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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo è l’apertura di “Dragon Trainer” (How to Train Your Dragon), ed è fondamentale per due motivi: introduce l’universo narrativo e ci immerge subito nella psicologia di Hiccup.Questo monologo è la voce narrante iniziale del film. In questi pochi minuti di dialogo, Hiccup ci racconta Berk, il villaggio sperduto dei vichinghi dove vive, ci mostra i personaggi principali (Stoick, Scaracchio, Astrid, la “squadra antincendi”), e intanto ci fa sentire il suo punto di vista sul mondo. È ironico, goffo, affettuoso ma pieno di frustrazione. È uno che non appartiene fino in fondo a quel contesto, ma ci prova con tutto se stesso.
MINUTAGGIO: 00:30-7:00
RUOLO: Hiccup
ATTORE: Mason Thames
DOVE: Netflix
ITALIANO
Questa è Berk. Così fuori dalle mappe che potrebbe anche non esistere. Il mio villaggio, in una parola… solido. E’ qui da generazioni, ma ogni singola costruzione è nuova. L’aria è frizzante, l’acqua è pulita, e del panorama non ci si può lamentare. L’unica nota negativa sono le infestazioni. In molti posti hanno topi, o zanzare. Noi abbiamo… i draghi. Tanti se ne andrebbero, ma noi no. Siamo vichinghi, non scappiamo dalle battaglie, le iniziamo. I draghi sono stati un pò un problema. Qui e insomma, dappertutto. Così abbiamo deciso di portare la battaglia da loro. Abbiamo risolto il problema? Ehm… Lui è Stoick l’immenso, dicono che quando era in fasce ha staccato di netto la testa a un drago. E io ci credo? Si, certo. Lo zuccone con un caratteraccio e le mani intercambiabili è Scaracchio. Sono suo apprendista da quando ero piccolo. Ah, la squadra antincendi, i ragazzi più fighi di Berg. Loro sono il centro dell’azione. Ma sono niente senza la loro capitana, la stella più fulgida della nostra generazione. Pazzesca senza neanche sforzarsi, lei è li manda tutti in fumo. Ah… Astrid. Un giorno ci andrò lì fuori, perché uccidere un drago è tutto qui da noi. I Gronki sono tosti, se ne abbattessi uno mi farei almeno notare. Un Bizippo? Esotico. Emozionante. Due teste, doppio trofeo. Mozzare la testa ad un Uncinato dimostrerebbe che questo è il mio posto. E poi c’è l’Incubo Orrendo. Solo i vichinghi migliori gli danno la caccia. Ma il trofeo supremo, è il drago che nessuno ha mai visto. Lo chiamiamo: “La furia buia”. Nessuno ha mai ucciso una furia buia, ecco perché sarò io il primo.
Siamo nel villaggio vichingo di Berk, un posto in cui il cielo è perennemente attraversato da draghi. I draghi attaccano regolarmente il villaggio per rubare bestiame, e i vichinghi rispondono con la forza: è una guerra continua, una specie di equilibrio fondato sul conflitto. In questo contesto nasce e cresce Hiccup Horrendous Haddock III (in italiano “Hiccup” è tradotto con “Hic”), un adolescente smilzo e maldestro, figlio del capovillaggio Stoick l’Immenso. Tutti si aspettano che Hic diventi un guerriero, ma lui è più interessato a inventare oggetti, costruire marchingegni e... non combattere. Vive fuori posto in un mondo che misura il valore con la forza fisica. Durante uno degli attacchi, Hiccup colpisce in volo un drago rarissimo e temutissimo, il Furia Buia, una creatura che nessuno ha mai visto bene perché si muove troppo veloce. Nessuno gli crede, ma lui va a cercarlo nel bosco e lo trova. Il drago è ferito, immobilizzato. Hiccup potrebbe finirlo... ma non lo fa. Anzi: lo libera.
Da qui si apre una seconda parte della trama che è quasi un film a sé: un lento avvicinamento tra Hiccup e il drago, che lui ribattezza Sdentato (Toothless, in originale), per via della dentatura retrattile. Iniziano a conoscersi, a fidarsi, a costruire un rapporto fatto di silenzi e gesti. Qui il film abbandona completamente la logica del "manuale del perfetto vichingo", e si sposta su una narrazione quasi da fiaba etologica: osservare, imparare, rispettare. Nel frattempo, il padre iscrive Hiccup all’addestramento per diventare un uccisore di draghi, insieme ad altri giovani del villaggio (tra cui Astrid, che diventerà importante nella seconda parte della trilogia). Hiccup comincia a distinguersi in combattimento... ma solo perché, avendo imparato da Sdentato come ragionano i draghi, riesce a neutralizzarli senza violenza. Paradossalmente, il ragazzo che non voleva combattere diventa il miglior cacciatore, agli occhi degli altri.
Questo porta a un accumulo di tensione narrativa: da una parte Hiccup e il suo segreto (Sdentato nascosto nel bosco), dall’altra il villaggio che vuole farne un eroe e suo padre che vede finalmente in lui il figlio che desiderava. È una situazione insostenibile, che ovviamente esplode. La verità viene fuori quando Astrid scopre il segreto di Hiccup e lo minaccia: ma poi lei stessa, dopo aver incontrato Sdentato, cambia prospettiva. Eppure il destino è già in moto: Sdentato viene scoperto, catturato, e usato per trovare il nido dei draghi.
Lì, i vichinghi scoprono che tutti gli attacchi non erano casuali: i draghi rubano cibo perché devono nutrire un drago gigantesco e tirannico, che tiene in scacco tutte le specie. Si arriva allo scontro finale: i vichinghi non ce la fanno, ma Hiccup e gli altri giovani – aiutati dai draghi addestrati – riescono a ribaltare la situazione. Alla fine, Hiccup perde una gamba. Non è una punizione, è una trasformazione. Torna a Berk cambiato, cresciuto, e il villaggio cambia con lui. I draghi non sono più nemici, diventano parte della comunità. La sequenza finale – con lui e Sdentato che volano tra le case del villaggio – è il simbolo di un nuovo modo di vivere: non basato sulla forza, ma sulla comprensione reciproca.
“Questa è Berk. Così fuori dalle mappe che potrebbe anche non esistere.”
Inizia subito con un tono autoironico. Il mondo di Hiccup è isolato, e lui stesso si percepisce un po’ così: invisibile. “Il mio villaggio, in una parola… solido.” Parola scelta con cura: "solido" è esattamente l’opposto di come si sente lui. Il villaggio è forte, compatto, resistente. Hiccup no: è sottile, impacciato, fuori misura. “In molti posti hanno topi, o zanzare. Noi abbiamo… i draghi.” Questa è una frase chiave. I draghi sono un dato di fatto, come i topi in cantina. E il modo in cui lo dice, con una punta di sarcasmo, rivela che per lui la guerra con i draghi non è mitica o eroica: è una scocciatura quotidiana. “Siamo vichinghi, non scappiamo dalle battaglie, le iniziamo.”
Qui emerge il dogma culturale. La frase è detta con una certa ironia, ma Hiccup sente la pressione di questo codice. Vuole appartenere a quel mondo, ma sa che per farlo dovrebbe diventare qualcun altro. I personaggi sono introdotti con affetto e umorismo, ma anche con un certo senso di inferiorità. Astrid è “pazzesca senza sforzarsi”, Stoick è leggendario, Scaracchio è bizzarro ma rispettato. Hiccup, per ora, è solo la voce fuori campo. “Uccidere un drago è tutto qui da noi.” Qui la narrazione si stringe sul suo obiettivo: Hiccup vuole uccidere un drago, non perché lo desideri veramente, ma perché crede che sia l’unico modo per ottenere riconoscimento. È un desiderio costruito dall’esterno, non nato da lui. “La Furia Buia. Nessuno l’ha mai uccisa… ecco perché sarò io il primo.” La frase finale è paradossale: Hiccup, il meno adatto a combattere, si propone come il primo a fare l’impossibile. Ma proprio questo eccesso di ambizione è il segno di un bisogno disperato di sentirsi visto.
Questo monologo è la maschera di Hiccup. La sua voce fuori campo è energica, ironica, piena di vita… ma è anche la voce di un ragazzo che sta cercando disperatamente di farsi accettare. Vuole aderire a un mondo che non è fatto per lui, e quindi indossa il linguaggio dei vichinghi, il tono dell’eroismo, l’ironia dell’outsider che vorrebbe essere dentro.
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