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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo che Jasmine rivolge al capitano Hakim arriva in un momento cruciale del film: Jafar ha preso il potere, il palazzo è sotto controllo militare, e sembra che nessuno abbia la forza (o il coraggio) di opporsi. La scena rappresenta un punto di svolta, non tanto sul piano dell’azione quanto su quello del carattere. Jasmine, figlia del Sultano, fino a quel momento considerata solo una figura ornamentale o simbolica, prende la parola e prova a fermare un colpo di stato senza armi, solo con le sue parole.
MINUTAGGIO: 1:39:30-1:40:30
RUOLO: Jasmine
ATTRICE: Naomi Scott
DOVE: Disney +
INGLESE
Tell them, Hakim. You were just a boy when your father came to work the grounds. But you have risen up to become our most trusted soldier. As a man, I know you to be both loyal and just. But now, you have to choose. Duty isn't always honor. Our greatest challenge isn't speaking up against our enemies, but defying those whose approval we seek the most. Jafar is not worthy of your admiration nor your sacrifice. You seek glory for yourself. And you would win it off the backs of my people! Hakim. These men, they will follow where you lead, but it's up to you. Will you stand silent while Jafar destroys our beloved kingdom? Or will you do what is right... And stand with the people of Agrabah?
ITALIANO
Eri solo un bambino, quando tuo padre è venuto a lavorare nel regno, ma sei diventato il nostro soldato più fidato. Come uomo so che sei leale e giusto, ma ora devi scegliere. Il dovere non sempre è un onore. La nostra sfida più grande non è affrontare i nemici, ma sfidare coloro di cui più cerchiamo l’approvazione. Jafar non merita la tua ammirazione, né il tuo sacrificio. Tu vuoi gloria per te stesso, e la guadagneresti a spese del mio popolo. Hakim, questi uomini ti seguiranno ovunque, ma la scelta è tua. Resterai in silenzio, mentre Jafar distrugge il nostro amato regno, o farai ciò che è giusto, le lotterai con il popolo di Agrabah?
Parliamo di "Aladdin" (2019), il live action diretto da Guy Ritchie, basato sul classico animato Disney del 1992. La storia di base rimane fedele al modello originale, ma con alcune aggiunte e modifiche pensate per ampliare la narrazione e rinfrescare alcuni temi. Andiamo con ordine, passo per passo, così analizziamo anche cosa cambia e perché. Siamo nella città immaginaria di Agrabah, un crocevia culturale tra Asia e Medio Oriente, costruita come un melting pot di lingue, architettura e costumi. La scelta di renderla una città portuale nel live action suggerisce un'apertura verso il mondo, che diventa anche un modo per giustificare una maggiore diversità culturale nel cast e nei costumi.
Aladdin è un giovane orfano di strada, abituato a cavarsela con piccoli furti insieme alla sua scimmietta Abu. La sua vita cambia quando incontra Jasmine, la figlia del Sultano, che si è travestita per scoprire com'è la vita fuori dalle mura del palazzo. I due si conoscono per caso nel mercato e scatta una connessione, ma Jasmine torna a palazzo, e Aladdin scopre solo dopo la sua vera identità. Nel frattempo, Jafar, il visir del Sultano, trama nell’ombra per impossessarsi della leggendaria Lampada Magica, nascosta nella Caverna delle Meraviglie. Per entrare nella caverna serve una persona “dalle umili origini ma con un cuore puro”. Ecco dove entra in gioco Aladdin.
Jafar manipola Aladdin per farlo entrare nella caverna. Una volta dentro, Aladdin scopre la lampada e incontra il Genio, interpretato da Will Smith. Qui il film prende una direzione più musicale e colorata, con numeri coreografici che mescolano Bollywood, musical classico e pop contemporaneo. Il Genio spiega le regole: tre desideri, niente resurrezioni, niente uccidere, niente far innamorare qualcuno.
Aladdin usa il primo desiderio per diventare il “Principe Ali”, nella speranza di conquistare Jasmine. Questo segmento è una riflessione sul concetto d’identità: Aladdin entra in un mondo che non gli appartiene e inizia a perdersi nel personaggio che ha costruito. Jasmine, che nel live action è molto più definita come personaggio, non è solo una principessa da sposare, ma vuole diventare Sultana, una sovrana a pieno titolo. Questo porta a uno scontro implicito con la tradizione e con la visione maschile del potere incarnata da Jafar. Quando Jafar riesce infine a impossessarsi della lampada, diventa lui stesso un Genio, in una sorta di paradosso che rappresenta l’ambizione sfrenata e la prigionia del potere assoluto. Il suo desiderio di controllo lo porta a una fine grottesca: ottenere tutto e perdere la libertà. Aladdin, al contrario, mantiene la promessa fatta al Genio e usa l’ultimo desiderio per liberarlo. È un atto che chiude il suo arco narrativo: da sopravvissuto egoista della strada a persona capace di sacrificare qualcosa per un altro.
"Il dovere non sempre è un onore." Jasmine inizia con un richiamo diretto al passato di Hakim, un modo sottile per creare connessione personale e ristabilire un rapporto umano in un contesto militarizzato. In questa frase c'è già tutta l'essenza del conflitto: il contrasto tra dovere e coscienza, tra obbedienza e scelta morale. "La nostra sfida più grande non è affrontare i nemici, ma sfidare coloro di cui più cerchiamo l’approvazione." Qui il discorso si fa più ampio. Jasmine smaschera uno dei meccanismi più sottili del potere: l’autorità non è sempre conquistata con la violenza, ma spesso con il desiderio di essere accettati da chi è più in alto. Questa frase è centrale perché ribalta la dinamica tra Jafar e Hakim: Jafar non è solo un tiranno, è una figura a cui Hakim ha dato troppo credito, per ammirazione o per paura.
"Tu vuoi gloria per te stesso, e la guadagneresti a spese del mio popolo." Qui la principessa tocca il nervo scoperto. Lo fa senza rabbia, ma con lucidità. Non accusa Hakim di essere malvagio, ma di essere tentato dalla comodità del potere. E lo mette davanti a una scelta netta, dove l'ambizione personale entra in conflitto con il bene collettivo. Il tono è quello di chi non comanda, ma invita a guardarsi dentro. "Hakim, questi uomini ti seguiranno ovunque, ma la scelta è tua." Con questa frase Jasmine lo restituisce a se stesso. Lo riconosce come leader, lo mette in grado di scegliere. E qui il suo potere emerge chiaramente: non comanda con la forza, ma con l’autorevolezza. È un momento di forte intensità perché rappresenta un gesto politico e umano allo stesso tempo: non impone, ispira. "Resterai in silenzio, mentre Jafar distrugge il nostro amato regno, o farai ciò che è giusto, e lotterai con il popolo di Agrabah?" Il finale del monologo è un bivio. Jasmine non propone compromessi, non edulcora il rischio. È una chiamata diretta alla responsabilità, che fa eco a un’intera tradizione di discorsi civili e resistenziali. In poche battute, il linguaggio della principessa si sposta da privato a pubblico: da donna messa ai margini, Jasmine diventa voce del popolo.
Questo monologo segna il punto di trasformazione di Jasmine da figura narrativa tradizionale a personaggio autonomo e pienamente consapevole. In una storia che spesso si appoggia alla magia e al travestimento, questo è un momento completamente realistico, fondato sulla parola, sulla relazione e sulla capacità di leggere il cuore degli altri.
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