Kontent Kreator Karlotta: la verità non si guarda allo specchio

Chiunque si sia approcciato allo studio della recitazione non può non essersi confrontato con l’indispensabile ed essenziale ricerca della “verità”.

Io personalmente ho studiato recitazione per diversi anni da autodidatta e ho incontrato questo concetto per la prima volta con La mia vita nell’arte di Konstantin Sergeevič Stanislavskij. Qualche mese fa mi sono finalmente iscritta ad un corso di recitazione e già dalla seconda lezione è accaduto qualcosa che non potevo ignorare, come aspirante attrice, come artista e come persona.

Dopo aver interpretato un monologo che avevo preparato da sola, l’insegnante ha detto che non mi credeva. Ecco, sbam, sono stata messa davanti alla “verità”.

All’improvviso tutto ciò che avevo letto in autonomia è diventato concreto davanti a me, cominciavo a capire verso dove andare come attrice. Non solo, è successo qualcos’altro ed è ciò di cui voglio parlarvi oggi.

Come si è parlato di “verità” ho sentito in modo chiaro dentro di me una presa di consapevolezza, una rivoluzione epistemologica: io non potrò mai offrire nulla di vero fino a che continuerò a preoccuparmi di come appaio.

Come potrei stare nel personaggio se sono preoccupata di altro?

Mi spiego meglio, lavorando come content creator da anni, il modo in cui mi vedo si è inevitabilmente deformato. Attenzione eh, ci tengo, sui social mi sono sempre mostrata con sincerità e in diverse vesti, non ho mai mostrato qualcosa che non fosse reale.

Ma… Per quanto fosse reale, quel qualcosa era accuratamente selezionato. Certo, nessuno di noi condividerebbe proprio la foto in cui è venuto peggio (a meno che non sia il suo scopo); insomma, la selezione di cosa condividere del proprio aspetto sicuramente è stata affrontata da ognuno di noi.

Ma lavorare per anni con la propria immagine comporta una selezione di quest’ultima ripetuta più volte al giorno e quasi ogni giorno.

Non si tratta di mera vanità o di superficialità, si tratta di creare qualcosa in modo coerente alle immagini che ho nella mia testa e alle preferenze del mio pubblico.

Mi accorgo che stando in un certo modo, i vestiti possono creare una piega che risulta antiestetica, quindi cerco di evitare quella posizione per i prossimi contenuti.

Scopro che il mio viso mi piace molto fotografato da determinate angolazioni, perché sceglierne altre? In tutto questo non c’è niente di male, penso sia giusto volersi valorizzare con serenità e consapevolezza. Ma mi sono resa conto che per me c’è qualcosa di male nel momento in cui questo universo artistico di creazione dei contenuti toglie qualcosa a quello della recitazione.

Influenzata dal mio essere “influencer”, a volte mi dimentico che verità è anche essere brutte, verità è l’angolazione da cui non amiamo farci fotografare, verità sono tutte quelle forme reali che il nostro corpo assume quando è vero, vivo e si muove, verità è essere senza preoccuparsi di come si è.

Verità è ciò che l’anima sputa e l’anima non si guarda allo specchio.

Certo, verità è anche voler essere belle ed esserlo, ma essere belle non vuol dire stare in posa. Può volerlo dire se sto pubblicizzando un vestito su Instagram, ma non se sto recitando. Chissene frega dell’estetica? No! È molto importante inserita in un determinato quadro artistico, in quanto “aspetto visivo” coerente al progetto. Ma ci sono altri professionisti che si occupano di ciò con trucco, costumi, luci e via dicendo, non se ne deve preoccupare l’attore.

L’attore deve essere e non preoccuparsi di come sembra. Questo secondo me e secondo la concezione di “attrice” che io voglio essere, poi non so, io sono solo un’aspirante attrice. Questo non lo vivo come un limite insuperabile, ma prendo consapevolezza del fatto che esista e queste deformazioni le devo dimenticare quando recito.