Intervista a Rossella Leone

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Intervista a cura di...


~ LUCA FERDINANDI

PROLOGO


E' un sabato mattina particolarmente tempestoso, quando mi trovo a telefonare l'Attrice Rossella Leone per fare due chiacchiere sul suo spettacolo "Vita Da Attrice". Dello spettacolo (scritto con l'Artista e Autrice Giulia Galati, che ne cura anche la Regia) e delle sue tematiche avrete modo di leggere in abbondanza in questa intervista. Ma emergeranno anche delle tematiche più intime, più personali, che credo possano risuonare in tutti noi. "Voglio dire a me stessa, perché non siamo maestri di nessuno..." mi dirà Rossella, e me lo ribadirà più volte a chiare lettere: non si parla qui per assolutismi, non si parla per generalismi o per frasi fatte. Però allo stesso tempo credo che la nostra chiacchierata potrà dare qualche stimolo a tante persone: a chi coltiva un sogno, a chi lo sta accettando e ha quasi il timore di gridarlo a voce alta; a chi sta studiando giorno e notte per un esame o per una vita che sente non appartenergli, e vorrebbe volare presto per altri lidi. Ringrazio Rossella Leone per il tempo dedicatomi e invito tutti voi ad immergervi nel cosmo di questa professionista: donna, mamma, attrice, sognatrice.


E invito i palermitani a recuperare questo spettacolo quanto prima!


Buona lettura.

One Woman Show


Ci sono diverse cose del suo spettacolo che mi incuriosiscono, purtroppo non l'ho potuto vedere. Mi incuriosiscono molto le tematiche della vita d'attrice, di uno spettacolo che può essere così intimo e del fatto che sia un One Woman Show. Come sta andando, cosa ne pensa? Ha debuttato lo scorso anno, giusto?


Io l'anno scorso ho debuttato a Palermo, al teatro Agricantus, che è un tempio della Comicità. Io sono arrivata lì, con uno spettacolo sì comico, ma con dei risvolti molto toccanti, perché chiaramente quando si tratta di vita, in qualche maniera ci devono essere dei risvolti più intimi. Tra aneddoti divertenti, discorsi più personali, scappa anche la lacrimuccia. C'è un excursus, tra risate a squarciagola, tra aneddoti mostruosi di disavventure che mi sono capitate nella mia vita.


Immagino.


Sisi, e poi il pensiero di questa donna, questa mamma, che vuole realizzarsi, vuole realizzare un sogno, ma non vuole far mancare nulla alla casa, ai figli al marito... io non voglio mancare a nessun appuntamento. Sono nata donna, e nel momento in cui ho deciso di sposarmi, di fare dei figli, e sono arrivati dal cielo... non voglio perdere nessun appuntamento importante. Dalla colazione all'americana, con tutte le cose più buone, ai pranzi succulenti... ecco, sembra una cosa incredibile, ma lo faccio per davvero. Io quando vado a lavorare, prima di tutto preparo, surgelo, metto in forno... e mi sono ritrovata a vivere questo equilibrio tra mamma e donna che vuole vedere realizzati i propri sogni. Ho pensato di raccontare questa storia perché ci sono quelle donne che hanno realizzato i propri sogni salendo anche sopra alcune priorità, come la famiglia. Non le giudico. Non le giudico, hanno fatto una scelta. Io questa scelta non me la sono sentita di farla, ho cercato di fare entrambe queste cose, cercando di non toppare da nessuna parte. Anche quando fai l'attrice hai un impegno nei confronti di chi viene a teatro. Il pubblico ha delle aspettative. Io mi pongo dal lato dello spettatore. Io per tutto lo spettacolo sono dall'altro lato, per tutto il tempo. Quando sono salita la prima volta mi sono bevuta il cuore, me lo sono mangiato dall'emozione,


E' una sorta di meravigliosa forma di "senso del dovere artistico e umano", non so se è una definizione calzante...


No, è giusta, è corretta, anzi, grazie. Perché quando noi intraprendiamo un percorso, è giusto che ci domandiamo se possiamo farlo oppure no. E' giusto avere il coraggio, che non deve mai mancare. Ma quando si intraprende una strada bisogna sapere quali sono le conseguenze, e quindi organizzarsi. Non rinunciare. E quindi tra queste cose magari ho bruciato una focaccia nel forno, magari ho dato fuoco a un piatto... questo sono stata capace di fare, ma ero presente durante gli incendi.


Li accendeva erroneamente e li spegneva volontariamente.


Ho fatto tutto da sola, rimediato ai miei errori.

Un provino da incubo


Questo spettacolo ha una trama, senza spoiler di massa, che possiamo condividere?


Si! Certo! Allora, mi sono ispirata... a proposito di appuntamenti... a quell'appuntamento che tutti noi uomini, donne, abbiamo. Il lavoro: il colloquio importante per un lavoro importante. E io da attrice ho un provino importantissimo, il provino della mia vita, con il mio regista preferito. Per cui ho immaginato questo incontro, ho immaginato scrivendolo insieme ad una carissima amica, Giulia Galati. Abbiamo immaginato questo incontro, ed è stato ciò che poi è uscito fuori dallo spettacolo. Un delirio. Tra gag create dagli errori fatti davvero durante i provini quando ero ragazzina. Sai quei provini quando le dicono: "Le faremo sapere", ma non dicono: “QUANDO. Il mistero del buco nero nello spazio.

Nessuno l'ha mai saputo.


Ma chi l'ha inventata questa frase, ma cosa avevano in testa?


Perché: "Le faremo sapere?”; "Sei terribile"; "Vai a casa, ritirati...", non è più bello? Piuttosto che: "Le faremo sapere", che poi uno vive di attese, attese, lunghe... quindi ho aspettato una vita, anche quando ai tempi ho fatto un provino per questo film di Sergio Rubini. Non fu un errore suo ma mio. Perché quando arrivai da lui, avevo superato tutti gli step. Ormai ero dentro. Lui adesso la sa questa storia, ho avuto la possibilità di raccontargliela.

Io non sapevo che a questo step avrei incontrato lui. Nessuno me l'ha detto, e quando l'ho incontrato mi si è azzerata la saliva. Mi si è seccata la gola, non riuscivo a parlare. Quando mi ha detto: "Come ti chiami", io avevo l'elettroencefalogramma piatto. Niente, zero. E lui giustamente ha detto: "Ma questa se me la porto su un set che mi combina?";e quindi è finita la mia carriera, quel ruolo non è stato mio. Il film era "Tutto l'amore che posso", film che ho guardato mille volte, guardando la protagonista, ovviamente. Mi sono giocata quel provino per l'emozione. Poi, piano, piano, ho cercato di combatterla, e ho immaginato questo provino con Ozpetek...


Ahhh! Che è il suo regista preferito?


Devo dire che l'ho immaginato con Ozpetek perché è un nome difficile, e io con l'inglese sono una frana. E la prima volta in cui ho pronunciato questo nome ho sbagliato, e mi sono immaginata in questa situazione tremenda.


Quale sarebbe il suo regista preferito con cui fare un film, ammesso che non lo abbia già fatto? Lei ha un regista preferito in assoluto con cui vorrebbe lavorare oggi?


A me piacerebbe lavorare con... Jennifer Aniston. La mia Dea.


NOOO!


Io la amo. Soprattutto quando ha fatto "E alla fine arriva Polly". Diciamo che io sono quella, e Jennifer Aniston mi ha raccontato perfettamente. Da allora sono innamorata perdutamente di lei. In Italia il mio sogno proibito... (Rossella comincia a ridacchiare)


Proibito... Ma rendiamolo pubblico con questa intervista, glielo facciamo arrivare, non si preoccupi.


Rendiamo pubblico... Ovviamente Ozpetek. E Muccino.


Va bene, gli faccio arrivare l'intervista, poi vediamo...


Sisi, poi ci accordiamo su tutte le cose, i dettagli.

La lotta per il sogno


Vedo anche una sorta di ponte a livello emotivo, tra questi tre nomi. Un disegno suo personale.


Il mio sogno è comunicare qualcosa, è fare qualcosa. E' lasciare una traccia di me, sempre, ispirare delle persone. Voglio raccontare qualcosa di me e che possa coinvolgere le persone che mi guardano, anche a Teatro. Se mi dovessero chiamare per un ruolo da protagonista, e non mi riconosco... anche un ruolo che mi potrebbe dare fama e successo... Io non ci credo a questa fama e successo. Ti dico che per me è bello solo se posso lasciare un'emozione. Infatti quando mi ha chiamato Vincenzo Pirrotta... per fare "Spaccaossa". Difficilissimo, perché solo lui poteva affidarmi una cosa del genere, a me che faccio solo cose brillanti, comiche.


Glielo avrei chiesto, di questo ruolo.


Non capisco perché me lo abbia voluto affidare. E' pazzo. E' pazzo (Ridiamo sia io che lei). Ho fatto sempre cose comiche e brillante, per cui lui, che è una persona di una sensibilità... Io l'ho conosciuto poi.

L'ho incontrato per caso, avevo lasciato la macchina fuori posto, poteva essere presa da un carro attrezzi. Ero in un ufficio, correvo come una matta, avevo la mascherina, il cappellino, si vedevano solo gli occhi, e... avevo un obiettivo: lasciare i documenti e scappare alla macchina prima che la prendesse il carro attrezzi. Ecco, io ho incontrato lui con questo sguardo depresso, desolato, disperato. Lui mi guarda e fa: "Tu sei Patrizia. Tu farai Patrizia." Io lo guardo, e gli faccio: "No, Vincenzo, grazie di cuore ma... io, in questo momento, sto andando a recuperare la macchina. La stanno prendendo"; "No, tu sei Patrizia”. Lui era proprio invasato in quel momento: "Tu sei Patrizia!"


Non era una possibilità di rifiuto.


Non c'era possibilità di rifiuto! "Io non so se sono in grado di fare Patrizia", perché sapevo che stava scrivendo questo film molto importante su storie vere successe a Palermo, di gente che si faceva volontariamente spaccare le ossa. La dignità, poi, di conseguenza. In cambio di... di soldi. Qualcuno è morto, ci ha rimesso la pelle, e lì sono scattate le inchieste, fino ad arrivare ai colpevoli. Ma continua ancora questa storia. E' un ciclo ininterrotto. Quindi questa donna, che è la moglie della vittima, sono stata io. E io ho detto: "Scusami: io ho questa faccia perché sto correndo. Fammi fare sto provino, ti prego"; "NO!". E ho fatto il provino, con quella faccia che avevo in quel momento. Sai come si dice, di trovarsi al momento giusto al posto giusto? E' andata così.


Comunque è stata un'esperienza unica, drammatica, intensa. Un'esperienza nuova anche per lei, insomma.


Nuovissima, intensissima, è stato veramente molto toccante dentro la casa vera di questa gente, in un luogo dimenticato nel ventre di Palermo, dove sembra di essere in un'altra Nazione, non in un'altra Palermo. Ho fatto un viaggio e in 5 minuti mi sono trovata dentro una realtà nuova, mi sono sentita tanto triste, e devo dire che non sono servite, per piangere, le lacrimucce finte. Ho pianto tutto il tempo veramente di cuore. E' stato molto forte l'impatto su questo set. E Vincenzo Pirrotta è stato bravo a creare in noi l'intimità. Ci ha lasciato soli. A me, Filippo Luna, ricreare questo dolore. E devo dire nel rivedermi al cinema ho pianto ancora. Adesso dico, vorrei capire Muccino che ci deve fare con una che piange tutto il tempo. Ho bisogno di riequilibrare con la risata. Adesso in questo spettacolo, "Vita da Attrice", si ride e ci si emoziona. Ho capito che qua dentro potevo mettere entrambe le cose, dopo "Spaccaossa".


Bellissimo. Peraltro questo è uno spettacolo che parla del suo sogno e dei sogni.


Si, per il discorso che facevo prima. Io voglio lasciare qualcosa. E qui parlo di me che, a un certo punto da mamma... Ero ragazzina quando volevo fare l'attrice. E i miei genitori, imprenditori, sognavano per me una vita da imprenditrice. Ho studiato comunicazione, sono stata fuori al Nord, ho studiato tantissimo, mi hanno iscritto a Economia e Commercio. E' stata una cosa...


Drastica.


Drastica, per me. E devo dire che lavoravo come lavapiatti, di nascosto, entrando dalla porta del retro di questo pub, dove facevano spettacoli teatrali. Cabaret ecc. E io mi nascondevo, avevo paura che i miei genitori potessero vedermi. E io avrei fatto la cameriera. Avrei avuto contatti, avrei potuto vedere lo spettacolo. In questa maniera avevo la possibilità di guadagnare quei soldi che loro non mi davano, nonostante fossero benestanti. Ma mi servivano per studiare.


Sono queste le storie che uno racconta sul palco, quando si dice: "Prima di venire qui a far ridere, ad emozionare, c'è tanto vissuto personale".


Sicuramente lo abbiamo tutti un vissuto personale, non siamo persone piatte. E mi rivolgo alle persone che pensano: "Io questo sogno non l'ho mai realizzato". Non è mai troppo tardi perché mentre noi facciamo tante cose, in qualche maniera se ci pensiamo sempre quel sogno lo stiamo realizzando. Non lo chiudiamo nel cassetto, teniamolo accanto al cuore.


E' un messaggio necessario, coltivare un sogno deve essere l'obiettivo di un essere umano.


Io spero che il messaggio arrivi, soprattutto per le donne: quando diventiamo mamme abbiamo un ruolo fondamentale per la società, ed è bellissimo. Io voglio rinascere donna, perché ho scoperto che si possono fare entrambe le cose. Con grande fatica. Non manca la fatica, come non manca agli uomini la fatica, perché comunque la vita è fatta di tanti impegni. Un uomo però torna a casa e ha la moglie, i figli, la famiglia, trova tutto pronto... La donna invece torna a casa, e non smette mai di lavorare, per cui se ama quello che fa, tutto diventa meraviglioso, anche bruciare la famosa focaccia. Però essere lì, presente, e non perdere nessun appuntamento.


Prospettive interessanti


Questo è un One Woman Show, e penso che uno spettacolo del genere nasca anche sulla cucitura della regia e della scrittura. Le chiedo, chi è Giulia Galati, dal suo punto di vista?


Lei è un avvocato. Mi ha chiamato tanto tempo fa per fare un suo cortometraggio. Mi ha chiamata e non mi conosceva, è stata una specie di stalker, ha avuto il mio numero di telefono. Non so come è arrivata a me, e da allora non ci siamo più lasciate. Tra l'altro raccontava una sua storia vissuta da vicino, e in questo suo cortometraggio sono stato felice di esserci. Dopodiché abbiamo chiacchierato tantissimo ed è nata l'idea di questo spettacolo, che nella mia testa c'è sempre stato. Mancava il coraggio. Ci voleva un'altra donna che mi dicesse: "Puoi farcela". Giulia Galati è donna, mamma, moglie impegnata attivamente come avvocato, ed è anche una brava autrice e regista. Non poteva che essere lei a scrivere con me questa "Vita da Attrice" fatta di mille salti mortali per far quadrare tutto, e lei, di salti mortali e giochi quasi di prestigio ne è maestra!

Poi abbiamo continuato, e abbiamo fondato insieme un'Accademia di recitazione, dove facciamo scuola di recitazione teatrale e cinematografica.


A Palermo, giusto?


Si! Dove io, al solito mio, non faccio l'insegnante, ma mi metto nei panni di uno studente. Immaginando me da ragazzina, che non ho studiato, che cosa avrei voluto avere. Siccome ho girato tantissimo, ho pensato: "Vorrei avere una realtà a casa, senza dover andare di nascosto con i treni, come ho fatto io, con i miei genitori". E quindi nella nostra accademia, che si chiama ATA Lab Academy ci sono tantissime persone che entrano, che fanno Workshop: è venuto Francesco Amato, Francesco Scianna, avremo tra poco Edoardo De Angelis... E' la casa di tutti gli artisti, quando vogliono fare self-tape...


Una casa per attori.


Una casa per attori per crescere in questo settore, senza aspettative, perché l'aspettativa è la cosa che distrugge, che fa male. Intanto si viene ad imparare una cosa, che è sempre utile. Già solo mettersi nei panni di qualcuno oggi è utile. Perché siamo concentrati tutti su noi stessi, sul nostro mondo, sugli errori degli altri... o sulle gioie, vivendole, senza subirle. E' qualcosa di importante. Dovrebbero farlo nelle scuole. Non è che dobbiamo conoscere ogni materia, attenzione. Ma sono scintille, gli insegnanti. Dei contadini, che lasciano un semino. Se sono in grado di far attecchire questo semino al terreno, magari avranno di fronte a loro degli allievi che andranno ad approfondire, ad amare e a far diventare quello il loro mestiere. Ci deve essere voglia di fare, e di non scoraggiarsi di fronte agli ostacoli. Io ne conosco di bravissimi. E dico, ma perché. In accademia non creiamo dei mostri, trasmettiamo un amore per conoscerlo, e per metterlo in pratica nella vita di tutti i giorni.


Su questo argomento che vita pubblica (professionale, performativa, lavorativa), si interseca con il discorso che riguarda la casa, la famiglia, quindi il mondo privato...


Si, si.


C'è un detto, che ogni tanto mi è stato raccontato, ovvero che è molto complicato per due persone lavorare nello stesso ambito e condividere sia il lavoro che le mura domestiche. Per lei e suo marito è complicato?


Nono, assolutamente, ci confrontiamo tantissimo. Ci confrontiamo tantissimo. Quando c'è da preparare qualcosa siamo ancora più uniti. Quando si lavora insieme, si lavora insieme, ma... quando invece si fanno cose separate... Ora perché i ragazzi sono grandi, ma a me è capitato il mio agente che ha telefonato e mi ha detto: "Rossella, ti hanno scelto per fare questo film". Io non ho chiesto che ruolo era, quante pose, ho detto: "Ok, guarda un momento l'agenda di mio marito. C'è a casa in quel momento?” "No"; al che ho detto: "Non mi dire nient'altro Attilio, non lo posso fare." La vita da attrice è un po’ il riassunto di persone che fanno non solo lo stesso lavoro, ma che hanno a cuore le stesse cose: lavoro e famiglia.


C'è una citazione che ho colto: "Senza alcun tipo di pregiudizio, mi rendo conto che noi donne siamo quotidianamente vittime di noi stesse, perché vogliamo far sempre quadrare tutto, anche a costo di quadrupli salti mortali. Non demandiamo mai nulla, ma anzi occupiamo orgogliosamente quel posto di comando che la famiglia di stampo matriarcale ci riserva". E' una citazione molto bella che lei mi ha già raccontato numerose volte nel corso di questa intervista. C'è un messaggio che sente di mandare nello specifico alle donne, sia come professioniste, che come donne in generale?


Voglio dire a me stessa, perché non siamo maestri di nessuno, e lo racconto in questo spettacolo, e spero che magari possa arrivare ad altre donne, di non preoccuparsi di cadere, di fare un errore. Si cammina cadendo, i bambini imparano cadendo, e io piano piano ho imparato a trovare il mio equilibrio, fatto di quadrupli salti mortali, perché a volte esco con un occhio truccato e l'altro no. Ma questo fa parte di me. Fa parte di noi il signor Errore che entra nella nostra vita, e invece di guardarlo con paura, possiamo guardarlo con un sorrisino e l'occhio strizzato, e dire: "Benvenuto signor Errore, io vivo con te, viviamo insieme", ma non ci deve fare male. Non ci dobbiamo preoccupare della perfezione, la perfezione non esiste. Tanto la giornata dei calzini spaiati l'avremo sempre.


QUELLA DOMANDA CHE...


Per l'intervista sono abbondantemente contento. Però ho una domanda nel cassetto.


Apriamo questo cassetto!


E' una domanda che mi piace fare al termine di ogni intervista: qual è la domanda più bella che non le hanno mai fatto? Lei me la dice, io gliela ripeto e faccio bella figura con l'intervista.


Gigi Marzullo! Fatti una domanda e datti una risposta!


Lo sa che è la seconda volta consecutiva che mi dicono questa cosa... C'è qualcosa di bellissimo di cui vorrebbe parlare?


Se mi lasci un attimo riflettere posso dirti che... la domanda più bella è... Ok, ti dico questo. Ti dico che in questo momento, se potessi fare tutto quello che voglio, vorrei darti la notizia da giornalista internazionale, che c'è stato un blackout, è successo qualcosa: hanno liberato tutti gli animali che sono nel circo; hanno liberato tutti gli animali negli allevamenti intensivi; le persone non vogliono mangiare per forza il frutto della sofferenza, ma si accontentano di mangiare da allevamenti controllati; si accontentano di pagare qualcosina in più; soprattutto la gente è cambiata rispetto anche a ciò che sta accadendo: case farmaceutiche che si arricchiscono se muore l'ammalato... Questa è una battuta che hanno fatto Ficarra e Picone che mi piace tantissimo. Loro hanno raccontato in un congresso di medicina: le case farmaceutiche quando il malato è in agonia. Se muore, non guadagnano. Se guarisce, non guadagnano. Quindi il segreto è tenerli in agonia. Mi piacerebbe vedere persone che davvero si arricchiscono sulla salute. Ma sulla salute. Io pagherei anche la “tassa”, e forse avremmo più salute. Se fosse una domanda possibile, io vorrei dire, dall'alto di un capo di stato: "Hanno fatto il cessate il fuoco, hanno trovato l'accordo, state tranquilli".


La domanda non l'ho potuta articolare, ma la ringrazio per questa risposta perfettamente in linea con il suo pensiero e con questa intervista.


Il mio pensiero è vedere negli altri noi stessi.


Grazie di cuore per questa bellissima chiacchierata.


Grazie a te, Luca!


THE END

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