Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!
Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo di Re Thranduil, interpretato con grande controllo e freddezza da Lee Pace in Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug, è uno dei momenti in cui il tono fiabesco della trilogia si trasforma in politica, potere e desiderio. Un dialogo apparentemente composto, ma che sotto la superficie rivela orgoglio, rivendicazione e perfino minaccia. Andiamo ad analizzarlo nel dettaglio.
MINUTAGGIO: 37:00-38:00
RUOLO: Re Thranduil
ATTORE: Lee Pace
DOVE: Disney+
INGLESE
Some may imagine that a noble quest is at hand. A quest to reclaim a homeland... and slay a dragon. I myself suspect a more prosaic motive. Attempted burglary. Or something of that ilk. You have found... a way in. You seek that which would... bestow upon you the right to rule. The King's Jewel. The Arkenstone. It is precious to you beyond measure. I understand that. There are gems in the mountain that I too desire. White gems... of pure starlight. I offer you my help. I will let you go... if you but return what is mine. A favor for a favor. You have my word. One king to another.
ITALIANO
Qualcuno immaginerebbe che una nobile impresa sia imminente. Impresa per riavere la terra natia, e annientare un drago. Personalmente, sospetto un motivo molto più prosaico: tentativo di furto. O qualcosa di quel genere. Hai trovato una via per entrare. Cerchi quello che farebbe convergere sopra di te il diritto si regnare, il gioiello del re, l’Archengemma. E’ prezioso per te oltre ogni misura. Lo capisco questo. Ci sono gemme nella montagna che anche io desidero. Gemme bianche, di pura luce stellare. Io ti offro il mio aiuto. Ti lascerò andare, solamente se restituisci quello che è mio. Hai la mia parola. Da un re, a un altro.
Lo Hobbit: La desolazione di Smaug è il secondo capitolo della trilogia diretta da Peter Jackson, adattamento piuttosto libero del romanzo di J.R.R. Tolkien. Se nel primo film (Un viaggio inaspettato) eravamo partiti da un tono più fiabesco e introduttivo, qui la storia si fa più movimentata e stratificata. I personaggi si allontanano definitivamente dalla Contea per addentrarsi nei territori più pericolosi della Terra di Mezzo. La narrazione si apre in modo piuttosto secco, con un flashback ambientato a Brea, che mostra l’incontro tra Thorin Scudodiquercia e Gandalf al "Pony Pisello" (sì, lo stesso dove Frodo incontrerà Aragorn nel Signore degli Anelli). Questo breve prologo serve a stabilire le motivazioni di Thorin: riprendersi Erebor e il tesoro sottratto dal drago Smaug, ma soprattutto ridare un’identità e una patria al suo popolo.
Da qui si riparte dal punto in cui ci eravamo fermati: la compagnia è in fuga dagli Orchi e cerca rifugio in casa di Beorn, un uomo mutaforma. Da qui in poi, il film si muove come una sorta di odissea a tappe, un percorso attraverso vari luoghi della Terra di Mezzo — ciascuno con le sue regole, pericoli e personaggi. L’ingresso nella foresta di Bosco Atro segna uno dei momenti più interessanti a livello visivo e tonale. La Compagnia è costretta a muoversi in un ambiente ostile, quasi psichedelico. Qui il film abbandona l’avventura leggera e si tinge di una tensione quasi horror: la vegetazione sembra viva, i personaggi perdono l’orientamento, e infine arrivano i ragni giganti. Questa parte mette in luce anche un’evoluzione del personaggio di Bilbo: lo vediamo usare per la prima volta in modo efficace la spada Pungolo, ma soprattutto iniziamo a percepire il legame inquieto con l’anello trovato nel film precedente. Un Bilbo meno ingenuo, più scuro, che inizia a cambiare.
Quando i nani vengono catturati dagli Elfi Silvani, il tono cambia di nuovo. Entra in scena Thranduil, un personaggio fondamentale per comprendere i meccanismi di potere nel mondo elfico. A differenza di Elrond o Galadriel, qui siamo di fronte a un elfo molto più pragmatico e distaccato. L'introduzione di Legolas (non presente nel romanzo originale) e soprattutto del personaggio originale di Tauriel serve ad aprire il discorso sul contrasto tra dovere e compassione. Questa parte del film costruisce un triangolo interessante: Legolas, nobile e chiuso; Tauriel, ribelle e aperta verso gli altri popoli; Kili, il nano con cui Tauriel instaura un legame che il film usa per rompere un po’ gli schemi narrativi classici della razza. Una forzatura per alcuni fan, ma interessante per chi cerca una lettura più politica e meno mitologica del mondo di Tolkien.
La fuga nei barili è una delle sequenze più spettacolari del film, quasi da montagne russe. Qui Jackson si lascia andare a un uso coreografico e fantasioso dell’azione. Si entra poi in quella che è forse la parte più "sociale" del film: la città di Pontelagolungo (Esgaroth), governata da un sindaco corrotto (interpretato da Stephen Fry). La figura di Bard (Luke Evans) diventa centrale: è l’unico, tra gli abitanti, a ricordare i pericoli del passato e a temere il ritorno del drago. In un certo senso, è un erede morale degli uomini di Dale, ed è destinato ad avere un ruolo fondamentale nel capitolo successivo.
Il momento più atteso arriva nell’ultima parte del film: l’ingresso solitario di Bilbo nella montagna solitaria. Jackson costruisce qui una lunga sequenza che mescola tensione, meraviglia e paura. Il tesoro di Erebor è una massa informe, ipnotica. E in mezzo a tutto questo oro dorme Smaug, il drago doppiato da Benedict Cumberbatch. Il confronto tra Bilbo e Smaug è un gioco di parole e astuzia. Bilbo cerca di prendere tempo, cerca l’Arkengemma (la pietra del re), e nel frattempo viene sempre più soggiogato dalla presenza del drago. Smaug non è solo un mostro gigantesco: è una creatura vanitosa, intelligente, sadica. La scena culmina con l’arrivo degli altri nani, che tentano di ucciderlo con un piano meccanico decisamente cinematografico e molto lontano dal tono del libro, ma visivamente efficace. Il film si chiude proprio con Smaug che lascia la montagna diretto verso Pontelagolungo, in una scena finale che si interrompe bruscamente con la battuta "Io sono fuoco... io sono morte", lasciando lo spettatore in sospeso.
In questo monologo, Re Thranduil si rivolge a Thorin Scudodiquercia. La scena si svolge nelle prigioni del regno elfico di Bosco Atro. Thorin e i suoi compagni sono stati arrestati dopo essere stati trovati nel territorio degli Elfi Silvani. Thranduil ha capito che il vero obiettivo del viaggio dei nani è la riconquista di Erebor, e usa il confronto per esporre la sua posizione. Non c’è qui un tono paternalistico né comprensivo. Thranduil parla da pari, anzi, da superiore. L’offerta che fa è un patto: libertà in cambio di un tesoro che lui rivendica come proprio.
“Qualcuno immaginerebbe che una nobile impresa sia imminente. Impresa per riavere la terra natia, e annientare un drago. Personalmente, sospetto un motivo molto più prosaico: tentativo di furto. O qualcosa di quel genere.”
Thranduil smaschera subito l’impalcatura morale del viaggio di Thorin. Mette in discussione l’idea di "impresa nobile", riducendola a un atto di cupidigia. Qui c’è tutto il cinismo regale di Thranduil: conosce la storia, ma non si lascia commuovere dal racconto dell’eroe in esilio. Sospetta una verità meno epica, più terrena. Questa linea funziona come setup drammatico, perché Thranduil anticipa che il vero cuore del viaggio è l’Archengemma, simbolo di legittimità per Thorin ma anche oggetto di contesa e corruzione.
“Hai trovato una via per entrare. Cerchi quello che farebbe convergere sopra di te il diritto di regnare, il gioiello del re, l’Archengemma. E’ prezioso per te oltre ogni misura. Lo capisco questo.”
Thranduil mostra una sorprendente empatia — non per amore o rispetto, ma per somiglianza. Capisce l’ossessione di Thorin perché ne ha una simile. C'è una sorta di specchio tra i due personaggi: entrambi re, entrambi segnati dal passato, entrambi disposti a usare il potere per recuperare ciò che considerano “loro”. Questa empatia, però, è subito piegata a scopi politici.
“Ci sono gemme nella montagna che anche io desidero. Gemme bianche, di pura luce stellare.”
Arriviamo al nucleo del desiderio di Thranduil. Queste “gemme bianche” sono un’aggiunta cinematografica rispetto al romanzo di Tolkien, ma ben utilizzata da Jackson per costruire la psicologia del personaggio. Non cerca oro o potere. Cerca bellezza perduta, qualcosa di poetico, apparentemente puro. Ma proprio questa ricerca lo rende più pericoloso: la purezza, in Tolkien, è spesso un’illusione che conduce alla rovina.
“Io ti offro il mio aiuto. Ti lascerò andare, solamente se restituisci quello che è mio. Hai la mia parola. Da un re, a un altro.”
Chiude il discorso con un’apparente promessa d’onore. Ma in realtà, la struttura di questa offerta è un ultimatum mascherato da cortesia regale. L’idea di "da un re, a un altro" suona come un riconoscimento, ma è velenosa: Thranduil si pone al pari solo per ribadire il suo potere di concedere o negare.
Questo monologo è un piccolo saggio di diplomazia fredda. Lee Pace riesce a dare a Thranduil una presenza glaciale, fatta di lentezza e distacco, che rende ogni parola pesante come una minaccia. Il re elfico osserva, valuta, offre condizioni. Ma ciò che traspare è un bisogno ossessivo di possesso mascherato da equilibrio. Il contrasto con Thorin è netto: uno è impulsivo, l’altro calcolatore. Ma entrambi sono vittime del desiderio di ciò che hanno perduto.
Le Migliori Classifiche
di Recitazione Cinematografica
Entra nella nostra Community Famiglia!
Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno
Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.
Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.