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Nell'evolversi incessante dell'industria dell'intrattenimento, la pandemia di COVID-19 ha accelerato una transizione già in atto verso metodi di audizione digitale, portando alla prevalenza delle audizioni tramite self-tape. Questa pratica, che consente agli attori di registrare le proprie audizioni in autonomia per poi inviarle ai direttori di casting, si è rivelata una spada a doppio taglio. Sebbene abbia indubbiamente allargato le opportunità per talenti da ogni angolo del mondo, facilitando il processo di casting, ha anche suscitato un acceso dibattito all'interno della comunità artistica. Tra le voci più autorevoli che hanno espresso riserve e preoccupazioni troviamo recentemente quelle di Olivia Colman e Andrew Scott, due icone del cinema e della televisione britannica, i cui contributi artistici e le riflessioni professionali pesano significativamente nel dibattito sull'impatto delle audizioni self-tape sull'arte della recitazione.
Olivia Colman ha espresso insoddisfazione per la crescente tendenza nell'industria cinematografica di affidarsi alle audizioni tramite self-tape, una pratica che ha guadagnato terreno soprattutto a seguito della pandemia di COVID-19. In un dialogo con Andrew Scott per Interview Magazine, ha messo in luce come questo metodo, benché elogiato da alcuni per la convenienza e l'espansione delle opportunità per gli attori, in realtà sminuisca l'esperienza attoriale riducendola a un semplice esercizio di memorizzazione e privando gli artisti della possibilità di interagire direttamente con i casting director, elemento cruciale per creare connessioni significative e ricevere feedback immediati.
Colman ha criticato la natura impersonale e irrispettosa delle audizioni self-tape, sottolineando come la propria carriera abbia beneficiato enormemente dall'interazione faccia a faccia durante le audizioni, permettendole di trasformare le iniziali resistenze in opportunità di successo grazie al suo carisma e alla sua capacità di coinvolgere personalmente i responsabili delle selezioni.
Anche Andrew Scott ha condiviso un sentimento simile, riflettendo sulla sua esperienza con le audizioni a distanza e descrivendo come l'invio di nastri attraverso metodi convenzionali, come la posta, fosse spesso un processo dispendioso e, alla fine, vano, aggravato dalla mancanza di risposta o feedback da parte di chi riceveva i materiali.
Il seguente estratto è tratto da un lungo dialogo tra Scott e Colman per Interview Magazine, qui per l'intervista integrale.
SCOTT: Durante la pandemia, mi chiedevo: "Cosa farò?" Ho finito per parlare in un paio di scuole di recitazione, perché anche tutto il loro materiale era stato sospeso. Ho parlato agli studenti e ho imparato molto di più da loro di quanto abbiano fatto da me. Vedere cosa pensano ancora della recitazione, la passione, e quali sono le pressioni. Tutte questei selftape adesso sono così difficili.
COLMAN: Siamo stati così fortunati, vero, a iniziare prima di tutto questo?
SCOTT: Davvero. Perché quando avevamo un'audizione, almeno potevi entrare e parlare con il direttore di casting, ma mettere te stesso in un Selftape dove ti chiedono di imparare 11 pagine—
COLMAN: È molto irrispettoso. È fondamentalmente un test di memoria, vero? Perché te lo danno molto tardi.
SCOTT: E non ottieni alcun feedback.
COLMAN: È davvero maleducato. Capisco come sia più facile per loro non dover fare le cose di persona, ma non sarei arrivata dove sono se avessi dovuto fare selftape, perché andavo alle audizioni sapendo che non mi volevano, ma era così divertente conquistarli.
SCOTT: Esattamente così. Andavo all'ufficio postale su Denmark Street e mi compravo una busta chiusa o qualcosa del genere, mettevo dentro la mia videocassetta e la spedivo in America per qualche cavolo di cosa che non avrei mai ottenuto.
COLMAN: Oh mio Dio.
SCOTT: È orribile. E poi non sentivi nulla. Ma sì, una delle migliori cose che ho scoperto è la liberazione di non dover mai effettivamente guardare nulla in cui sei coinvolto. Alcune cose mi piace guardarle, ma alcune non le ho mai viste.
COLMAN: Sì, trovo sempre che mi sento abbastanza bene e in forma e sano, ho mangiato cibo sano, e poi guardo un lavoro che ho fatto un anno fa quando non facevo così e dico solo, "Oh no".
Olivia Colman e Andrew Scott sono due figure estremamente rispettate e rinomate nel mondo della recitazione, con carriere che spaziano dalla televisione al cinema, fino al teatro.
Olivia Colman, il cui nome completo è Sarah Caroline Olivia Colman, è un'attrice britannica nata il 30 gennaio 1974. La Colman ha guadagnato fama internazionale per la sua versatilità e la profondità emotiva che porta ai suoi ruoli. È particolarmente conosciuta per le sue interpretazioni in serie televisive come "Peep Show", "Broadchurch" e "The Crown", dove ha interpretato la Regina Elisabetta II, una performance che le ha valso un Golden Globe. Nel cinema, la sua interpretazione nel film "La favorita" di Yorgos Lanthimos le ha fatto vincere l'Oscar alla miglior attrice nel 2019. La capacità di Colman di navigare tra commedia e dramma con ugual maestria la rende una delle attrici più versatili e ammirate della sua generazione.
Andrew Scott, nato il 21 ottobre 1976 a Dublino, Irlanda, è noto per la sua intensità e carisma sullo schermo come sul palco. Ha raggiunto la fama mondiale principalmente per il suo ruolo di Moriarty nella serie BBC "Sherlock", accanto a Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. La sua interpretazione del nemico di Sherlock Holmes è stata lodata per la sua eccentricità e profondità psicologica. Oltre al suo lavoro in televisione, Scott ha una solida carriera teatrale, avendo vinto il Laurence Olivier Award per le sue performance sul palco londinese. È apparso anche in numerosi film, tra cui "Spectre", dove ha interpretato un ruolo antagonista nell'universo di James Bond, e ha ricevuto elogi per la sua interpretazione in "Pride" e nel breve dramma romantico "Fleabag".
La critica espressa da Olivia Colman e Andrew Scott verso le audizioni self-tape rende ancora più evidenti le complessità e le sfide inerenti alla digitalizzazione dell'industria cinematografica e televisiva. Al di là della convenienza logistica, questa pratica solleva questioni fondamentali sul rapporto tra attori e direttori di casting, sull'importanza del feedback immediato, e sulla creazione di legami personali e professionali. Le loro esperienze sottolineano come la tecnologia, per quanto possa offrire nuove opportunità, non debba prescindere dall'essenza dell'arte della recitazione: la connessione umana e l'interazione diretta. Ascoltare le voci di attori affermati come Colman e Scott invita l'industria a riflettere su come equilibrare innovazione e tradizione, garantendo che la tecnologia serva ad arricchire l'arte piuttosto che a svuotarla delle sue componenti più vitali.
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