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Nota a margine: questo articolo non contiene spoiler (anche perché non saprei che dire)
In effetti, come nel caso del primo film, la trama è la cosa paradossalmente meno interessante delle due ore e mezzo di proiezione che mi hanno lasciato inquietato, angosciato, esterrefatto, incontenibilmente vivo. Ho visto colori come se li avessi visti per la prima volta, o perlomeno, come se li avessi visti al cinema per la prima volta... e in parte è anche dovuto alla sala. Ho visto il film nell'unica sala italiana dove è possibile vedere il film "come papà Villeneuve l'ha fatto". Che intendo? Dune è stato girato con Arri Alexa 65 IMAX con Moviecam Lenses per poi essere stampato in 70mm Kodak Vision 2383, con Mix Audio Dolby Atmos. Per chi fosse lontano dal mondo tecnologico e non ha idea di cosa stia parlando, gli basti sapere che in Italia c'è solo una sala che permette di fruire del film in queste condizioni: sto parlando della sala energia del cinema Arcadia di Melzo.
A due passi da Milano, c'è un cinema storico e per certi tratti unico in Europa. Come spesso accade, quando ci si trova nei pressi di un contesto speciale, l'atmosfera comincia a rarefarsi, come se nell’aria si percepissero degli odori diversi. In questo caso, oltre a delle sensazioni leggere, entrato nel cinema mi sono ritrovato letteralmente a volare e urlare come un bambino. Dai poster di "2001: Odissea nello spazio", a statue a grandezza naturale di guerrieri appartenenti a diversi generi (dai Na’Vi di Avatar alle tartarughe Ninja), a una bacchetta dal mondo di Animali Fantastici grande come uno scivolo d’acqua, la cosa che più mi ha stregato è stata vedere un proiettore al centro dell'androne. Un proiettore IMAX.
I proiettori... non sono proprio piccoli. Sono delle stanze in miniatura. Dei monolocali di immagini. Ecco, uno di questi monolocali riposa sereno al centro del corridoio principale del cinema, come se niente fosse, a rendere quasi inutile il pianoforte di fianco e che... bello, bellissimo… ma fa meno effetto.
Il cinema Arcadia è la casa del cinema.
Ero emozionato anche per altre ragioni, mentre aspettavo l'ingresso in sala. Altro fattore di emozione, le dimensioni surreali della sala dove sarei entrato, oltre i 500 posti. La fila arrivava dalle parti dei Na’vi alle parti del T-rex, per intenderci. T-rex? Si, c'era un T-rex a grandezza naturale. Aiuto. Eccolo qui.
Io ero lì per vedermi un film, del quale vi parlerò tra poco, ma prima fatemi dire due parole sulla sala.
Si tratta di una sala PLF (Premium Large Format). Dal punto di vista dell'audio, c'è una configurazione altrettanto unica, la più grande al mondo: Dolby Atmos - Meyer Sound. In cabina ci sono 4 proiettori: due digitali 4K Christie Digital con sorgente laser e due proiettori 70MM, un Cinemeccanica Victoria 8 con piatto e un Philips DP70. La sala ENERGIA è stata premiata come “Miglior Sala in Europa” (Premio ICTA, International Cinema Technology Association). Come vi dicevo, è davvero una sala unica in Italia, ma anche per gli Standard Europei siamo di fronte a qualcosa di unico. Tanto per darvi una dimensione: prendete una piscina, aggiungete 5 metri di lunghezza, e mettetela in verticale: ecco lo schermo della Sala Energia, con i suoi 30 metri di immensità, pronti a fagocitare colori e suoni.
LA PRE-PROIEZIONE
Sono un tifoso di calcio, e, vivendo a Roma, difficilmente dimenticherò la percezione che ho avuto la prima volta nella quale ho fatto l'ultima fila di scalini allo Stadio Olimpico di Roma e mi sono trovato davanti lo stadio, con una dimensione surreale, e uno spazio non calcolabile e non definibile da fuori. Entrare all’Olimpico è come varcare le colonne d’Ercole e atterrare dalle parti della costellazione di Orione. Ecco, la percezione che ho avuto girando l'ultimo angolo buio e affacciandomi alla sala, è stato questo. Stavo sul Titanic di terra. Non saprei come altro definirlo. Dovevo ancora iniziare la proiezione e già sapevo che, comunque sarebbe andata, avrei passato le due ore e mezza più belle della mia vita. Tanto per dare un'idea, il suono permeava così fisicamente l’aria che i giubbotti nelle scene più caotiche cadevano a terra. Ho dovuto mettere il cellulare in tasca dopo che tre volte mi è caduto per i tremolii. Una volta alzato, alla fine, tremavo come una foglia, la schiena in preda ad un massaggio sensoriale. In parte per la sala... in parte... per il film.... del quale proverò a dirvi la mia.
Per prepararmi a questa esperienza ho visto subito prima "Dune: parte uno", rimanendo esterrefatto. Non facevo che ripetermi: e questo è solo il primo. E questo è solo il primo. Questo è quasi “vecchio”, per i canoni dei film, sono passati più o meno 4 anni da una produzione e l'altra (non valuto il momento dell'uscita del film nelle sale, ma la produzione e pre-produzione, all'epoca condizionate dall'epidemia di Covid-19, non so se ne avete mai sentito parlare).
Ero convinto che avrei assistito a qualcosa di pazzesco, ero convinto che sarei riuscito appagato... ma avevo un certo nervosismo. Quella paura che aleggia ogni volta che associo a un prodotto la parola "Sequel". Scrivere che Dune 2 è un sequel è quantomai azzardato, riduttivo, narrativamente blasfemo io possa mai scrivere, ma affrontare due o tre film sullo stesso genere, sugli stessi ritmi, con alcune situazioni e tematiche che si potrebbero ripetere, è una sfida non da poco. Sono crollate storie enormi all'ombra del “Daje, il progetto è di tre film, il primo è andato bene, cosa può andare storto..."
Ok, se qualcuno di voi ha avuto la benché minima idea simile, e pertanto dubita che potrà godere della visione di qualcosa di nuovo, smettete di leggere questo articolo e fate il biglietto quanto prima.
Dune 2 è un'esperienza da accapponare la pelle.
Dune 2 è un'esperienza come non se ne vedevano da tempo.
Dune 2 è un'esperienza, punto.
Cosa lo rende unico? Tutto.
Fine dell'articolo, grazie per l'attenzione.
Approfondiamo? Ok, approfondiamo.
Per raccontare questo film pescherò dal mazzo delle immagini, per regalarvi alcune sensazioni che mi hanno restituito. Cercherò di prendere quelle più popolari, quelle che più affascinano me, che parlano a me di cinema e di emozioni. Per farlo, credo sia necessario partire da...
Harry Potter: il prigioniero di Azkaban. Per chi avesse visto almeno una volta questo film, ricorda una sequenza, che, agli occhi dei bambini che lo guardavano, io in primis, faceva gridare al miracolo della fantasia: Harry che cavalca l'Ippogrifo, esprimendo un senso di liberazione per la sua vita che è riassuntivo per il film e per il carattere di questo personaggio. La cosa che mi colpì allora, e che tuttora mi fa apprezzare questa scena come una delle mie preferite di tutta la saga, è il senso di realtà che mi trasmise, come il senso del movimento dell’animale e del volo. Vola Harry, e volo anche io. Perché parto da Harry Potter? Premesso che potrei associare anche la lista della spesa a Harry Potter, una delle clip più note di Dune 2, uno dei momenti più attesi da chi voleva vedere questo film è Paul che, come rito di iniziazione, si ritrova a cavalcare un piccolo verme delle dimensioni di 400 metri che solca le sabbie di un deserto infinito. Come. Diamine. Si. Può. Rendere. Reale. Una. Cosa. Del. Genere.
Io non lo so. Io non ne ho idea. Ma vi giuro che al termine della proiezione sono convinto che Villeneuve si sia rivolto a qualche scienziato e abbia creato una serie di vermi delle dimensioni di 10 campi da calcio messi insieme che ora scorrazzano tranquillamente sotto le dune del Sahara. Non ci sono delle spiegazioni diverse. Perché è vero. Il verme di 400 metri è vero, e nel corso del training in preparazione al ruolo Timothée Chalamet ha imparato a cavalcarlo. Il livello di realismo che ti restituisce una scena del genere è talmente tanto che, girandomi in sala vedevo sulle facce degli spettatori di fianco a me cinquanta sfumature di: "Ma che lo sto a vede davero?".
Ecco. La sintesi di questo film potrebbe tranquillamente essere: "Ma che lo sto a vede davero?". Perché l'unica risposta plausibile è: Si, "stacce". I vermi giganti esistono e ne vedrete a pacchi, anche sul finale del film, in una scena già anticipata dal trailer nel quale almeno 10 vermi emergono dal nulla e corrono verso lo spettatore in una moderna versione de: "L'arrivo del treno alla stazione", dei fratelli Lumière, con gli spettatori del 2024 che si domandano ancora una volta se sia il caso di spostarsi di fronte all'imminente arrivo di qualcosa di talmente sorprendente e talmente reale da rendere patetica la parola "finzione".
In questo parallelismo storico/filmico di omaggi, citazioni, reinterpretazioni della storia del cinema, ci sono alcune sequenze con una gradazione di bianco talmente forte e vivida da portare ad un bianco e nero surreale. C'è un'inquadratura in particolare che ricorda la storia del cinema e della politica globale, che ci riporta ai fausti di chi ha creato quella che oggi definiamo sintassi filmica, e sto parlando di David Griffith in "Nascita di una Nazione", con delle milizie di natura fascista che si avvicinano a una distruzione imminente di un popolo o di una cultura diversa. Di una terra.
E questo argomento, questa guerra intergalattica, che inevitabilmeente ci porta a pensare ai bombardamenti in atto anche ora che sto scrivendo queste parole, e ai cataclismi umani e morali che si stanno abbattendo in questa società che chiamiamo "moderna"... ecco... per tutto questo, in un certo senso, viene chiesto il conto anche a Villeneuve. Perché un regista come lui, in un film del genere, oggi, può dire la sua. E Villeneuve ha sintetizzato probabilmente tutto il suo dolore e tutto quello che riguarda il mondo di oggi, in una sequenza, in un'inquadratura dove, per la prima volta in due film, si vede del sangue sgorgare e colpire volti. Di uomini, donne, bambini. La scena non è cruenta, non lasciatevi intimorire. E' perfettamente all'interno di una narrazione di un film che non è per adulti. Ma c'è un'inquadratura che mi ha fatto accapponare la pelle in questo senso. Un volto di un bambino. Vivo, esterrefatto, col volto pieno di sangue e la consapevolezza che il mondo intorno a lui sia crollato per un motivo ignoto.
Dune 2 è un film di talmente tanti strati che si accavallano e si scambiano come un deserto vero e proprio, e vorrei scriverne per sempre. Purtroppo, per non tediare e rendere questo articolo infinito, voglio cominciare a mettere una sorta di freno, e concentrarmi su alcune interpretazioni.
La prima cosa che dico è che Austin Butler ha offerto una performance così senza senso, così pura, così brutale e viva da fartelo sognare la notte. E' un incubo di noi mortali, un dubbio irrisolto che abbiamo nelle nostre menti, un concentrato di irruenza e brutalità morale che attanaglia i nostri fegati e che cacciamo dentro di noi almeno una volta nella vita. E' un essere talmente inumano da fare il giro e mostrarsi nella sua umanità più totale. Mi ha devastato; Christopher Walken nei panni dell'imperatore è la storia del cinema che bussa alla porta e ti dice che puoi studiare il ruolo quanto vuoi, puoi esercitarti, puoi studiare gli strati del tuo personaggio e avere anche 100 monologhi per parlare di chi sei... ma con una faccia così ci nasci. Un personaggio come l'imperatore, dominato con 3 sguardi e altrettanti primi piani, fa stendere un velo pietoso sul duca Arkonnen che tenta pateticamente di ottenere un impero che non potrà mai raggiungere. Questo per la scrittura del ruolo del duca, non certo per l'interpretazione disgustosa, volgare, sporca e tumefatta che offre Stellan Skarsgard, alle prese con un ruolo complesso e fisicamente impegnativo (immaginate le ore di trucco e protesi necessarie ogni giorno, e aggiungete essere perennemente o quasi immerso in un liquido, o collegato ad un macchinario); Rebecca Ferguson compie una sorta di miracolo cinematografico, con un'evoluzione del personaggio surreale ma perfettamente lineare, e un monologo non detto ma raccontato solo attraverso uno sguardo che senza muoverci, cambia e cambia così il futuro della trilogia; Zendaya dà sfogo a tutta la potenza del suo volto, risultando sempre vera, autentica e con una carica di adrenalina da vera guerriera, nonostante abbia perennemente le iridi colorate e un tubo che le penzola dal naso; Javier Bardem offre il volto al fanatico perfetto, a tratti umoristicamente, a tratti violentemente, sbattendoci in fatta determinate realtà che abitano le nostre menti da secoli (sul discorso fanatismo apro un'ultima analisi a breve); su Timothée Chalamet ho poche parole. Se avevamo dubbi sulla sua possibile grandezza presente futura, a fronte di un'interpretazione del genere diventa grande. Si carica sulle spalle questo film come il suo Muaddib si carica sulle spalle l'eredità di una terra e un popolo che oggi è il suo... sempre verso e contro una... profezia.
Profezie. Dannate profezie, direbbe Chany (Zendaya); Benedette profezie, direbbe Stilgar (Bardem); benedette profezie e il potere che comportano, direbbe Lady Jessica (Ferguson), che fa una scalata di potere senza precedenti. Il discorso di questo eletto, questo dannato e benedetto eletto, e il discorso dei sogni da compiere (sul quale, dal punto di vista filmico dovrei e potrei fare dei parallelismi con registi che hanno fatto di questo concetto un cavallo di battaglia, e i cui citazioni ci sono, da Kubrick a Lynch a Tarkovskij), ma il discorso del fanatismo e di come queste profezie possano anche oggi cambiare le sorti del mondo mi ha stordito, guardando al nostro mondo e alle cose che accadono quando diamo retta a queste sensazioni, o un popolo vi ci avvicina troppo.
Parlare di Dune in un articolo non è una missione che sono in grado di compiere, mi scuso per la incompiutezza. Andatelo a vedere perché siamo di fronte a qualosa che non abbiamo mai visto, e che forse non vedremo fino a quando il buon Villeneuve lancerà nelle sale il terzo capitolo (E qui passatemi uno sfogo, ma ho letto recensioni di chi dice che è un film autoconclusivo.... ma lo avete visto come finisce o vi passate le stesse recensioni come i bambini a scuola???).
Grazie ad Arrakis e a chi lo ha reso vivo, a partire da un comandante, Villeneuve, che ha scritto ancora una volta il futuro del cinema e della narrazione. Spero di parlare di nuovo di questo film, e di invogliarvi a vederlo in una sala unica come quella del cinema Arcadia di Melzo.
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