attentato è forse la scena chiave dell’intera pellicola: un monologo vibrante, dove il senso del sacro non è ridotto a dottrina, ma emerge come empatia, esperienza diretta della sofferenza e rifiuto della vendetta.

Il colpo di scena finale — la rivelazione dell’intersessualità di papa Innocenzo XIV — non è trattato con toni scandalistici. È una chiusura delicata, intima, che mette il sigillo su un percorso personale di accettazione e fede, e contemporaneamente apre uno spiraglio di riflessione sulla natura del sacro e sull’umanità dei suoi rappresentanti.

Analisi Monologo

Thomas, sono venuto a chiedere di avere il tuo perdono.” Bellini non chiede scusa per un errore tattico, ma per un tradimento umano. È la prima volta che ammette apertamente la propria inferiorità morale rispetto a Lawrence. Il perdono che chiede non è solo per quello che ha fatto — o non ha avuto il coraggio di fare — ma per aver giudicato l’altro dall’alto di una superiorità presunta che si è rivelata infondata.

Ho avuto la temerarietà di dirti di esaminare il tuo cuore, quando per tutto il tempo era il mio cuore che…” Questa è forse la frase più potente del discorso. Bellini, uomo che ha passato la vita nei corridoi del potere ecclesiastico, scopre solo ora — e amaramente — che la propria interiorità gli era rimasta oscura. La frase si interrompe, non si chiude, lasciando spazio alla vergogna. È uno dei pochi momenti del film in cui un personaggio non cerca di controllare il proprio linguaggio, ma si lascia sopraffare da esso. Ambizione. La falena della santità. Questa immagine è notevole. L’ambizione non è vista come un semplice desiderio di potere, ma come qualcosa di più sottile e letale: un’attrazione che brucia ciò che tocca, un’illusione luminosa che divora chi cerca la luce divina per sé stesso. È poesia che nasce dal disincanto.

Bellini riconosce di essersi avvicinato alla fede per motivi personali più che spirituali, e ora ne paga il prezzo in termini di identità.

Come secondo membro più anziano di questo conclave toccherà a me chiederti di essere conosciuto come Papa.” Il tono qui è solenne, ma intriso di malinconia. Bellini non solo si ritira, ma lo fa nominando indirettamente Lawrence come il successore naturale. È un passaggio che mescola dovere e rispetto, ma anche una forma di espiazione: riconosce il valore dell’altro proprio nel momento in cui ha perso ogni legittimità personale a rivendicare qualcosa per sé. È una gara tra Tedesco e te. Sei l’unico che può fermarlo, ora. Il monologo si chiude con un richiamo pragmatico: non è solo un gesto di riconciliazione, ma un appello urgente. La posta in gioco non è più l’ambizione personale, ma il destino stesso della Chiesa. Bellini non sceglie Lawrence per stima ideologica, ma per necessità morale: è l’unico che può impedire che la Chiesa cada nelle mani del fanatismo incarnato da Tedesco.

Conclusione

In questo monologo, Stanley Tucci costruisce con misura e sensibilità il ritratto di un uomo che si guarda finalmente allo specchio. Bellini, che per gran parte del film è stato un personaggio ambiguo, sempre in bilico tra interesse e prudenza, rivela una verità semplice: ha fallito. Ma è proprio in questo fallimento che, paradossalmente, trova la sua umanità. Il momento non redime il personaggio, ma lo riabilita nel nostro sguardo. È la confessione di chi ha perso, ma ha capito perché.

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