Monologo - Saul Nanni da \"Il Gattopardo\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Tancredi Falconeri in questa versione de Il Gattopardo mostra un lato del personaggio più cinico e disilluso rispetto alle interpretazioni precedenti. Qui emerge un Tancredi che è un uomo che ha visto da vicino il caos e la brutalità della rivoluzione. Il suo racconto diventa una testimonianza disturbante, raccontata con una leggerezza inquietante. Attraverso il suo tono ambiguo, tra il distaccato e il sarcastico, il monologo rivela il vero volto della guerra e il modo in cui il potere corrompe anche i cosiddetti liberatori.

Un convento depredato

STAGIONE 1 EPISODIO 3
MINUTAGGIO
: 8:50-10:10

RUOLO: Tancredi Falconeri
ATTORE:
Saul Nanni
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Ero in un paese. Un paese molto simile a questo. Era stato occupato dai contadini. La mia compagnia era stata mandata di rinforzo a un’altra, che era in difficoltà. Solo che vedete, loro non erano in difficoltà. Loro erano la difficoltà. Una compagnia di siciliani appena reclutati che… ubriacati dal potere delle nuove Camicie rosse stavano saccheggiando il paese. Padre Pirrone, dovete sapere che li abbiamo trovati mentre depredavano un convento. Noi abbiamo protetto le suore, ci abbiamo provato. Si, Concetta. Però purtroppo non ci siamo riusciti. In quella circostanza… Comunque, la Badessa è stata gettata dalla finestra. Però nessuna delle altre è stata violentata o disonorata in alcun modo, è. Forse perché erano troppo vecchie o troppo brutte, però ahah Vedete, Signorina Angelica, io sono convinta che sarebbe andata in modo molto differente se voi foste stata dalle novizie. Non sarebbe bastato un intero battaglione per toglierveli di dosso.

Il Gattopardo

"Il Gattopardo" segue la parabola del principe Fabrizio Salina, un nobile siciliano che assiste al crollo dell’aristocrazia durante il Risorgimento italiano, in un momento storico segnato dallo sbarco di Garibaldi in Sicilia e dall’unificazione del Regno d’Italia. La storia si sviluppa in sette capitoli e copre un arco temporale che va dal maggio del 1860 fino agli ultimi anni della vita del protagonista.



Capitolo I – Maggio 1860: Il tramonto di un’epoca


Il romanzo si apre nella dimora del principe Fabrizio Salina, a Palermo. La sua famiglia, composta dalla moglie Maria Stella, dai figli e dai servitori, vive secondo un rigido protocollo aristocratico. La tranquillità della routine quotidiana è scossa dalle notizie dell’arrivo dei garibaldini in Sicilia. Il principe è consapevole che il mondo a cui appartiene sta per cambiare, ma accoglie questi eventi con distacco. L’unico a mostrarsi entusiasta è il nipote Tancredi Falconeri, giovane scaltro e ambizioso, che decide di unirsi ai garibaldini, affermando la celebre frase: "Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi". Questa affermazione riflette la sua capacità di adattarsi ai nuovi assetti politici, in contrasto con l’atteggiamento rassegnato dello zio.



Capitolo II – Giugno 1860: Il viaggio a Donnafugata


Per sfuggire ai disordini di Palermo, il principe e la sua famiglia si rifugiano nella residenza estiva di Donnafugata, un immaginario paese siciliano. Qui vengono accolti dagli abitanti del luogo, che sperano in un sostegno del nobile ai cambiamenti politici in corso. Nel frattempo, emerge la figura di Calogero Sedara, un ricco borghese rozzo ma in ascesa sociale, che rappresenta la nuova classe dirigente. Sua figlia, Angelica, è una giovane di straordinaria bellezza e intelligenza. Tancredi, che inizialmente sembrava destinato a sposare la cugina Concetta, figlia del principe, rimane invece affascinato da Angelica e decide di corteggiarla, attirato dalla sua ricchezza e dalla possibilità di inserirsi nella nuova società emergente.



Capitolo III – L’offerta di senatore


La monarchia piemontese, ormai padrona della Sicilia, cerca di coinvolgere la nobiltà nel nuovo governo. L’inviato piemontese, Chevalley, propone al principe Salina di diventare senatore del Regno d’Italia. Fabrizio, però, rifiuta con un discorso che rappresenta una delle riflessioni più amare del romanzo: sostiene che la Sicilia è una terra destinata all’immobilità e che la sua popolazione, pur cambiando governi e padroni, non muterà mai nella sostanza.
È un momento chiave del romanzo: il principe prende definitivamente atto della fine del suo mondo e della sua estraneità alla nuova società.



Capitolo IV – Il ballo e la consapevolezza della fine


La scena del ballo, ambientata nel palazzo Ponteleone a Palermo, è uno dei momenti più celebri del romanzo. Il principe, ormai anziano, partecipa con distacco alla sontuosa festa organizzata dall’aristocrazia. Qui, osservando la giovane Angelica danzare con Tancredi, capisce che il futuro appartiene a loro e non alla sua generazione. L’aristocrazia si sta mescolando con la borghesia emergente, ma questo cambiamento non porterà a una vera rivoluzione sociale, bensì a un’illusione di modernità. Nel corso del ballo, il principe si specchia e si vede invecchiato e stanco, realizzando definitivamente la propria decadenza.



Capitolo V – L’agonia del principe


Anni dopo, il principe è ormai un uomo vecchio e malato. In una delle pagine più intense del romanzo, assiste al proprio declino fisico con lucida consapevolezza.
La scena della sua morte è descritta con grande potenza narrativa: il principe ha una visione mistica in cui intravede una giovane donna (la Morte), che gli appare bellissima e lo invita a seguirla. Questa rappresentazione della morte come un passaggio dolce e inevitabile segna la chiusura della sua parabola esistenziale.



Capitolo VI – Le tre figlie nubili


Dopo la morte del principe, la narrazione si sposta su Concetta, la figlia che non si è mai sposata e che vive ancora nella vecchia casa di famiglia con le sorelle. La sua esistenza è segnata dal rimpianto per non aver sposato Tancredi, che nel frattempo ha avuto una vita piena di successi. Ormai anziana, Concetta assiste con tristezza allo smantellamento della casa e alla progressiva scomparsa di tutto ciò che un tempo rappresentava la grandezza dei Salina. La scena conclusiva del romanzo è emblematica: gli oggetti sacri della famiglia vengono gettati via, mentre un cane imbalsamato, un tempo simbolo del passato glorioso della casa, viene abbandonato e distrutto. È l’ultima immagine del declino inesorabile di un’epoca.



IL GATTOPARDO DI NETFLIX


L’adattamento più celebre rimane senza dubbio quello cinematografico di Luchino Visconti (1963), che con la sua estetica grandiosa, il rigore storico e le straordinarie interpretazioni di Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, ha fissato un immaginario quasi insuperabile. Nel 2024, Netflix ha trasposto il romanzo in una serie di sei episodi diretti da Tom Shankland.


La serie segue la struttura generale del libro, ma introduce variazioni significative:

Il racconto si apre con Don Fabrizio (Kim Rossi Stuart) che infrange il coprifuoco per recuperare la figlia Concetta (Benedetta Porcaroli) in convento. Questo evento non è presente nel romanzo, dove Concetta è un personaggio più passivo e legato alla casa paterna.


Tancredi (Saul Nanni) viene arrestato per la sua adesione ai garibaldini e il principe è costretto a negoziare la sua liberazione cedendo parte delle sue terre. Questo aggiunge una dimensione più drammatica al sacrificio del principe, che nel libro accetta la trasformazione della società con maggiore distacco e ironia.


Il ruolo di Concetta è ampliato, dando al personaggio una maggiore centralità e una volontà più esplicita di ribellarsi al padre e alle rigide regole della famiglia.

Il focus sul rapporto tra Tancredi e Angelica (Deva Cassel) è enfatizzato, ma la relazione perde parte della sua ambiguità rispetto al romanzo, dove Tancredi è un opportunista lucido e calcolatore, mentre nella serie sembra più un giovane travolto dalla passione.


Se il film di Visconti cercava un’estrema fedeltà alla pagina scritta, la serie Netflix tenta di adattare la storia a un linguaggio più contemporaneo, con un maggiore approfondimento psicologico di alcuni personaggi, ma rischiando di perdere la sottile ironia e il disincanto dell’opera originale.

Analisi Monologo

Tancredi racconta un episodio in cui il nuovo ordine rivoluzionario si è rivelato altrettanto brutale quanto il vecchio regime. La sua compagnia, invece di portare giustizia, si è rivelata una banda di predoni. Il fatto che parli di soldati “ubriachi di potere” suggerisce che la rivoluzione, almeno a livello popolare, non sia stata guidata da ideali, ma dal desiderio di vendetta e dominio.


Il punto centrale del monologo arriva con la scena del convento. L’uso delle parole è fondamentale: Tancredi dice che hanno “provato” a proteggere le suore, ma non ci sono riusciti. L’ambiguità della frase lascia intendere che la loro resistenza è stata debole, forse addirittura complice. Il culmine del racconto è il dettaglio della Badessa gettata dalla finestra, detto con un distacco che evidenzia la freddezza del personaggio.


Ma è nell’ultima parte che Tancredi svela completamente la sua natura ambigua: la frase rivolta ad Angelica è un misto di galanteria e crudeltà. Dicendo che se lei fosse stata tra le novizie “non sarebbe bastato un intero battaglione per togliergliela di dosso”, sta facendo un complimento alla sua bellezza in un contesto inaccettabile. Qui emerge il suo fascino oscuro: Tancredi è affascinante, ma anche spietato e consapevole della brutalità del mondo.

Conclusione

Questo monologo ci mostra un Tancredi diverso rispetto a quello più ironico e strategico del romanzo. Qui è più vicino a un personaggio cinico, segnato dall’esperienza della guerra e ormai insensibile alla violenza. Il suo racconto non è una denuncia, ma quasi una constatazione amara di come il potere cambi gli uomini. Il suo atteggiamento verso Angelica e Concetta mostra come anche nei momenti più drammatici sappia mescolare fascino e crudeltà, mantenendo il controllo della conversazione. Un ritratto di un uomo che cavalca il cambiamento senza mai lasciarsi travolgere, ma che nel farlo ha perso qualcosa di umano.

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