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~ LA REDAZIONE DI RC
Siamo in un punto delicato della narrazione di “Ho cercato il tuo nome”: Logan si apre, per la prima volta davvero, e racconta l’origine del suo legame con Beth, la donna che ha cercato senza conoscerla. Il monologo nasce dal bisogno urgente di spiegare perché è lì, ma nel farlo, Logan non costruisce una giustificazione: rivela invece una confessione emotiva, quasi sussurrata. Questo momento arriva dopo una lunga serie di silenzi, gesti piccoli, interazioni trattenute: per questo ha un impatto particolare. È il punto in cui il protagonista si svela, ma non solo agli altri – si svela a se stesso.
MINUTAGGIO: 1:18:17-1:19:40
RUOLO: Logan
ATTORE: Zac Efron
DOVE: Netflix
INGLESE
t was in the morning... ...after a night raid. I just found it. In the middle of nowhere. I tried to find out who lost it. I never stopped trying, but nobody claimed it. Finding something like that... ...in a w*r... ...was like finding an angel in hell. So I kept it with me. Then I survived a lot of things. Things that I had no right to. I promised myself that if I made it out... ...I would find that girl... ...and thank her... ...for saving my life... ...when others weren't so lucky. But I couldn't find the words. How do you explain something that you can't even understand yourself?
ITALIANO
Era mattino presto, dopo un raid notturno. E l’ho trovata lì. In mezzo al nulla. Io… ho cercato a lungo di scoprire… A chi appartenesse. Non ho mai smesso. Ma il proprietario sembrava scomparso. Trovare all’improvviso una cosa così, in guerra… è stato come trovare un angelo all’inferno. Ecco perché l’ho tenuta con me. Da allora ne ho scampate tante. E forse non ne avevo il diritto, mi sono ripromesso che se ce l’avessi fatta, avrei trovato quella ragazza, l’avrei ringraziata per avermi salvato la vita- Altri non hanno avuto la stessa fortuna. Ma non trovo le parole. Come possiamo spiegare a qualcuno una cos che non riusciamo a capire neanche noi.
“Ho cercato il tuo nome” (titolo originale: The Lucky One, 2012) è un film diretto da Scott Hicks e basato sull’omonimo romanzo di Nicholas Sparks. Protagonisti: Zac Efron, Taylor Schilling e Blythe Danner. È un racconto che si muove tra melodramma romantico e introspezione post-bellica, dove la vicenda ruota attorno a un ex marine, una fotografia trovata per caso e la ricerca di un significato da attribuire a ciò che accade per caso… o per destino, a seconda di come lo si vuole leggere. Il protagonista è Logan Thibault, un marine dei Marines statunitensi che, durante una missione in Iraq, trova tra le macerie una fotografia plastificata che ritrae una donna. La raccoglie poco prima che un’esplosione colpisca il luogo dove si trovava un attimo prima. Quella fotografia – nella sua esperienza – diventa una specie di talismano: ogni volta che rischia la vita, la tiene con sé e inizia a credere che gli stia salvando la pelle. Gli altri commilitoni lo prendono in giro, lo chiamano “l’uomo fortunato”.
Tornato dalla guerra, Logan è chiaramente segnato. Non si parla esplicitamente di PTSD, ma tutto, nel suo comportamento silenzioso, nei movimenti misurati, nel modo in cui osserva le cose, suggerisce un uomo che si porta addosso il peso di esperienze che non riesce a condividere. Ma qui arriva l’elemento centrale della narrazione: Logan decide di cercare la donna nella fotografia. Non sa nulla di lei, se non uno scorcio di paesaggio sullo sfondo, che lo guida verso Louisiana. Attraversa il Paese a piedi (elemento simbolico abbastanza chiaro: è un pellegrinaggio più interiore che geografico) fino a raggiungere una piccola cittadina dove trova finalmente la donna della foto: Beth Green. Logan non ha idea di come spiegare il motivo per cui è lì. Non le dice nulla della foto. Quando arriva al rifugio per animali gestito da Beth e dalla nonna Ellie, si limita a chiedere un lavoro. Viene assunto, e lentamente si inserisce nella vita di Beth e del figlio Ben, un bambino intelligente, solitario, molto più simile a Logan di quanto sembri all’inizio. Ma c’è un ostacolo: Keith Clayton, l’ex marito di Beth e padre di Ben. È un uomo violento, possessivo, e – cosa che nel contesto della provincia americana ha un peso preciso – è lo sceriffo del paese, o meglio, il figlio dello sceriffo. Ha il potere e l’arroganza di chi si sente impunibile. E vede in Logan una minaccia.
“Era mattino presto, dopo un raid notturno. E l’ho trovata lì. In mezzo al nulla.” La frase d’apertura stabilisce immediatamente il contesto: guerra e solitudine. Il “mattino dopo un raid” è un’immagine visiva precisa – la luce che arriva dopo il buio, ma senza pace. E in quel paesaggio devastato, la fotografia appare come un elemento fuori posto. In quel contrasto visivo si condensa tutto: violenza e grazia, morte e un’ombra di speranza. “Ho cercato a lungo di scoprire… A chi appartenesse. Non ho mai smesso.” Qui emerge l’ossessione gentile di Logan. Non è solo curiosità: è un tentativo di restituire un’identità a qualcosa che lo ha salvato. È come se sapesse, in modo irrazionale, che dietro quella fotografia c’è un filo che lo tiene legato alla vita.
“Trovare all’improvviso una cosa così, in guerra… è stato come trovare un angelo all’inferno.” Logan non idealizza la guerra, la definisce inferno, senza giri di parole, ma ammette che qualcosa di inspiegabile può avvenire anche lì. In questo caso, l’immagine di una sconosciuta diventa un’àncora esistenziale. Non è l’oggetto in sé, è ciò che simboleggia: bellezza, pace, possibilità. “Ecco perché l’ho tenuta con me. Da allora ne ho scampate tante. E forse non ne avevo il diritto.” Qui entra in gioco un sentimento fondamentale per ogni reduce: il senso di colpa del sopravvissuto. Logan si chiede perché lui ce l’ha fatta e altri no. La fotografia, per lui, è stata un talismano, ma non riesce a spiegarselo, né a sentirsi meritevole. Questo peso interiore lo accompagna ovunque vada.
“Mi sono ripromesso che se ce l’avessi fatta, avrei trovato quella ragazza, l’avrei ringraziata per avermi salvato la vita.” Ecco l'origine del suo viaggio: un voto privato. Non è amore a prima vista, né attrazione romantica: è un bisogno etico, quasi spirituale. Restituire qualcosa. Trovare un modo per chiudere un ciclo aperto nel deserto. “Ma non trovo le parole. Come possiamo spiegare a qualcuno una cosa che non riusciamo a capire neanche noi.” Logan ammette il limite del linguaggio, e con esso, della comprensione. Non cerca di razionalizzare l’inspiegabile. Questo è il momento in cui diventa vulnerabile, e quindi autentico.
Questo monologo serve a definire l'identità ferita ma resiliente di Logan. Serve a spiegare perché ha camminato chilometri per cercare una donna sconosciuta, ma soprattutto rivela quanto il trauma, il senso del dovere e il bisogno di redenzione possano guidare una persona.
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