Monologo di Tom Brennan in The Union – Analisi della scena con J.K. Simmons

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo appartiene a Tom Brennan, personaggio interpretato da J.K. Simmons, e arriva in un momento di stallo nella trama in “The union”. Siamo nel pieno della tensione geopolitica e narrativa: i protagonisti sono stati tagliati fuori, la fiducia è saltata, le agenzie si stanno muovendo a tentoni. E Brennan, veterano dei servizi e probabilmente uno degli ultimi a credere ancora in un certo tipo di integrità operativa, si trova costretto a comunicare la realtà delle cose a chi non vuol sentirla: Foster, burocrate che rappresenta l’inerzia e l’incapacità della catena di comando.

State sbagliando tutto

MINUTAGGIO: 1:13:50-1:15:35
RUOLO: Tom Brennan
ATTORE:
J. K. Simmons

DOVE: Netflix

INGLESE

Hey. Foster. I assume you’re sitting in your office having a nice chai latte and listening in on this, so I know you and the whole Central Incompetence Agency think I’m behind this, and somehow, Roxanne Hall is involved and, of course, as usual, you’ve got it dead wrong. So now the Union is on ice, and meanwhile, the real bad guys, dollars to doughnuts, they’re selling your stolen intelligence right this goddamn minute. And you know what happens next? An old flame of mine runs a CIA office in Istanbul. She’ll be driving her grandkids to soccer practice when the whole car’s blown to smithereens because some terrorist cell got her home address and the… and the make and model of her car from your stolen intel! Every agency, every employee, from the bigwigs to the regular Joes, are gonna be droppin’ like flies. You ready for that, Foster? ‘Cause this is coming down on your head. You better pray what’s left of my team can find that intel before somebody else does.

ITALIANO

Ehy, Foster. Suppongo che tu stia nel tuo ufficio bevendo chai latte e ascoltando questo perciò… Tu e la tua incompetente agenzia pensate che ci sia io dietro a tutto, e che Roxanne Hall sia coinvolta. E come sempre, puntualmente, non avete capito niente. Così, ora la Union è congelata e nel frattempo i cattivi veri puoi scommetterci sono là fuori e stano vendendo le tue informazioni in questo esatto momento. E che succede dopo lo sai. Una mia vecchia fiamma dirige l’ufficio della CIA a Istanbul. Starà accompagnano a scuola di calcio i suoi nipoti quando la sua macchina esploderà in mille pezzi perché una cellula terrorista ha avuto l’indirizzo di casa e anche marca e modello della macchina, da quelle informazioni rubate. Ogni agenzia e ogni impiegato, dai pezzi grossi, all’ultimo uscere comincerà a cadere come mosche. Sei pronto a questo, Foster? Perché crollerà sulla tua testa. Prega che quel che resta della mia squadra trovi le informazioni prima degli altri. 

The Union

Mike (Mark Wahlberg) è un operaio edile nel New Jersey. Lavora sodo, fa una vita regolare, sta lontano da casini. Il classico tipo che si accontenta di quello che ha, e per cui il massimo della giornata è una birra con gli amici o una partita vista sul divano.

Tutto cambia quando Roxanne (Halle Berry) — ex fiamma di Mike, ma soprattutto agente segreto — riappare nella sua vita. E non è una visita di piacere.

Roxanne ha bisogno di lui per una missione. Ma non una missione qualsiasi: un’operazione internazionale in cui Mike si trova coinvolto quasi per caso, o per necessità. Il film ci suggerisce che c’è qualcosa di speciale in lui, qualcosa che lo rende utile. E qui parte la dinamica classica: uomo comune, circostanze straordinarie. Il titolo “The Union” fa riferimento sia all’unione sindacale di cui Mike fa parte (visto che è un operaio), sia — in senso più metaforico — alla ri-unione con Roxanne. Un gioco di parole che tiene insieme due mondi apparentemente opposti: quello domestico e quello dello spionaggio.

"The Union" è un film che si poggia su una premessa semplice ma ben rodata: prendere un uomo ordinario, rimetterlo in contatto con un passato irrisolto (amoroso e personale), e costringerlo a misurarsi con un mondo che non gli appartiene. Il cuore del film è il rapporto tra Mike e Roxanne, mentre l’intreccio di spionaggio funziona più come contesto che come centro vero e proprio della narrazione.

Analisi Monologo

Brennan inizia in modo sarcastico: "Ehy, Foster. Suppongo che tu stia nel tuo ufficio bevendo chai latte…. Una frase semplice che subito dipinge il destinatario del messaggio come distante, compiaciuto, e del tutto scollegato dal campo operativo. La scelta del chai latte non è casuale — è una bevanda connotata da un certo tipo di lifestyle urbano, borghese, quasi ridicolo se messo a confronto con chi è sul campo e rischia la pelle. Simmons sa usare queste parole per lanciare l’amo: Foster è già screditato prima che la denuncia vera e propria inizi. Poi arriva il nodo: "Tu e la tua incompetente agenzia pensate che ci sia io dietro a tutto..." Qui si chiarisce che Brennan è stato accusato — o quantomeno sospettato — di tradimento o coinvolgimento in una fuga di informazioni. E invece lui ribalta la prospettiva: chi sta sbagliando tutto è proprio Foster. Non tanto per una colpa diretta, ma per non aver capito la situazione. Questa è la dinamica che rende il monologo potente: non è solo una sfuriata, è un’accusa precisa, chirurgica, piena di rassegnata frustrazione.

La parte più interessante è quando Brennan prevede le conseguenze: "Una mia vecchia fiamma dirige l’ufficio della CIA a Istanbul... la sua macchina esploderà in mille pezzi… Siamo di fronte a un uso molto efficace del linguaggio visuale. Simmons descrive una scena immaginaria con una tale precisione da renderla reale. È un avvertimento, ma anche una profezia. E ci dice tutto sul personaggio: Brennan conosce il mondo in cui si muove. Sa che gli errori burocratici non rimangono carta stampata. Si traducono in morti vere."Prega che quel che resta della mia squadra trovi le informazioni prima degli altri." Non è più un consiglio, né una richiesta. È una sentenza. Brennan sa che i suoi uomini sono l’ultima speranza, e fa pesare questa verità su Foster. È un rovesciamento dei ruoli di potere: l’uomo emarginato diventa colui da cui dipende tutto. Simmons non alza mai la voce, ma ogni parola è un colpo secco, come se stesse battendo un chiodo dentro una parete di cemento.

Conclusione

Nessuna parola è lì per caso, ogni frase è cesellata per farci entrare nella mente di un uomo che ha visto troppo, che non ha tempo per le buone maniere, e che combatte contro un nemico invisibile: l’incompetenza al potere. Il personaggio di Brennan vive tra le righe, nelle pause, nella stanchezza lucida con cui pronuncia ogni previsione. È un uomo che non spera più di vincere, ma che vuole almeno avere ragione.

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