Il monologo del DJ di Radio Caos: ritmo e identià in \"3 metri sopra il cielo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo del DJ che sentiamo a FM 107.3, Radio Caos è unmomento che passa veloce ma che ha dentro un messaggio chiaro: la musica come bussola interiore. La voce alla radio diventa una guida, una specie di sciamano metropolitano che, tra un beat e l’altro, ci sussurra qualcosa su chi siamo, sul nostro ritmo personale, sul caos che ognuno porta dentro. Uno start curioso per “3 metri sopra il cielo”.

Ciao Enea

MINUTAGGIO: 00:10.2:18

RUOLO: DJ Bu$

ATTORE: -

DOVE: Netflix

ITALIANO

Ecco così, non toccarla più. Lasciala stare così com’è. Questa è la tua stazione. FM 107.3. Radio Caos. Il resto è rumore bianco. BPM, Beats per minute, battiti al minuto, senza sosta. Tieni il ritmo, la puntina scorre sulla traccia. Jungle: 170 bpm. Techno, 140 bpm. House: 120 bpm! Quello che preferisco sta tra i 60 e i 90, quello che devi sempre fermarti ad ascoltare, quello che ti dà il ritmo e ti fa girare la testa se sale a 120. Il battito su cui si basano tutti i battiti del mondo. Il bpm del cuore. Ascoltalo fratello, è la tua traccia personale. Non smettere mai di ballarci sopra. A volte stagli dietro, altre volte avanti, ma non smettere mai di sognare nuovi suoni, campionare nuovi beat, nuovi rombi di motore da mixare con i suoni del caos che ti senti dentro. Ridi, fratello, FM 107.3. Radio Caos. Il tuo BPM.

3 metri sopra il cielo

"3 metri sopra il cielo", diretto da Luca Lucini e tratto dall'omonimo romanzo di Federico Moccia, è uscito nel 2004 e rappresenta una tappa piuttosto particolare nel panorama del cinema sentimentale italiano dei primi anni Duemila. Non tanto per la struttura narrativa — che segue un impianto piuttosto classico da “love story giovanile” — quanto per l'impatto che ha avuto sulla cultura popolare: poster nelle camerette, frasi citate nei diari, scooter truccati e giacche in pelle che sono diventati simboli. Il cuore del film è la storia d’amore tra Step (Riccardo Scamarcio) e Babi (Katy Louise Saunders), due adolescenti che appartengono a mondi opposti. Lui è il classico ragazzo “problematico”, vive la strada, si porta dietro una rabbia sotterranea che non viene mai davvero spiegata, ma che si intuisce come frutto di una famiglia difficile e di una società che lo etichetta in automatico. Lei, invece, viene da una famiglia borghese, studia in una scuola privata, ha un'immagine da ragazza “perfetta”, educata, incasellata in un’idea di femminilità ordinata e compiacente.

Il primo incontro è quasi da copione: lui spavaldo e provocatorio, lei infastidita ma incuriosita. La scintilla non è tanto nella loro affinità, ma nello scontro tra i loro mondi. Inizia così una relazione fatta di fughe, corse in moto, gelosie, risse, baci rubati, e una continua altalena tra attrazione e disillusione. A fare da sfondo ci sono gli amici di Step (Pollo, interpretato da Mauro Meconi) e la migliore amica di Babi (Pallina, interpretata da Maria Chiara Augenti), personaggi secondari che diventano importanti proprio perché riflettono i rischi di una vita vissuta a cento all’ora, senza filtri. C’è anche il tema della morte che entra a gamba tesa nella seconda parte del film, a spostare il baricentro emotivo: un evento traumatico che mette in crisi l'intero impianto emotivo della storia.

Analisi Monologo

"Ecco così, non toccarla più. Lasciala stare così com’è." L’attacco è intimo, quasi fisico. Sta parlando di una puntina su un vinile, ma sembra parlare di qualcosa di molto più profondo: non toccare quel momento, non rovinare quella connessione. La stazione è trovata, la sintonia c’è, non serve sistemare altro. Già qui si insinua un primo sottotesto: quando trovi qualcosa che vibra con te, resta lì. "Il resto è rumore bianco." Frase potentissima. Il “rumore bianco” è ciò che copre, che confonde, che fa da sfondo. È il mondo esterno, le distrazioni, le aspettative, il chiacchiericcio costante. L’unica cosa che conta è la tua frequenza. La tua voce interiore. Il tuo ritmo.

"Jungle: 170 bpm. Techno, 140 bpm. House: 120 bpm..." Qui si entra nel cuore tecnico del discorso. Ma non è un elenco casuale. Sta mostrando una discesa, una scala che va verso l’interno. Dai generi più frenetici a quelli più morbidi. E poi arriva il vero punto: "Quello che preferisco sta tra i 60 e i 90... il bpm del cuore." Ed eccolo il passaggio chiave: il DJ smette di parlare di musica e inizia a parlare di essere umano. Il battito del cuore diventa l’unità di misura di tutto il resto. Non è una metafora buttata lì, è una riformulazione del concetto di ritmo: tutto parte da lì. Tutta la musica, tutta la danza, tutta la vita. Quel range tra i 60 e i 90 bpm è il tuo tempo naturale, ed è anche quello che ti fa “girare la testa” quando accelera. Quando ti innamori, quando hai paura, quando senti qualcosa davvero.

"È la tua traccia personale." Questo è il momento in cui il monologo smette di essere radiofonico e diventa esistenziale. Il DJ ci dice: segui il tuo ritmo, non quello che ti impongono. Campiona la tua vita. Mescola suoni reali e sogni, motori e caos interiore. "Ridi, fratello..." Un piccolo gesto finale. Dopo tutta questa intensità, una risata. Non una risata leggera, ma un invito a non prendersi troppo sul serio, a danzare anche nel casino. A trovare bellezza nel rumore.

Conclusione

Il monologo del DJ a Radio Caos, in pochi secondi, trasforma un dato tecnico (i BPM) in una lente con cui guardare la vita. Non esistono bpm giusti, solo quelli che ti fanno battere il cuore. E il messaggio è chiaro: ballaci sopra, anche se inciampi. Registra, campiona, mixa. Trasforma il caos in musica. E non spegnere mai la radio.

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