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~ LA REDAZIONE DI RC
In Dick e Jane: Operazione furto, ci sono molte scene che giocano sul filo dell’assurdo, ma c'è un momento che spezza il tono farsesco per affondare nel grottesco: il monologo che Dick Harper recita di fronte ai dirigenti della Globodyne, travestito da addetto alla sicurezza. È un’esplosione sarcastica che nasconde una dichiarazione di guerra. È qui che il film smette, per un attimo, di essere solo una commedia su due ladri improvvisati e diventa un attacco diretto — e sorprendentemente lucido — al sistema economico e a chi lo dirige.
MINUTAGGIO: 1:02:34-1:04:00
RUOLO: Dick
ATTORE: Jim Carrey
DOVE: Netflix
ITALIANO
Ma guarda quanti bei dirigenti. Voi ragazzi siete veramente dei bei tipi. Capitani di industria, padroni dell’Universo, presidenti della confraternita dei parrucchini. Ti hanno fatto un vero capolavoro, non si vede neanche il segno della falce. Quel povero scoiattolo è morto di morte naturale. Chiedo scusa, pardon. Devo arrampicarmi sulla punta estrema del vertice finanziario. Sono una marionetta del sistema, e avrò bisogno di un altro pò di filo, per continuare a illudermi che sarò un bambino in carne ed ossa un giornata, e che non sarò mai manipolato dalle vostre stronzate!
“Dick e Jane: Operazione furto” (2005) è una commedia americana diretta da Dean Parisot, remake del film del 1977 Fun with Dick and Jane. Il film vede come protagonisti Jim Carrey nei panni di Dick Harper e Téa Leoni in quelli di sua moglie Jane, due membri della middle class americana che si ritrovano improvvisamente senza soldi dopo il crollo finanziario dell’azienda per cui Dick lavora. La storia prende una piega grottesca quando i due decidono, con una certa disperazione e poi con crescente disinvoltura, di diventare rapinatori per mantenere il loro stile di vita.
Il film si apre con una parodia quasi da spot pubblicitario del sogno americano: villetta a due piani, lavoro ben pagato, famiglia felice e un giardino verde brillante. Ma questa patina si incrina nel momento in cui Dick Harper, appena promosso vicepresidente per la comunicazione della multinazionale Globodyne, scopre che l’azienda è in realtà sull’orlo del collasso a causa di una truffa finanziaria orchestrata dai vertici. Il riferimento al caso Enron è evidente: il film è uscito pochi anni dopo quello scandalo e la satira, in questo senso, è diretta e piuttosto trasparente.
Il crollo della Globodyne lascia Dick senza lavoro, con un mutuo da pagare, la pensione azzerata, la moglie disoccupata e un figlio ormai abituato a una vita da upper middle class. L'umiliazione sociale diventa crescente e assume un tono comico, ma amaramente riconoscibile: colloqui di lavoro surreali, curriculum stracciati, elettrodomestici pignorati. La svolta narrativa arriva quando, con Jane, iniziano a improvvisarsi rapinatori: prima in modo maldestro e quasi tenero, poi via via con maggiore efficacia.
Uno degli aspetti più interessanti del film è la dinamica della caduta. Dick e Jane non sono criminali, non sono furbi, e non sono neanche troppo arrabbiati con il sistema all’inizio. Sono semplicemente due persone che cercano di salvare il salvabile. La loro trasformazione in ladri è rappresentata in modo caricaturale, ma sotto quella maschera comica c'è il ritratto di un'America disillusa, in cui la sicurezza economica è un'illusione e dove l’etica è spesso un lusso riservato a chi può permettersela.
Il film si diverte a ribaltare i ruoli: i ladri sono i buoni e i manager corrotti sono i veri criminali. Jim Carrey dà sfogo alla sua fisicità comica — tipica dei suoi lavori anni '90 — ma in modo più contenuto rispetto a Ace Ventura o The Mask. Qui il suo umorismo ha una componente sociale: ride del sistema economico e lo fa a colpi di rapine improbabili e dialoghi che sembrano usciti da una sitcom sull’orlo della bancarotta.
“Ma guarda quanti bei dirigenti. Voi ragazzi siete veramente dei bei tipi. Capitani di industria, padroni dell’Universo, presidenti della confraternita dei parrucchini...”
L’incipit è chiaramente satirico. Dick entra nel ruolo del giullare di corte che, proprio in quanto buffone, può permettersi di dire verità che nessuno ha il coraggio di pronunciare. La frase è una sfilza di sberleffi ai potenti: li ridicolizza non per quello che fanno, ma per come si presentano — come se il loro potere fosse solo un’illusione, come un parrucchino che finge una giovinezza perduta.
“Quel povero scoiattolo è morto di morte naturale.”
Una battuta tagliente, apparentemente fuori contesto, ma che lavora per contrasto: serve a distrarre, a confondere, ma anche a evocare una morte innocente, un piccolo sacrificio inutile, che risuona come metafora delle vittime collaterali delle truffe finanziarie. Chi paga, infatti, non sono mai i dirigenti — ma gli “scoiattoli” in fondo alla piramide.
“Sono una marionetta del sistema, e avrò bisogno di un altro pò di filo, per continuare a illudermi che sarò un bambino in carne ed ossa un giornata...”
Qui Carrey cambia tono. La battuta si fa cupa. Entra in campo la metafora di Pinocchio, potentissima. Dick si vede come un burattino che ha creduto nella favola del sogno americano, convinto che lavorando duro sarebbe diventato “vero”. Il filo che chiede in prestito è un filo amaro: non gli serve per diventare libero, ma per continuare a fingere.
“...e che non sarò mai manipolato dalle vostre stronzate!”
La chiusura è una detonazione. La parola “stronzate” detta in faccia ai dirigenti suona come una liberazione ma anche come un’autoaccusa. Dick sa di esserci cascato. Ha fatto parte del gioco. E adesso lo denuncia — troppo tardi per tirarsene fuori davvero, ma abbastanza per mandare tutto a monte.
Questo monologo è uno dei rari momenti in cui Dick e Jane va oltre la gag per lambire la satira vera. Jim Carrey riesce a infilare una critica feroce al capitalismo corporativo usando la voce di un uomo ridicolo che, proprio perché ha perso tutto, non ha più nulla da perdere. Il riferimento a Pinocchio non è casuale: è il simbolo di un’intera generazione che ha creduto a una bugia. La favola dell’ascesa sociale, del merito che viene premiato, del sogno che si realizza. E quando quel sogno crolla, resta solo la marionetta, con i fili in mano e la rabbia in gola.
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