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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Nathan Shelley segna uno dei momenti più drammatici e dolorosi di Ted Lasso: la rottura definitiva tra Ted e colui che un tempo era il suo più grande sostenitore. Nathan è il personaggio che ha subito forse la trasformazione più radicale all’interno della serie, passando da timido magazziniere a vice-allenatore, fino a diventare un antagonista pieno di rancore. Questa scena è fondamentale perché mostra quanto sia profonda la frustrazione di Nate nei confronti di Ted. Il monologo è un’esplosione di sentimenti repressi: rabbia, delusione, insicurezza. Nate si sente tradito e abbandonato, e il modo in cui esprime questa sofferenza è un riflesso delle sue insicurezze più radicate.
STAGIONE 2 EPISODIO 12
MINUTAGGIO: 32:13-33:55
RUOLO: Nathan Shelley
ATTORE: Nick Mohammed
DOVE: Apple TV
INGLESE
You wanna know what you did? Okay. I'll tell you what you did. You made me feel like I was the most important person in the whole world. And then, you abandoned me. Like you switched out a light, just like that. And I... I worked my ass off, trying to get your attention back. To prove myself to you. To make you like me again. But the more... the more I did, the less you cared. It was like I was fսck¡ng invisible. You haven't even got the photo I gave you for Christmas up in your office. Just a picture of dumb Americans. Now you're gonna play Nate's false nine, so when the team fսck up, which they will, hey, you can blame it on me. Well, no. fսck that. Everybody loves you. The Great Ted Lasso. Well, I... I think you're a fսck¡ng joke. Without me, you wouldn't have won a single match. They would've shipped your ass back to Kansas, where you belong. With your... With your son. 'Cause you... you sure as hell don't belong here. But I do. I belong here. This didn't just fall into my lap, all right? No, no. You know what? You're full of sh¡t. Just fսck you, Ted.
ITALIANO
Che cosa hai fatto? Ok? Ti dirò che cosa hai fatto. Mi hai fatto sentire come se fossi la persona più importante del mondo, e poi mi hai abbandonato. Come se avessi spento la luce, e io mi sono fatto il culo per riavere la tua attenzione, per mostrarti il mio valore, per piacerti ancora. Ma più facevo, meno ti importava. Era come se fossi invisibile. NOn hai messo la foto che ti ho regalato in ufficio, solo stupidi americani. Ora giochi… “Il falso Nueve di Nate”, e quando faranno cazzate, sarà colpa mia? Beh, no, vaffanculo. Tutti ti adorano. Il grande Ted Lasso. Beh, io penso che tu sia un gran ciarlatano. Senza di me non avresti vinto una sola partita, e ti avrebbero rispedito in Kansas da tuo figlio, perché tu… tu di certo non meriti di stare qui. Ma io si. E’ casa mia. Questo non mi è caduto dal cielo, ok, me lo sono meritato. Tu dici solo delle cazzate. Vaffanculo Ted.
"Ted Lasso" è una serie che, sotto l'apparenza di una commedia sportiva leggera, si rivela una narrazione stratificata e ricca di sfumature emotive. Creata da Bill Lawrence, Jason Sudeikis, Joe Kelly e Brendan Hunt, la serie ha debuttato su Apple TV+ nel 2020 e si è rapidamente imposta come un prodotto capace di bilanciare umorismo, introspezione e crescita personale.
La storia segue Ted Lasso (Jason Sudeikis), un allenatore di football americano ingaggiato per allenare una squadra di calcio inglese, l’AFC Richmond, nonostante non abbia alcuna esperienza nel calcio europeo.
L’assunzione non è casuale: Rebecca Welton (Hannah Waddingham), la nuova proprietaria del club, vuole distruggere la squadra come vendetta nei confronti del suo ex marito, il precedente proprietario, e pensa che assumere un allenatore incompetente sia il modo migliore per farlo.
Ted arriva in Inghilterra con un atteggiamento genuinamente positivo e un approccio fuori dagli schemi. Nonostante il cinismo iniziale di stampa, tifosi e giocatori, il suo metodo si basa sulla costruzione di fiducia e sul rafforzamento dell’identità della squadra, più che sulla tattica. Nel corso delle tre stagioni, la narrazione si sviluppa non solo attorno alle dinamiche sportive, ma anche ai percorsi di crescita personale dei personaggi.
Prima stagione: accettare il cambiamento
L’inizio è segnato dal contrasto tra l’ottimismo quasi ingenuo di Ted e la freddezza dell’ambiente calcistico britannico. All’interno della squadra, il capitano Roy Kent (Brett Goldstein), un veterano dal carattere burbero, e la giovane star Jamie Tartt (Phil Dunster), arrogante e talentuoso, rappresentano due poli opposti della leadership sportiva. Ted, con il suo metodo poco convenzionale, guadagna gradualmente il rispetto del gruppo, in particolare dell’insicuro Nathan Shelley (Nick Mohammed), inizialmente magazziniere, che Ted promuove a vice-allenatore.
Parallelamente, Rebecca, inizialmente intenzionata a sabotare Ted, si ritrova a cambiare idea, grazie anche all’amicizia con Keeley Jones (Juno Temple), influencer e fidanzata di Jamie, che evolve da semplice presenza mondana a figura chiave nella gestione del club. La stagione si conclude con il Richmond che retrocede, ma con una squadra più coesa e un’idea chiara su come ripartire.
Seconda stagione: affrontare i demoni interiori
Se la prima stagione esplora l’adattamento di Ted a un nuovo mondo, la seconda va più in profondità nel lato emotivo dei personaggi. Ted, nonostante la sua positività, inizia a mostrare segni di attacchi di panico, rivelando un lato più vulnerabile. Il tema della salute mentale prende il centro della scena con l’introduzione della psicologa dello sport Dr. Sharon Fieldstone (Sarah Niles), che sfida Ted a confrontarsi con il dolore irrisolto del suo passato, in particolare la morte del padre.
Nathan, da umile assistente insicuro, diventa sempre più ambizioso e rancoroso, sentendosi trascurato da Ted e sviluppando un’invidia crescente. Il suo arco narrativo culmina con il tradimento, quando lascia il Richmond per unirsi al West Ham, ora di proprietà dell’ex marito di Rebecca.
Intanto, Roy Kent, ritiratosi dal calcio giocato, trova una nuova dimensione come allenatore e partner di Keeley, mentre Jamie, dopo un periodo di crisi, cerca di maturare e diventare un giocatore meno egocentrico. La stagione chiude con tensioni irrisolte e un Richmond pronto a tornare in Premier League.
Terza stagione: chi siamo veramente?
La stagione finale affronta le questioni identitarie di ogni personaggio. Ted deve decidere se restare o tornare negli Stati Uniti per stare con il figlio. Nathan, dopo aver raggiunto il successo al West Ham, si rende conto di aver perso il senso di sé nel suo desiderio di affermazione. Rebecca riflette sul suo ruolo nel club, mentre Roy e Keeley affrontano le difficoltà di una relazione in continua evoluzione.
Sul piano sportivo, l’AFC Richmond, dato per sfavorito, diventa una squadra competitiva grazie a un calcio innovativo ispirato al Total Football, simbolo del superamento dei vecchi schemi e della ricerca di un’identità collettiva. La stagione si conclude con Ted che sceglie di lasciare il club per tornare a casa, Nathan che trova un equilibrio e Rebecca che, anziché vendere il Richmond, lo trasforma in qualcosa di ancora più grande.
Tematiche: più di una serie sportiva
Ted Lasso ribalta il concetto tradizionale di leadership. Il suo metodo non è basato sull’autorità o sulla conoscenza tecnica, ma sulla capacità di comprendere e valorizzare gli altri. Il messaggio è chiaro: vincere non significa solo alzare trofei, ma creare qualcosa di duraturo e significativo.
Salute mentale e vulnerabilità maschile
Uno degli aspetti più innovativi della serie è come affronta la salute mentale, specialmente tra gli uomini. Ted, che all’inizio sembra un ottimista incrollabile, si scopre fragile, segnato da traumi irrisolti. Nathan rappresenta il pericolo dell’insicurezza trasformata in rabbia repressa. Roy Kent, apparentemente duro e inscalfibile, impara a esprimere le proprie emozioni.
Trovare una famiglia fuori dalla famiglia biologica
L’AFC Richmond non è solo una squadra, ma una comunità. Ogni personaggio trova nel club un senso di appartenenza che va oltre il calcio: Rebecca si libera dall’ombra del suo ex-marito, Keeley costruisce una carriera indipendente, Jamie supera il trauma di un padre tossico.
Il concetto di successo
La serie decostruisce l’idea classica di successo. Ted vince senza vincere trofei, Jamie diventa un leader quando smette di pensare solo a sé stesso, Nathan capisce che l’ambizione fine a sé stessa non porta alla felicità.
"Ted Lasso" è una serie che parte da un’idea semplice – un allenatore di football americano nel mondo del calcio inglese – per raccontare qualcosa di molto più profondo: il valore dell’empatia, il peso delle aspettative, la necessità di affrontare i propri demoni. Lo fa con un tono leggero ma mai superficiale, costruendo personaggi credibili e situazioni che parlano a tutti, che si sia tifosi di calcio o meno.
Nathan inizia con una domanda retorica, quasi accusatoria "Che cosa hai fatto? Ok? Ti dirò che cosa hai fatto." Questa apertura è già carica di tensione. Non è una richiesta di spiegazioni, ma un’accusa diretta. Nate ha bisogno di dare voce a ciò che lo tormenta da tempo, e lo fa con un tono che mischia rabbia e disperazione. La prima grande rivelazione arriva subito dopo: "Mi hai fatto sentire come se fossi la persona più importante del mondo, e poi mi hai abbandonato." Qui sta il cuore del suo dolore. Nate sta parlando di qualcosa di molto più personale.
Ted è stato la prima persona a credere in lui, a dargli una voce, a farlo sentire importante. Ma quando Ted ha spostato la sua attenzione su altre persone o non ha risposto alle aspettative di Nate, quest’ultimo ha vissuto tutto come un abbandono.
Segue poi una descrizione della sua frustrazione crescente: "Come se avessi spento la luce, e io mi sono fatto il culo per riavere la tua attenzione, per mostrarti il mio valore, per piacerti ancora. Ma più facevo, meno ti importava. Era come se fossi invisibile." Nate si sente completamente cancellato. La metafora della luce spenta è significativa: quando Ted gli ha dato fiducia, era come se Nate brillasse per la prima volta nella sua vita. Ma ora si sente di nuovo al buio, perso e invisibile, proprio come quando era un semplice magazziniere senza alcuna considerazione.
Poi arriva un momento apparentemente banale, ma carico di simbolismo: "Non hai messo la foto che ti ho regalato in ufficio, solo stupidi americani." Questa frase potrebbe sembrare superficiale, ma è un dettaglio cruciale. Nate aveva regalato a Ted una foto che rappresentava un momento importante per lui, un segnale del loro legame. Il fatto che Ted non l’abbia esposta è per Nate la conferma che non gli importa più di lui. Questo dettaglio mostra quanto il bisogno di riconoscimento di Nate sia diventato ossessivo: un piccolo gesto non ricambiato è sufficiente per alimentare la sua convinzione di essere stato messo da parte.
Segue poi una parte in cui Nate mostra il suo lato più velenoso: "Ora giochi… ‘Il falso Nueve di Nate’, e quando faranno cazzate, sarà colpa mia? Beh, no, vaffanculo." Qui emerge il rancore professionale. Ted ha adottato una tattica suggerita da Nate, ma invece di sentirsi orgoglioso, lui vede questo come un modo per appropriarsi delle sue idee senza dargli il giusto merito. Questo alimenta la sua convinzione che il successo di Ted sia basato sul lavoro degli altri e non sulle sue capacità reali.
Poi arriva l’attacco più diretto e personale: "Tutti ti adorano. Il grande Ted Lasso. Beh, io penso che tu sia un gran ciarlatano." Questo è il momento in cui Nate rompe definitivamente il legame con Ted. Lo accusa di essere un impostore, qualcuno che ha costruito la sua reputazione senza reali competenze, solo con il suo carisma e la sua capacità di farsi amare. È un’accusa profondamente ingiusta, ma è il risultato della frustrazione di Nate, che si è convinto che Ted non abbia mai veramente creduto in lui.
Segue poi il colpo più basso, quello che colpisce Ted nel punto più doloroso: "Senza di me non avresti vinto una sola partita, e ti avrebbero rispedito in Kansas da tuo figlio, perché tu… tu di certo non meriti di stare qui." Questa frase è calcolata per ferire. Nate sa che il tema del figlio è una ferita aperta per Ted, e lo usa contro di lui. L’insinuazione è chiara: Ted non è un vero allenatore, è solo un uomo che ha avuto fortuna, e prima o poi la sua farsa verrà smascherata.
Nate chiude con la dichiarazione più significativa per lui stesso: "Ma io sì. È casa mia. Questo non mi è caduto dal cielo, ok, me lo sono meritato. Tu dici solo delle cazzate. Vaffanculo Ted." Nate sente di aver faticato per arrivare dove è ora, di aver combattuto per il suo posto nel calcio professionistico. Per lui, Ted è solo un uomo che si è trovato nella situazione giusta al momento giusto, mentre lui ha dovuto dimostrare il proprio valore in un ambiente che lo ha sempre trattato da outsider.
Questo monologo segna il culmine della trasformazione di Nate, da persona insicura in cerca di approvazione a uomo pieno di rabbia e risentimento. È un momento doloroso, perché Ted non ha mai avuto intenzione di abbandonarlo, ma la percezione di Nate è quella di un uomo che ha dato tutto per ottenere riconoscimento e che è stato invece ignorato.
La sua reazione è sproporzionata e ingiusta, ma comprensibile. Nate è il risultato di anni di insicurezze e umiliazioni, e quando finalmente ha avuto un assaggio di potere, la paura di perderlo lo ha reso ancora più aggressivo. Il contrasto tra lui e Ted è evidente: mentre Ted ha sempre visto il successo come qualcosa di collettivo, Nate lo vede come qualcosa di da conquistare con le unghie e con i denti, perché teme che gli venga strappato via.
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