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~ LA REDAZIONE DI RC
“Amore e guerra” è un film del 1975 scritto, diretto e interpretato da Woody Allen. È una commedia che prende di mira la letteratura russa e il cinema d’autore europeo, soprattutto quello di Ingmar Bergman e Sergej Ėjzenštejn, mescolando farsa, filosofia e riflessione storica in un impianto narrativo che ha il passo della commedia slapstick ma il tono di una satira intellettuale. La storia è ambientata nella Russia zarista durante le guerre napoleoniche. Il protagonista, Boris Grushenko (interpretato da Allen), è un giovane nevrotico, codardo e riflessivo, figlio di un mercante. Fin da subito viene ritratto come un antieroe: detesta la guerra, ha crisi esistenziali su Dio, la morte e il senso della vita, e passa il tempo a discutere di filosofia piuttosto che agire.
La sua ossessione più grande però è Sonja, sua cugina (interpretata da Diane Keaton), una giovane donna altrettanto eccentrica, ma molto più appassionata di rivoluzione e letteratura russa. Boris è innamorato perso di lei, ma Sonja pensa soltanto alla politica e ai grandi ideali. Quando scoppia la guerra contro Napoleone, Boris viene arruolato contro la sua volontà. Qui parte la prima grande svolta narrativa: durante una battaglia, per puro caso, Boris si trova a compiere un’azione eroica. La sua vigliaccheria viene scambiata per coraggio. Diventa un eroe nazionale, viene decorato e ammirato, nonostante lui continui a odiare la guerra e a filosofeggiare sul senso della morte.
Tornato a casa, riesce finalmente a sposare Sonja, ma la loro vita matrimoniale è un disastro esilarante: lei sogna complotti, lui sogna solo una vita tranquilla. A questo punto, il film prende una piega parodica e quasi teatrale. Sonja convince Boris a unirsi a lei in un folle complotto per assassinare Napoleone, che si trova in visita in Russia. Boris, ancora una volta riluttante, finisce coinvolto nel piano. La scena dell’attentato è costruita come una parodia dei film storici e delle spy story: tutto va storto, e Boris viene arrestato.
Boris: Woody Allen
Sonj: Diane Keaton
Sonja: Boris, guarda questa foglia, non è perfetta? E questa… guarda… oh… sì, sono convinta che questo è il migliore dei mondi possibili.
Boris: Beh è certo il più costoso…
Sonja: Non è incredibile la natura?
Boris: Per me la natura è, beh, sai… non lo so, i ragni e le cimici e il pesce grosso che mangia il piccolo, e le piante che mangiano altre piante… animali che man… è un enorme ristorante! É così la vedo.
Sonja: Sì, ma se Dio l’ha creata deve essere bella, anche se il suo piano non ci è chiaro per il momento.
Boris: Sonja… e se Dio non esistesse?
Sonja: Boris Dmitrovic, stai scherzando?
Boris: E se fossimo solo un branco di gente assurda che corre intorno senza nesso o ragione?
Sonja: Ma se non esiste Dio la vita non avrebbe alcun significato, perché dovremmo continuare a vivere? Perché allora non suicidarsi?
Boris: Beh, non facciamo gli isterici, potrei sbagliare… io oggi mi uccido e domani lui concede un’intervista.
Sonja: Boris, ti dimostro come è assurda la tua posizione: d’accordo, diciamo che Dio non c’è e ogni uomo è libero di fare tutto quello che vuole. Beh… e allora chi ti impedisce di ammazzare qualcuno?
Boris: L’omicidio è immorale!
Sonja: L’immoralità è soggettiva.
Boris: Sì, ma la soggettività è oggettiva.
Sonja: Non negli schemi percettivi razionali.
Boris: La percezione è irrazionale, implica imminenza!
Sonja: Ma il giudizio di ogni sistema o relazione prioritaria dei fenomeni esiste in ogni contraddizione razionale o metafisica, o almeno epistemologica, per concetti astratti ed empirici come esistere, o essere, o accadere nella cosa stessa o della cosa stessa!
Boris: Sì, questo è vero… anche io lo dico sempre.
Sonja: Boris, noi… noi dobbiamo credere in Dio.
Boris: Potessi vedere un miracolo… solo… solo… un miracolo, un passaggio del Mar Rosso, o una resurrezione, o… mio zio Sasha offrire un pranzo.
Sonja: Non ci resta che tornare di sotto. Già ora gli ultimi raggi dorati del tramonto stanno dileguando a oriente dietro le verdi colline, l’oscura coltre della notte presto si stenderà su noi tutti.
Boris: Ehi… si sente che hai fatto ragioneria.
Questo dialogo tra Boris (Woody Allen) e Sonja (Diane Keaton) in Amore e guerra è un perfetto esempio del modo in cui Allen riesce a intrecciare comicità e filosofia in una forma che è al tempo stesso assurda e acutissima. In questa scena, i due personaggi riflettono sull’esistenza di Dio, sul senso della vita, sull’immoralità e sulla natura… ma lo fanno come se stessero parlando in una commedia slapstick travestita da seminario di filosofia medievale.
Sonja: “Non è incredibile la natura?”
Boris: “Per me la natura è… un enorme ristorante!”
Boris parte subito con una visione cinica e quasi darwiniana della realtà. Dove Sonja vede bellezza e armonia, lui vede lotta e catena alimentare. È una gag, ma anche una riflessione sul contrasto tra l’estetica romantica e il materialismo biologico. La natura è indifferente, predatoria, e priva di scopo morale: questo è il sottofondo “esistenzialista” della battuta.
Boris: “E se Dio non esistesse?”
Sonja: “Ma se non esiste Dio la vita non avrebbe alcun significato…”
Qui si entra nel cuore del cinema di Allen: la domanda sul divino. Sonja rappresenta il bisogno umano di credere in un ordine superiore, una risposta al caos della vita. Boris, invece, rappresenta il dubbio, la possibilità che siamo un branco di gente assurda, in una realtà che non risponde a nessuna legge morale assoluta. L’alternativa alla fede, per Sonja, è il suicidio esistenziale. Una risposta che riecheggia Dostoevskij: “se Dio non esiste, tutto è permesso”. Boris, ovviamente, la prende in giro con una delle sue linee più fulminanti:
“Io oggi mi uccido e domani lui concede un’intervista.”
È un umorismo che scavalca il dramma con il paradosso. La comicità nasce dal confronto tra la disperazione e il pragmatismo di chi ha paura di sbagliare… anche nel suicidarsi.
Sonja: “Chi ti impedisce di ammazzare qualcuno?”
Boris: “L’omicidio è immorale!”
Sonja: “L’immoralità è soggettiva.”
Ecco la vera disputa filosofica in forma di sketch. Il dialogo scimmiotta un dibattito da facoltà di filosofia, con battute che toccano temi di etica relativista, imperativi morali, epistemologia e perfino metafisica linguistica. Quando Boris afferma che “la soggettività è oggettiva”, è ovviamente un nonsense logico, ma detto con tono serio e convinto. Un modo brillante per mostrare come i grandi concetti filosofici, una volta svuotati, diventano parole in libertà.
Sonja: “Il giudizio di ogni sistema o relazione prioritaria dei fenomeni… eccetera eccetera”
Questo è un momento comico in pieno stile Allen. Sonja recita un concentrato di termini astratti, un vero pastiche da manuale di filosofia tedesca. Boris, che fino a un attimo prima sembrava scettico, risponde con un finto entusiasmo:
“Sì, questo è vero… anche io lo dico sempre.”
È una battuta geniale. In un colpo solo: distrugge il senso del discorso e conferma quanto spesso, nel parlare filosofico, il linguaggio si autoalimenta fino a svuotarsi. Allen prende in giro l’intellettuale che non capisce quello che dice, ma ci si aggrappa per non ammettere l’assurdità della condizione umana.
Sonja: “Gli ultimi raggi dorati del tramonto stanno dileguando…”
Boris: “Ehi… si sente che hai fatto ragioneria.”
La poesia viene distrutta da una battuta che riporta tutto a terra. È il perfetto equilibrio tra lirismo e ironia che Allen ha raffinato negli anni: ogni momento di bellezza o di verità viene smontato con una risata, ma una risata che non cancella il pensiero, lo complica.
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