10 curiosità su 10 cose che odio di te (e le differenze con Shakespeare)

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~ LA REDAZIONE DI RC

10 curiosità per il film "10 Cose che odio di te", e similitudini e differenze con l'opera di Shakespeare

10 cose che odio di te è una delle teen comedy più amate degli anni ’90. Uscito nel 1999 e diretto da Gil Junger, il film ha lanciato la carriera di Heath Ledger e Julia Stiles, trasformandosi in un cult che ancora oggi viene rivisto e discusso. Dietro le quinte, però, ci sono tantissime curiosità. E non dimentichiamo che la sua trama è una libera riscrittura de La bisbetica domata di William Shakespeare.

10 curiosità dal film "10 cose che odio di te"

  • Tutte location reali, niente set - Il film è stato girato interamente in location autentiche nello stato di Washington. La Padua High School è in realtà la Stadium High School di Tacoma, un edificio costruito come hotel di lusso e poi riconvertito in scuola

  • Il debutto americano di Heath Ledger - Questa pellicola fu il primo film statunitense di Heath Ledger. La sua interpretazione convinse subito pubblico e critica, trasformandolo in una star in pochissimo tempo.

  • L’improvvisazione del fuoco - In una scena Patrick gioca con un accendino: non era prevista dal copione. Fu un gesto improvvisato da Ledger per caratterizzare meglio il suo personaggio.

  • Joseph Gordon-Levitt e il francese - Cameron, nel film, impara il francese per fare da tutor a Bianca. Curiosità: l’attore Joseph Gordon-Levitt parla davvero fluentemente francese nella vita reale.

  • La canzone scelta da Julia Stiles - La celebre serenata sulle gradinate fu resa ancora più speciale da un dettaglio: secondo Larisa Oleynik, fu Julia Stiles a suggerire “Can’t Take My Eyes Off You” di Frankie Valli.

  • Una battaglia di casting vinta da Ledger - Per il ruolo di Patrick erano stati considerati anche Josh Hartnett e Ashton Kutcher. Alla fine Ledger conquistò il ruolo con un’audizione che il regista Gil Junger definì “indimenticabile”.

  • I nomi che richiamano Shakespeare - Molti nomi nel film sono omaggi diretti all’opera shakespeariana: Kat e Bianca come le sorelle Minola, il cognome Stratford che rimanda a Stratford-upon-Avon, Patrick Verona che richiama Petruchio, proveniente da Verona.

  • Julia Stiles e Save the Last Dance - La scena in cui Kat balla sul tavolo durante la festa convinse i produttori a offrirle poi il ruolo da protagonista in Save the Last Dance (2001).

  • Una sceneggiatura inizialmente più cupa - La prima stesura del copione era molto più dark: il personaggio di Mandella parlava di tentativi di suicidio per “raggiungere Shakespeare”. Questa linea narrativa fu eliminata per rendere il film una teen comedy leggera.

  • La poesia girata in un’unica ripresa La scena in cui Kat legge la poesia “10 cose che odio di te” fu realizzata in una sola take. Julia Stiles pianse spontaneamente, senza che nessuno lo sapesse in anticipo. Quel momento autentico è diventato una delle scene simbolo del cinema anni ’90.

Similitudini con l'opera di Shakespeare

La regola del padre Nell’opera di Shakespeare, Battista Minola stabilisce che Bianca, la figlia più giovane e desiderata, non potrà sposarsi finché la maggiore, Caterina, non avrà trovato marito. Il film riprende questa identica dinamica: Walter Stratford vieta a Bianca di uscire con i ragazzi finché Kat non lo farà per prima. È il fulcro della trama in entrambi i casi.

Kat/Katherina La sorella ribelle, ostile e sarcastica, che rifiuta le convenzioni e si scaglia contro chi cerca di controllarla. Nel testo teatrale è “la bisbetica”, nel film diventa la ragazza femminista e alternativa degli anni ’90.

Bianca In entrambe le opere, la sorella minore è quella più corteggiata, simbolo di bellezza e desiderio. Nel film viene rappresentata come popolare e frivola, ma col tempo acquista spessore.

Patrick Verona / Petruchio Entrambi sono gli uomini disposti a “prendersi” la sorella difficile. In Shakespeare, Petruchio lo fa apertamente per la dote; nel film, Patrick viene inizialmente convinto attraverso i soldi di Joey. In entrambi i casi, un accordo economico avvia il corteggiamento.

I pretendenti di Bianca Cameron (il ragazzo dolce e genuino) e Joey (il ricco narcisista) ricalcano la competizione fra Lucenzio e gli altri corteggiatori di Bianca nell’opera.

Differenze con l'opera di Shakespeare

Dal domare al rispettare Nell’opera, Petruchio “addomestica” Caterina con metodi che oggi appaiono coercitivi: la priva di cibo, di sonno, le impone obbedienza. Alla fine, lei recita (sinceramente o ironicamente, dipende dalle interpretazioni) un monologo in cui esalta la sottomissione della moglie al marito. Nel film, invece, Kat non viene mai “domata”. Al contrario, è lei a mantenere la sua voce indipendente, e il percorso di Patrick è quello di guadagnarsi la sua fiducia, non di piegarla. La poesia finale non è un atto di sottomissione, ma una dichiarazione di vulnerabilità consapevole.

Il ruolo di Bianca In Shakespeare, Bianca è quasi un ideale di femminilità tradizionale: dolce, silenziosa, obbediente. Nel film, invece, Bianca parte come la ragazza vanitosa e popolare, ma evolve: rifiuta Joey, difende la sorella, sceglie Cameron per amore e non per status. È una trasformazione che nell’opera non esiste.

Il padre Battista Minola nell’opera è interessato soprattutto ai matrimoni come scambi economici e sociali. Walter Stratford nel film diventa una figura più comica e protettiva: un padre ipercontrollante che teme le gravidanze adolescenziali, ma che alla fine capisce di dover lasciare andare le figlie. La sua evoluzione lo rende meno autoritario e più umano.

La cornice sociale Nel testo teatrale, il matrimonio è l’unica via per le figlie; è una questione di proprietà e status. Nel film, ambientato negli anni ’90, i temi diventano la libertà personale, la sessualità, le prime relazioni, il diritto di scegliere il proprio futuro (Kat vuole il Sarah Lawrence College, non l’università vicina voluta dal padre).

L’opera originale mostrava una società in cui la donna “difficile” doveva essere piegata all’ordine patriarcale. Il film trasforma Kat nella protagonista positiva, la voce critica che non si lascia ridurre a uno stereotipo. Il suo percorso non è quello della “conversione” all’obbedienza, ma quello dell’apertura emotiva senza perdere indipendenza.

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