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~ LA REDAZIONE DI RC
Perfetto, eccoci di fronte a uno dei momenti più intensi del film Isola Nera. Questo monologo di Helena è la chiave di volta che spalanca definitivamente il sottotesto del film, trasformando il thriller psicologico in un vero e proprio dramma familiare sepolto sotto anni di silenzio e rimozione. Qui Helena smette i panni ambigui dell’insegnante affascinante e si mostra per quello che è: una donna segnata da un passato mai risolto, guidata da un desiderio di vendetta costruito su un dolore antico e radicato.
MINUTAGGIO: 1:24:05-1:27:21
RUOLO: Helena Jung
ATTRICE: Alice Dwyer
DOVE: Netflix
Shhh. Stai tranquillo. Il dottore ha detto che non puoi ancora parlare, perché ti sei morso molto forte la lingua, e le tue funzioni motorie sono molto limitate per via della crisi. Ma ti riprenderai. L’importante è che tu possa vedermi. E sentirmi. Ti ricordo lei, quando mi guardi? Mia madre ti amava molto. E quando era incinta di me credeva davvero che tu avresti scelto noi. Però la abbandonasti. Ricordo come fosse oggi, quando scendemmo dal traghetto. Ero davanti a te. Ci hai semplicemente mandate via. La mamma mi portò in spiaggia. Si sforzava di nascondere le lacrime, ma i suoi occhi non mentivano. Era così disperata. Si sentiva vuota… Mi fece sedere sulla sabbia e mi disse di aspettare. Voleva parlare ancora con te, ma non ritornò più. Rimasi lì per ore. Tutta la notte, fino all’alba. Ero solo una bambina. Arrivarono i pescatori, la polizia… c’erano luci blu e sirene ovunque. Trovarono il suo cadavere in mare. Tu quella notte l’ ammazzassi. Non temere. Non desidero ucciderti. Ma mi prenderò quello che ami di più. Proprio come tu hai fatto con me. L’unico rimasto ancora in vita è Jonas.
"Isola Nera" è un film tedesco del 2021, prodotto da Netflix, dal titolo originale Schwarze Insel, diretto da Miguel Alexandre. A prima vista può sembrare un thriller adolescenziale con tinte noir, ma c’è qualcosa di più nascosto sotto la superficie. La storia gioca con le dinamiche classiche del mistero e del dramma psicologico, incastrandole in un ambiente isolato, quasi asfissiante, dove tutto sembra sotto controllo… almeno all'apparenza.
Siamo su un'isola fittizia nel Mare del Nord. La storia ruota attorno a Jonas, un ragazzo adolescente rimasto orfano dopo un tragico incidente automobilistico che uccide i suoi genitori. Dopo il trauma, viene accolto e cresciuto dal nonno, Friedrich Hansen, un insegnante in pensione. Già da qui si avverte un dettaglio importante: il protagonista viene cresciuto da un’autorità maschile che rappresenta rigidità, educazione e silenzio. La madre, scrittrice, muore troppo presto per trasmettere la sua sensibilità artistica.
Jonas è un ragazzo silenzioso, introverso, e come spesso accade nei racconti di formazione incorniciati nel mistero, inizia a essere affascinato da una figura esterna al suo contesto: Helena Jung, la nuova professoressa di tedesco. Giovane, elegante, misteriosa, Helena rompe la routine dell'isola e, lentamente, costruisce un rapporto sempre più ambiguo con Jonas. All’inizio sembra che lei voglia solo aiutarlo, ma il film inizia a far percepire allo spettatore che dietro il suo comportamento c’è qualcosa di molto meno innocente.
Il cuore della trama si regge su questo rapporto: il legame professoressa-allievo che si tinge di eros, manipolazione e ossessione. Helena lo seduce e lo coinvolge, ma nel frattempo succedono eventi strani e inquietanti. Alcune persone iniziano a morire, emergono verità nascoste, e Jonas comincia a scoprire che la sua famiglia custodiva segreti sepolti sotto anni di silenzio.
"Shhh. Stai tranquillo. Il dottore ha detto che non puoi ancora parlare..."
L’apertura è apparentemente dolce, ma suona sinistra. Helena si prende cura della vittima, ma in realtà sta solo creando il contesto perfetto per la sua vendetta. Il silenzio forzato dell’altro le permette di avere il completo controllo della scena: è un monologo in senso stretto, ma anche una forma di dominio.
"Ti ricordo lei, quando mi guardi?" Qui Helena inizia a confondere i ruoli: si propone come eco della madre, come figlia, ma anche come testimone. L’ambiguità è forte: lei si identifica nella madre ma contemporaneamente prende il suo posto, portando avanti la sua "vendetta". "Ci hai semplicemente mandate via. La mamma mi portò in spiaggia..." Questo passaggio è il cuore emotivo del discorso. È il racconto di un trauma infantile narrato in modo nitido, asciutto, senza sovrastrutture. L'immagine della bambina lasciata sola sulla spiaggia per un'intera notte è devastante. Non c’è bisogno di enfatizzarla: la potenza sta proprio nella semplicità con cui viene descritta.
"Trovarono il suo cadavere in mare. Tu quella notte l’ammazzasti." Qui Helena formula l’accusa più diretta: parliamo di un omicidio, ma più che l’atto fisico, è il gesto simbolico dell’abbandono a essere il vero delitto. Non sappiamo se Friedrich abbia davvero spinto la donna in mare, ma per Helena non c’è dubbio: lui è responsabile.
"Ma mi prenderò quello che ami di più... Jonas." E qui arriviamo alla motivazione. Tutto quello che Helena ha fatto – sedurre Jonas, entrare nella sua vita, manipolarlo – ha uno scopo chiaro: vendetta. Non per ottenere giustizia, ma per riequilibrare un dolore. Non vuole uccidere Friedrich, vuole farlo soffrire come ha sofferto lei. Vuole che viva quello che lei ha vissuto: la perdita di chi ami di più.
Questo monologo cambia la natura di Helena davanti ai nostri occhi. Non è più solo una manipolatrice fredda e calcolatrice: è una figlia ferita, cresciuta in un’assenza. E la sua vendetta, per quanto disturbante, è perfettamente coerente con il percorso emotivo che ha subito. Ciò che colpisce è come riesca a mantenere il controllo del tono, la calma nella voce. Questo la rende ancora più inquietante, ma anche tragica.
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