\"La finestra sul cortile\" (1954) – Hitchcock e l’arte di guardare

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Il cinema è una macchina del tempo. Ogni film è una finestra su un’epoca, un riflesso delle idee, delle tecnologie e delle sensibilità artistiche che lo hanno generato. Guardando i film che hanno segnato la storia del cinema, possiamo osservare non solo l’evoluzione del linguaggio cinematografico, ma anche i cambiamenti culturali, sociali e tecnologici che hanno trasformato il modo in cui raccontiamo e viviamo le storie.

Ci sono film che hanno introdotto innovazioni tecniche rivoluzionarie, altri che hanno ridefinito il concetto stesso di narrazione. Alcuni hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare, altri hanno cambiato per sempre il modo in cui pensiamo al cinema. Ogni grande film è il risultato di un momento storico preciso, di scelte artistiche coraggiose e di attori, registi e sceneggiatori che hanno saputo trasformare il loro tempo in immagini indimenticabili.

Questa rubrica esplora quei film che, per un motivo o per un altro, hanno lasciato un segno nella storia del cinema. Opere che hanno cambiato il modo in cui il pubblico guarda il grande schermo, influenzato generazioni di cineasti e ridefinito i confini di ciò che il cinema può essere.

Il film di oggi è...

La finestra sul cortile (1955)

C’è un momento, in La finestra sul cortile (Rear Window, 1954), in cui il protagonista, Jeff (James Stewart), osserva il cortile da dietro il suo obiettivo fotografico. Guarda, ingrandisce, mette a fuoco, ma non si muove. È costretto all’immobilità, e quindi diventa spettatore. Ma uno spettatore con un privilegio: può vedere senza essere visto.


E in quel momento
Alfred Hitchcock non sta solo raccontando una storia: sta parlando di noi, del pubblico, del nostro desiderio di guardare le vite altrui, del nostro bisogno di essere coinvolti in ciò che è segreto, ambiguo, potenzialmente pericoloso.

La finestra sul cortile è uno dei film più celebrati del regista inglese, non tanto per la tensione (che pure c’è), ma per l’intelligenza con cui riflette sul cinema stesso, sull’atto del guardare come atto di potere e di desiderio. È una pellicola che trasforma un ambiente chiuso in un universo, e fa di una finestra l’equivalente di uno schermo cinematografico.

La trama: una stanza, un cortile, un sospetto

L.B. “Jeff” Jeffries è un fotoreporter con la gamba ingessata, immobilizzato in casa dopo un incidente sul lavoro. Vive in un appartamento al piano terra di un edificio newyorkese, affacciato su un cortile interno.

Per passare il tempo, osserva i vicini dalla finestra:


– una giovane ballerina sempre sola,
– una coppia anziana con il cane,
– una ragazza che sogna l’amore,
– una coppia in crisi,
– un uomo cupo e silenzioso: Lars Thorwald.

Jeff comincia a sospettare che proprio quest’ultimo abbia ucciso la moglie, scomparsa improvvisamente. I suoi amici – l’infermiera Stella (Thelma Ritter) e la fidanzata Lisa (Grace Kelly) – all’inizio sono scettici, ma poi iniziano a vedere indizi: rumori nella notte, oggetti nascosti, comportamenti ambigui.

Con la sola forza dello sguardo, Jeff prova a ricostruire cosa sia successo. Lisa, invece, decide di intervenire fisicamente, entrando nell’appartamento sospetto. Il climax si raggiunge quando Jeff viene scoperto da Thorwald, che entra nel suo appartamento. Segue uno scontro carico di tensione, che si chiude con l’arrivo della polizia e la conferma del delitto.

Il film termina con Jeff con entrambe le gambe ingessate… ma con Lisa al suo fianco, ancora più affascinante e determinata.

Un set che è un microcosmo

Uno degli aspetti più affascinanti del film è la sua unità spaziale: tutto si svolge in un unico ambiente. L’appartamento di Jeff e il cortile antistante diventano un teatro di vite parallele, osservabili ma mai completamente comprensibili.

Hitchcock fece costruire un gigantesco set negli studi della Paramount, con appartamenti veri e propri, tutti arredati, con impianti idraulici funzionanti e luci pensate per ricreare il ciclo giorno-notte. Questo cortile è un universo chiuso, ma al tempo stesso infinito nella varietà di storie che racchiude. Ogni finestra è una scena, ogni abitante un personaggio, ogni gesto un potenziale indizio.

È una costruzione narrativa e visiva che riproduce perfettamente l’atto del “guardare il cinema”: Jeff, fermo sulla sua sedia, guarda fuori. E noi guardiamo con lui.

Il tema dello sguardo: chi guarda chi?

Il vero centro tematico del film è lo sguardo. Jeff osserva, ma è anche osservato. Hitchcock ci mette subito in una posizione scomoda: ci fa diventare complici di un voyeur, ci spinge a condividere il suo piacere nello spiare vite altrui.

Non solo. Il regista suggerisce che guardare non è mai innocente: può essere interpretazione, giudizio, desiderio, ma anche violenza sottile. Jeff non interagisce con i vicini: li interpreta, li costruisce nella sua mente. Quando sospetta il delitto, non ha prove, solo deduzioni. Ma agisce. Guarda troppo, e il mondo esterno, prima o poi, guarda lui.

Questa dialettica è tutta dentro il linguaggio cinematografico: chi filma guarda, chi guarda è spettatore, ma nessuno è mai completamente neutrale. E Jeff, in fondo, è un regista: sceglie l’inquadratura, decide cosa raccontare, a cosa credere. È l’immagine perfetta di un pubblico che cerca nel film quello che vuole trovare.

La coppia Jeff–Lisa: tensione, ironia, maturazione

Un altro asse fondamentale del film è il rapporto tra Jeff e Lisa, che comincia in bilico. Lui è il classico uomo cinico, avventuriero, contrario all’idea di stabilità e matrimonio. Lei è l’eleganza assoluta: Grace Kelly interpreta una donna moderna, intelligente, piena di risorse, che però deve continuamente dimostrare di essere “adatta” al mondo di Jeff.

Nel corso del film, questa dinamica cambia: Lisa diventa sempre più attiva, prende iniziativa, si espone al pericolo. In un certo senso, è lei a meritarsi il ruolo da protagonista, mentre Jeff resta spettatore. È uno dei modi più sottili in cui Hitchcock ribalta le dinamiche di genere del cinema del tempo: la donna non è più oggetto di desiderio, ma soggetto dell’azione.

E Jeff, alla fine, comincia ad amarla non per la sua bellezza, ma per il suo coraggio, per il suo spirito. La relazione matura, si ricompone. E mentre lui dorme, lei legge un libro d’avventura… per poi passare a Harper’s Bazaar. L’equilibrio è stato raggiunto, ma senza sacrificare l’ironia del vivere insieme.

La tensione: costruzione perfetta

Come sempre, Hitchcock lavora sul tempo, sulla progressione delle informazioni. Il film inizia in modo lieve, quasi da commedia romantica. Ma lentamente, la tensione cresce, fino a diventare insostenibile nella sequenza dell’irruzione di Lisa nell’appartamento di Thorwald.

Il montaggio alternato – Jeff che osserva, Lisa che entra, Stella che guarda, lo spettatore che trattiene il respiro – è una lezione di costruzione del climax. Hitchcock riesce a fare tutto questo senza spargimenti di sangue, senza effetti speciali, usando solo tempo, spazio, ritmo e sguardo.

E quando Thorwald si volta e guarda direttamente verso Jeff – e quindi verso di noi – il film tocca il suo punto più inquietante. La finzione si rompe. Lo sguardo ritorna indietro.

Un film sul cinema, prima ancora che sul crimine

La finestra sul cortile è spesso definito un thriller, ma è molto di più. È una riflessione meta-cinematografica, una parabola sull’osservazione, sulla solitudine, sulla responsabilità di chi guarda.

Ogni appartamento nel cortile è una possibile narrazione: la ballerina che sembra felice ma è sola; la coppia anziana con il cagnolino che rappresenta l’amore fedele; l’uomo che suona il piano e riflette la malinconia dell’artista. Il crimine, alla fine, è solo uno dei racconti. Jeff li guarda tutti, ma non interviene mai, fino a che non è costretto.

E forse, in questo senso, La finestra sul cortile è anche una critica alla passività dello spettatore, che guarda e giudica, ma non agisce. Un monito sull’etica dell’osservazione.

Il film fu un grande successo di critica e pubblico. Ottenne 4 nomination agli Oscar, tra cui miglior regia, sceneggiatura e fotografia. È considerato oggi uno dei capolavori assoluti di Hitchcock, e un punto fermo nella riflessione sul rapporto tra cinema e sguardo.

Molti registi, da Brian De Palma a David Lynch, hanno citato o omaggiato questo film. Lo ritroviamo anche in chiave moderna in film come Disturbia, The Woman in the Window, o in numerose serie che lavorano sul concetto di "guardare da lontano".

Ma nessuno ha mai replicato l’equilibrio perfetto tra leggerezza e tensione, tra commedia e thriller, tra ironia e paura che Hitchcock riesce a costruire qui.

La finestra è uno specchio

La finestra sul cortile resta, oggi, uno dei film più intelligenti sul nostro modo di stare al mondo. Non parla solo di voyeurismo, ma del nostro bisogno di raccontare storie, di trovare un senso ai gesti degli altri, di immaginare trame dove forse ci sono solo vite silenziose.

Jeff è un testimone, ma anche un regista. E noi, come lui, siamo sempre lì: alla finestra di un film, pronti a guardare, a spiare, a interpretare. Con la stessa voglia di emozionarci, e lo stesso rischio di non accorgerci che, mentre guardiamo fuori, qualcuno potrebbe guardarci dentro.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com