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~ LA REDAZIONE DI RC
Siamo nel villaggio vichingo di Berk, un posto in cui il cielo è perennemente attraversato da draghi. I draghi attaccano regolarmente il villaggio per rubare bestiame, e i vichinghi rispondono con la forza: è una guerra continua, una specie di equilibrio fondato sul conflitto. In questo contesto nasce e cresce Hiccup Horrendous Haddock III, un adolescente smilzo e maldestro, figlio del capovillaggio Stoick l’Immenso. Tutti si aspettano che Hic diventi un guerriero, ma lui è più interessato a inventare oggetti, costruire marchingegni e... non combattere. Vive fuori posto in un mondo che misura il valore con la forza fisica. Durante uno degli attacchi, Hiccup colpisce in volo un drago rarissimo e temutissimo, il Furia Buia, una creatura che nessuno ha mai visto bene perché si muove troppo veloce. Nessuno gli crede, ma lui va a cercarlo nel bosco e lo trova. Il drago è ferito, immobilizzato. Hiccup potrebbe finirlo... ma non lo fa. Anzi: lo libera.
Da qui si apre una seconda parte della trama che è quasi un film a sé: un lento avvicinamento tra Hiccup e il drago, che lui ribattezza Sdentato (Toothless, in originale), per via della dentatura retrattile. Iniziano a conoscersi, a fidarsi, a costruire un rapporto fatto di silenzi e gesti. Qui il film abbandona completamente la logica del "manuale del perfetto vichingo", e si sposta su una narrazione quasi da fiaba etologica: osservare, imparare, rispettare. Nel frattempo, il padre iscrive Hiccup all’addestramento per diventare un uccisore di draghi, insieme ad altri giovani del villaggio (tra cui Astrid, che diventerà importante nella seconda parte della trilogia). Hiccup comincia a distinguersi in combattimento... ma solo perché, avendo imparato da Sdentato come ragionano i draghi, riesce a neutralizzarli senza violenza. Paradossalmente, il ragazzo che non voleva combattere diventa il miglior cacciatore, agli occhi degli altri.
Questo porta a un accumulo di tensione narrativa: da una parte Hiccup e il suo segreto (Sdentato nascosto nel bosco), dall’altra il villaggio che vuole farne un eroe e suo padre che vede finalmente in lui il figlio che desiderava. È una situazione insostenibile, che ovviamente esplode. La verità viene fuori quando Astrid scopre il segreto di Hiccup e lo minaccia: ma poi lei stessa, dopo aver incontrato Sdentato, cambia prospettiva. Eppure il destino è già in moto: Sdentato viene scoperto, catturato, e usato per trovare il nido dei draghi.
Lì, i vichinghi scoprono che tutti gli attacchi non erano casuali: i draghi rubano cibo perché devono nutrire un drago gigantesco e tirannico, che tiene in scacco tutte le specie. Si arriva allo scontro finale: i vichinghi non ce la fanno, ma Hiccup e gli altri giovani – aiutati dai draghi addestrati – riescono a ribaltare la situazione. Alla fine, Hiccup perde una gamba. Non è una punizione, è una trasformazione. Torna a Berk cambiato, cresciuto, e il villaggio cambia con lui. I draghi non sono più nemici, diventano parte della comunità. La sequenza finale – con lui e Sdentato che volano tra le case del villaggio – è il simbolo di un nuovo modo di vivere: non basato sulla forza, ma sulla comprensione reciproca.
Stoick: Gerard Butler
Hiccup: Mason Thames
Stoick: Hiccup.
Hiccup: Papà. Senti, io ti devo parlare.
Stoick: Anche io ti devo parlare.
Stoick e Hiccup insieme.
Stoick: E’ il momento che impari a combattere i draghi.
Hiccup: Ho deciso che non voglio combattere i draghi.
Stoick e Hiccup insieme.
Stoick: Cosa?
Hiccup: Cosa?
Stoick: Prima tu.
Hiccup: Nonono, tu. Parla tu.
Stoick: Addestramento Antidrago. Desiderio esaudito, inizi domattina.
Hiccup: Ecco, appunto, dovevo parlare prima io. No, perché stavo pensando che c’è una sovrabbondanza di vichinghi che combattono i draghi, ma ci sono abbastanza…
Stoick: Ti servirà questa. (Dà un’ascia ad Hiccup)
Hiccup: Papà, non voglio combattere i draghi.
Stoick: Ahaha. Andiamo. Si che vuoi.
Hiccup: Aspetta, riformulo. Io non posso uccidere i draghi.
Stoick: Ma lo farai.
Hiccup: No, sono extra-sicuro che non lo farò.
Stoick: Il tuo momento è arrivato.
Hiccup: Ma cos’è, non riesci a sentirmi?
Stoick: E tu non riesci a sentire me? Il Cimento della fiamma è dove i vichinghi si plasmano, dove si forgiano gli eroi, dove nascono tutti i futuri capi.+
Hiccup: Io non sono nessuna di queste cose. Non sono come te, papà.
Stoick: Ascolta. Quando tu porti quest’ascia, porti tutti noi con te. Vuol dire che cammini come noi, parli come noi, pensi come noi. E basta con… tutto questo.
Hiccup: Hai appena indicato tutto me…
Stoick: E’ un patto.
Hiccup: Questa conversazione mi sembra sempre più..
Stoick: E’ un patto.
Hiccup: Si…
Stoick: Bene. Lavora sodo. Tornerò presto. Probabilmente.
Esce.
Hiccup: Io resterò qui, giù o meno.
Questo dialogo tra Stoick e Hiccup è una delle scene più emblematiche del primo Dragon Trainer perché condensa, in pochi scambi, l’intero conflitto padre-figlio, ma con un tono a metà tra l’assurdo e il doloroso. È una conversazione che sembra comica, quasi slapstick per i suoi tempi sbagliati e le sovrapposizioni, ma sotto quella superficie leggera si nasconde una distanza abissale, che i due cercano goffamente di colmare... fallendo. La scena arriva in una fase di transizione: Hiccup ha appena conosciuto Sdentato, ha già capito che i draghi non sono ciò che i vichinghi credono, e si trova al bivio tra obbedire e ascoltarsi. Stoick, nel frattempo, cerca con impaccio di “fare il padre” come sa farlo lui: con un misto di orgoglio, aspettative e ordini non negoziabili. Entrambi hanno qualcosa da dire all'altro. Entrambi sono convinti che il loro messaggio sia più importante. Il problema è che non parlano la stessa lingua. Non si ascoltano davvero. E infatti il loro dialogo è un duello in cui nessuno vince.
“Hiccup: Papà. Senti, io ti devo parlare.” / “Stoick: Anche io ti devo parlare.”
Siamo già dentro a un meccanismo di dialogo incrociato, che costruisce ironia ma evidenzia anche un problema strutturale: ognuno parla per sé, nessuno ascolta l’altro.
“E’ il momento che impari a combattere i draghi.” / “Ho deciso che non voglio combattere i draghi.” I due parlano in perfetta sincronia ma in direzioni opposte. È un momento brillante, ma racconta una frattura. Entrambi credono di avere raggiunto un punto di svolta, ma stanno andando in direzioni completamente divergenti.
“Addestramento Antidrago. Desiderio esaudito, inizi domattina.”
Stoick crede di fare qualcosa di buono. Nella sua testa, finalmente ha concesso a Hiccup ciò che il figlio desiderava: entrare nell’addestramento. Peccato che quel desiderio fosse solo una copertura per ottenere approvazione, non qualcosa che Hiccup voglia davvero.
“Io non voglio combattere i draghi.” – “Si che puoi.”
Questo è il punto in cui si vede chiaramente la dissonanza tra volere e potere. Hiccup parla di volontà, Stoick risponde parlando di capacità. Non è solo un errore di comunicazione: è il segno che Stoick non riconosce la soggettività del figlio.
“Aspetta, riformulo. Io non posso uccidere i draghi.” – “Ma lo farai.”
Qui siamo nel regno del tragico: Hiccup cerca di spiegarsi con più chiarezza, ma Stoick trasforma ogni dichiarazione personale in una profezia imposta. Sta riscrivendo il futuro del figlio senza il consenso del figlio.
“Il tuo momento è arrivato.” – “Ma cos’è, non riesci a sentirmi?”
Battuta chiave. Hiccup rompe la finzione. Sta dicendo esplicitamente: “Non stai ascoltando quello che dico.” Il dialogo, da comico, diventa angoscioso. C’è una persona che chiede ascolto e una che offre orgoglio, dovere, tradizione — tutto, tranne empatia.
“E tu non riesci a sentire me?”
Stoick ribalta l’accusa. Ed è vero anche per lui. Il padre si sente ignorato da un figlio che non vuole seguirne le orme. È un dialogo dove entrambi parlano a vuoto, feriti dal fatto che l’altro non si riconosca in loro.
“Cammini come noi, parli come noi, pensi come noi. E basta con… tutto questo.”
E qui si arriva al cuore del monologo. Stoick non sta solo dicendo “diventa vichingo”. Sta dicendo: “smetti di essere te stesso.” Il gesto di indicare “tutto questo” è doloroso. Sta negando l’identità del figlio in nome della continuità culturale.
“Hai appena indicato tutto me…”
Risposta secca, affilata. È uno dei momenti in cui Hiccup è più lucido. Dice, in sostanza: “Quello che vuoi cambiare… è proprio chi sono.”
“È un patto.”
Qui Stoick cerca di chiudere la questione. Vuole un accordo simbolico che cancelli la divergenza. Ma non è un patto: è un'imposizione travestita da accordo. Non c'è reciprocità, non c'è ascolto. Hiccup, purtroppo, acconsente passivamente, sopraffatto.
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