Don Giovanni di Molière: Analisi del Monologo sul Desiderio

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Nel teatro di Molière, Don Giovanni è un personaggio che incarna un’idea: quella della libertà portata fino all’estremo, in opposizione a ogni forma di vincolo – sociale, religioso, sentimentale. Questo monologo si colloca nel cuore della commedia e rappresenta un momento cruciale, perché ci permette di entrare nella mente del protagonista. Qui Don Giovanni si spoglia di ogni maschera e rivela ciò che davvero lo anima: non il desiderio fisico in sé, ma la brama di conquista, il gusto per la sfida, l’attrazione per l’effimero.

Molière gli dà la parola e lo lascia parlare a lungo. Non lo interrompe, non lo ridicolizza: lascia che il pubblico ascolti, rifletta, si divida. È teatro, ma è anche provocazione intellettuale.

Cuore, amore

Come! Vorresti che un uomo fosse costretto a limitarsi alla prima donna che gli piace, che rinunciasse per lei a vivere e che non avesse più occhi per nessun’altra? No, no, la costanza è la virtù delle persone da poco…

Ogni bella donna ha il diritto di sedurci, e il vantaggio di essere arrivata prima non deve togliere alle altre il diritto, che tutte giustamente rivendicano, di aspirare al nostro cuore. Dovunque io la trovi, la bellezza mi conquista, e cedo volentieri alla dolce violenza con la quale mi attira. Per quanti obblighi abbia preso, l’amore che ho per una donna non mi induce assolutamente ad essere ingiusto verso le altre; conservo occhi per vedere i meriti di tutte, e concedo a ciascuna quelle attenzioni e quei tributi che la natura rende doverosi.

Comunque sia, non posso rifiutarmi di offrire il mio cuore a ciò che mi par

degno d’essere amato: ne avessi diecimila, di cuori, e un bel volto me li chiedesse, tutti li darei! Le simpatie nascenti, in definitiva, hanno un fascino inspiegabile, e tutto il piacere dell’amore è nei suoi mutamenti. Estrema è la dolcezza che si prova nel conquistare, con infiniti complimenti, il cuore di una bella giovane, nell’osservare giorno dopo giorno i progressi ottenuti, nel combattere con ardore, con sospiri e pianti, l’innocente pudore di un’anima che cede l’armi a fatica, nel vincere a poco a poco le sue piccole resistenze e condurla dolcemente là dove vogliamo che giunga.

Ma una volta che la conquista è fatta, non c’è più nulla né da dire né da volere; tutto il bello della passione se n’è fuggito via, e nella tranquillità di quell’amore finiamo per addormentarci, finché un nuovo oggetto non viene a risvegliare il desiderio e a sedurre il nostro cuore con l’attrattiva irresistibile di una conquista da fare. Infine, niente è così dolce come il trionfare sulla resistenza di una bella personcina; ho la stessa ambizione dei conquistatori, che volano perennemente di vittoria in vittoria e non possono certamente limitare l’impeto del loro volere. E quindi nulla può arrestare l’impeto dei miei desideri: ho un cuore che può amare il mondo intero; e come Alessandro vorrei che ci fossero altri mondi, per estendere le mie conquiste amorose.

Don Giovanni

“Don Giovanni” di Molière è una drammaturgia scritta nel 1665, una delle versioni più interessanti del mito del libertino per eccellenza, e porta il segno inconfondibile del teatro molièriano: satira sociale, dialoghi taglienti e un’attenzione costante per l’ipocrisia dell’uomo.

Siamo nel pieno del Seicento francese, e Molière prende il personaggio di Don Giovanni – già celebre grazie a Tirso de Molina e poi ripreso da altri – e lo inserisce in un contesto teatrale che mescola commedia e tragedia, farsa e filosofia.

Ci troviamo con Sganarello, il servitore di Don Giovanni, che apre l’opera con un lungo monologo/dialogo in cui esprime il suo disgusto per i costumi del padrone. Don Giovanni è un libertino, seduttore seriale, beffardo verso l’amore e la religione. Ha appena abbandonato Donna Elvira, che aveva sposato solo per capriccio. Elvira però ritorna, furiosa e umiliata, chiedendo spiegazioni. Don Giovanni si mostra freddo, razionale, del tutto impermeabile al rimorso.

Durante un viaggio, Don Giovanni salva un contadino da un’aggressione e subito dopo seduce sua sorella, Charlotte, promettendole il matrimonio. È una scena che mette a nudo il suo cinismo: cambia identità, adotta un tono mellifluo e manipola con facilità. Parallelamente, Donna Elvira continua a seguirlo, ancora combattuta tra odio e amore.

Il tono si fa più sinistro. Don Giovanni e Sganarello si ritrovano in una foresta, e Don Giovanni deride apertamente il Cielo, gli uomini, la morale. Qui incontra la statua del Commendatore – un uomo che lui stesso ha ucciso in duello – e in uno slancio di sfida blasfema, lo invita a cena. La statua accetta.

Don Giovanni riceve diversi avvertimenti: il fratello di Donna Elvira lo sfida a duello, Elvira stessa lo supplica di cambiare vita, e Sganarello lo ammonisce più volte, preoccupato. Ma lui resta impassibile, dichiarando di voler vivere secondo la “filosofia dell’ipocrisia”: se tutti fingono di essere virtuosi, allora lui sarà il più abile a fingere. È qui che Molière mette in scena uno dei momenti più pungenti: Don Giovanni finge conversione solo per convenienza.

Torna la statua del Commendatore. Questa volta non è più una presenza simbolica, ma reale: compare alla cena e prende Don Giovanni per mano, trascinandolo con sé nell’aldilà. Sganarello è l’ultimo a restare in scena, gridando disperato per la perdita del padrone... ma soprattutto per la perdita del suo salario. Molière qui non racconta soltanto le gesta di un libertino: usa Don Giovanni come lente per esplorare il rapporto tra libertà e morale, tra apparenza e verità. Don Giovanni non è soltanto un uomo che seduce: è un nichilista ante-litteram, uno che rifiuta qualsiasi autorità – sia divina che sociale.

Analisi Monologo

Don Giovanni comincia subito col mettere in discussione un principio che, nel XVII secolo, è ancora saldo: la fedeltà. Per lui è una virtù da poco, non un ideale da perseguire. Anzi, è un limite, una prigione. Le donne, nella sua visione, non sono persone con cui costruire un legame, ma tappe in un percorso di continua affermazione personale. La costanza viene sbeffeggiata, mentre la seduzione diventa un dovere naturale, quasi morale. "Ogni bella donna ha il diritto di sedurci..." Questa frase è rivelatrice: Don Giovanni ribalta la logica dell’amore. Non è lui che sceglie le donne; è la bellezza in sé che esercita una forza irresistibile. È un fatalista dell’estetica. Eppure, non è passivo. Dice infatti: "Ne avessi diecimila, di cuori, e un bel volto me li chiedesse, tutti li darei."

Qui emerge il vero volto del personaggio: quello di un uomo che vive nel momento e per il momento. Il suo amore non è radicato, non è profondo, ma è assoluto nel presente. È totale, ma temporaneo. E questo è ciò che lo rende destabilizzante. Poi arriva la parte più interessante e più teatrale del discorso: Don Giovanni descrive l'arte della conquista con un linguaggio quasi poetico. Il piacere non è nell’amore consumato, ma nell’avvicinamento, nel corteggiamento, nel contrasto tra pudore e desiderio: "Tutto il piacere dell’amore è nei suoi mutamenti." In questa frase c’è tutta la logica dell’instabilità: il desiderio vive solo nella sua tensione, nella sua irrequietezza. Una volta ottenuto l’oggetto amato, l’interesse svanisce. La relazione non è il fine: è l’ostacolo.

Infine, il paragone con Alessandro Magno: "Vorrei che ci fossero altri mondi, per estendere le mie conquiste amorose." È una chiusura da antieroe epico. Don Giovanni si autoproclama conquistatore universale, non dell'amore romantico, ma della seduzione come dominio, come conquista dell’altro. Non c'è affetto, non c'è empatia. Solo desiderio e potere.

Conclusione

Questo monologo ci mostra Don Giovanni nella sua forma più pura: non un uomo innamorato, ma un uomo divorato dalla pulsione di desiderare. La sua filosofia non è amorale nel senso banale del termine, ma è coerentemente anarchica. Rifiuta ogni legge imposta dall’esterno: quella del cuore, quella di Dio, quella della società. Ama perché vuole, perché può. E una volta ottenuto ciò che vuole, si volta dall’altra parte.

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