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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel film "Persona" di Ingmar Bergman, una delle opere più significative e enigmatiche del regista svedese, si esplorano i profondi abissi della psiche umana attraverso la relazione intensa e complessa tra due donne: Elisabet, un'attrice che smette di parlare, e Alma, l'infermiera incaricata di prendersi cura di lei. Il film si avventura oltre i confini del cinema tradizionale, sfidando le percezioni dello spettatore riguardo all'identità e alla realtà.
MINUTAGGIO: 20:43
RUOLO: Dottoressa Gunnar
ATTRICE: Margaretha Krook
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
Don't you think I understand? The hopeless dream of being. Not seeming, but being. Consious at every moment. Vigilant. At the same time the chasm between what you are to others and to yourself. The feeling of vertigo and the constant desire to at last be exposed. To be seen through, cut down, perhaps even annihilated. Every tone of voice a lie, every gesture a falsehood, every smile a grimace. Commit suicide? Oh, no. That's ugly. You don't do that. But you can be immobile, you can fall silent. Then at least you don't lie. You can close yourself in, shut yourself off. Then you don't have to play roles, show any faces or make false gestures. You think… But you see, reality is bloody-minded. Your hideout isn't watertight. Life seeps in everything. You're forced to react. No one asks if it's real or unreal,if you're true or false. It's only in the theatre the question carries weight. Hardly even there. I understand you, Elisabet. I understand you're keeping silent, you're immobile. That you've placed this lack of will into a fantastic system. I understand and admire you. I think you should maintain this role until it's played out. Until it's no longer interesting. Then you can leave it. Just as you bit by bit leave all your other roles.
ITALIANO
Credi che non ti capisca? Tu insegui un sogno disperato. Questo è il tuo tormento. Tu vuoi essere, non sembrare di essere. Essere in ogni istante cosciente di te, e vigile. E nello stesso tempo ti rendi conto dell'Abisso che separa ciò che sei per gli altri da ciò che sei per te stessa e provoca quasi un senso di vertigine, un timore di essere scoperta, di vederti messa a nudo, smascherata e riportata ai tuoi Giusti limiti. Perché ogni parola è menzogna, ogni gesto falsità, ogni sorriso una smorfia. Qual è il ruolo più difficile? Togliersi la vita? Ma no, sarebbe poco dignitoso. Meglio rifugiarsi nell'immobilità, nel mutismo, così si evita di dover mentire, oppure mettersi al riparo dalla vita così non c'è bisogno di recitare, di mostrare un volto finto o fare gesti voluti. Non ti pare? Questo è ciò che si crede ma non basta celarsi, perché, vedi, la vita si manifesta in mille modi diversi ed è impossibile non reagire. A nessuno importa sapere se le tue reazioni siano vere o false, sincere o bugiarde. Solo a teatro il problema si rivela importante e forse neanche lì. Io ti capisco, Elizabeth, capisco il tuo silenzio, questa tua immobilità e perchè tu abbia elevato a sistema di vita questa tua assurda apatia… capisco e quasi ti ammiro. Secondo me devi continuare a recitare la tua parte fino in fondo, finché essa non perda ogni interesse, e abbandonarla così come sei abituata a fare passando da un ruolo all'altro.
"Persona" è uno dei film più enigmatici e celebrati del regista svedese Ingmar Bergman, uscito nel 1966. Il film esplora temi complessi come l'identità, la dualità e il silenzio attraverso una narrazione intensamente visiva e minimalista.
La trama si concentra su due donne: Elisabet Vogler, un'attrice che improvvisamente smette di parlare durante una rappresentazione teatrale, e Alma, l'infermiera incaricata di prendersi cura di lei. Elisabet diviene completamente muta e viene mandata in una casa al mare per recuperare, con Alma al suo fianco.
Nel corso del film, le due donne sviluppano una relazione complessa e intensa. Alma parla incessantemente, riversando i suoi pensieri e le sue paure più intime, mentre Elisabet ascolta in silenzio. Questo monologo continuo di Alma rivela non solo i dettagli della sua vita, ma anche i suoi timori e desideri più nascosti. Nel frattempo, la presenza silenziosa di Elisabet inizia a esercitare un'influenza profonda e perturbante su di lei.
Man mano che la loro convivenza prosegue, le identità di Elisabet e Alma iniziano a sovrapporsi e confondersi. In uno degli aspetti più discussi del film, le due donne sembrano quasi scambiarsi i ruoli, con Alma che assume tratti di Elisabet e viceversa. Questa fusione delle identità solleva questioni sulla natura dell'io e sull'autenticità del sé.
Il film è noto per la sua natura meta-cinematografica, in cui Bergman esplora i limiti e le possibilità del cinema stesso. Attraverso il silenzio di Elisabet, il film interroga il ruolo dell'arte e dell'artista, e la capacità del cinema di catturare e trasmettere la verità umana.
La dottoressa inizia riconoscendo la comprensione del dolore di Elisabet: la disperata ricerca di essere autenticamente se stessa, non solo apparire come tale. Questo desiderio di "essere" piuttosto che "sembrare" è un tormento continuo per Elisabet, poiché c'è un abisso tra come si percepisce internamente e come viene percepita dagli altri. La dottoressa usa la metafora dell'abisso per sottolineare la profondità e il pericolo di questa divisione interna, che crea un senso di vertigine e paura di essere "scoperta" o "smascherata".
Il monologo prosegue descrivendo come ogni interazione sociale possa sentirsi come una menzogna o una falsità per Elisabet, che vive in uno stato di dissonanza tra il suo vero sé e il sé che presenta al mondo. Qui, la dottoressa tocca il concetto di performance nella vita quotidiana, suggerendo che la vita stessa richiede una forma di recitazione, dove gesti e sorrisi possono diventare maschere che nascondono il vero io.
La dottoressa conclude che Elisabet ha scelto il silenzio e l'immobilità come mezzi per evitare la menzogna e la recitazione. Ma sostiene che questa non è una soluzione sufficiente, poiché la vita stessa costringe alla reazione, indipendentemente dalla verità o falsità di queste reazioni. Questa parte del monologo riconosce l'inevitabile esposizione della vita, dove anche in assenza di parole, il nostro essere reagisce e si manifesta.
Il monologo della dottoressa funge da ponte tra l'intimo dramma interiore di Elisabet e il pubblico, offrendo uno sguardo penetrante sul conflitto tra l'essere e il sembrare. Attraverso questo dialogo incisivo, Bergman non solo svela le complessità del suo personaggio, ma invita anche lo spettatore a riflettere sulla propria maschera sociale e sulle verità nascoste dietro le facciate quotidiane.
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