Ho cercato il tuo nome: analisi del monologo di Beth sul fratello caduto

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo arriva in una fase centrale del film “Ho cercato il tuo nome”, quando il rapporto tra Beth e Logan ha già cominciato a trasformarsi in qualcosa di più intimo. Eppure, lei non si è ancora del tutto aperta. Questa è la prima volta in cui Beth si permette di mostrare la crepa: non la donna forte che si prende cura del figlio, che tiene a bada l’ex marito prepotente, che gestisce un canile, ma la sorella di un soldato caduto in guerra e mai veramente pianta.

Un libro incastrato

MINUTAGGIO: 37:13-38:30
RUOLO: Beth
ATTRICE:
Taylor Schilling
DOVE: Netflix

INGLESE

At first they wouldn't tell us anything. Just that friendly fire was a possibility. So it's a year ago today... ...and the official investigation into the death of Sergeant... Drake Green .is still ongoing. That's the worst part. Not knowing. I would give anything... I would give anything to know that he didn't die for nothing. We were inseparable as kids, you know? We did everything together. We even built that wall together. Well, Drake built the wall... ...and I supervised... which consisted mostly of drinking iced teas and reading the Brontës. This one day... I couldn't find my book anywhere. So I asked him about it. And he just pointed. Look. Look. God, I was so mad. I was so mad at him. And he just laughed.

ITALIANO

All’inizio non ci hanno detto nulla. Solo che forse era stato il fuoco amico. Oggi è un anno esatto e… al momento le indagini ufficiali sulla morte del sergente Drake Green sono ancora in corso. E’ questa la cosa più difficile, non sapere. Darei qualunque cosa, qualunque cosa, ti giuro, per sapere che non è morto in vano. Eravamo inseparabili, da piccoli, te l’ho detto. Facevamo sempre tutto insieme. Abbiamo anche costruito quel muro insieme. Drake… Drake ha costruito il muro, io supervisionavo. Il che significava più o meno bere Tè freddo e leggere emily Bronte in giardino. Oh, c’è stato un giorno in cui non trovavo il mio libro. Gli chiesi se l’aveva visto… Si è limitato a puntare il dito. Vieni, guarda. (Il libro è murato) Io ero così arrabbiata, me la sono presa moltissimo. Lui continuava a ridere. (Scoppia a ridere) E’ stata una scena… (Scoppia a piangere) 

Ho cercato il tuo nome

“Ho cercato il tuo nome” (The Lucky One, 2012) è un film diretto da Scott Hicks, tratto dal romanzo omonimo di Nicholas Sparks. Come molti dei film ispirati alle opere di Sparks, anche questo mescola romanticismo, destino e una certa tensione drammatica. Ma al centro di tutto c’è una fotografia: un'immagine apparentemente banale che si trasforma in ossessione, promessa e rifugio. Il protagonista è Logan Thibault (Zac Efron), un marine che, durante una missione in Iraq, trova una fotografia in mezzo alle macerie. Nella foto c'è una donna bionda, in piedi accanto a un faro. Un attimo dopo averla raccolta da terra, una bomba esplode nel punto esatto in cui Logan si trovava pochi secondi prima. Sopravvive. Da quel momento, convince sé stesso che quella fotografia gli abbia salvato la vita.

Tornato in patria, scosso da traumi di guerra e in cerca di uno scopo, Logan decide di trovare la donna della foto. È una ricerca silenziosa, quasi ostinata. Nessuna vera traccia, nessun indizio se non un dettaglio nello sfondo della foto – il faro – e un tatuaggio di un canile sul retro. Parte a piedi, con il suo cane, attraversando vari stati fino ad arrivare a Louisiana, in una piccola cittadina.

Qui incontra Beth (Taylor Schilling), la donna della foto. Ma invece di dirle subito la verità, Logan accetta un lavoro presso il canile gestito dalla nonna di lei, Ellie (Blythe Danner). Beth è diffidente, chiusa, segnata dalla perdita del fratello – che, scopriamo, era un soldato morto in guerra – e da un ex marito tossico e manipolatore, Keith (Jay R. Ferguson), che è anche il padre del piccolo Ben.

Il punto di rottura arriva quando Beth scopre la verità sulla foto. Si sente tradita: non perché Logan l’abbia cercata, ma perché le ha mentito, o meglio, ha taciuto. La fiducia si incrina. Ma questo porta anche a una resa dei conti: con il passato di Logan, con la morte del fratello di Beth, e con la necessità di entrambi di lasciare andare qualcosa.

Analisi Monologo

“All’inizio non ci hanno detto nulla. Solo che forse era stato il fuoco amico.”

La parola chiave qui è forse. Beth non sa come sia morto suo fratello, e non sapere è peggio che sapere qualcosa di tragico. Il “fuoco amico” è già una contraddizione: è un concetto assurdo, un errore fatale che toglie senso a tutto. L’idea che un soldato venga ucciso da un compagno lo rende un danno collaterale, non un eroe. E per Beth questo è insopportabile.

“Darei qualunque cosa, qualunque cosa, ti giuro, per sapere che non è morto in vano.” Qui si vede il vero peso della perdita: non si tratta solo del dolore, ma del bisogno di significato. Beth vuole disperatamente sapere che la morte di Drake abbia avuto uno scopo, un senso. È una richiesta umana, istintiva, ma impossibile da soddisfare del tutto. “Eravamo inseparabili, da piccoli, te l’ho detto…”

Beth cambia tono: dal presente del dolore passa al passato del ricordo. La scrittura qui è intelligente perché non è costruita su flashback visivi, ma sulle parole di lei. E quel ricordo condiviso diventa vivido nella mente di chi ascolta.

“Drake ha costruito il muro, io supervisionavo.” Un dettaglio quotidiano, leggero, che fa emergere il legame tra fratelli. Beth lo racconta con tenerezza, usando l’ironia come maschera: “supervisionavo” vuol dire che se ne stava seduta a leggere Emily Brontë, ma era un modo per esserci, per condividere. È l’intimità sottile di chi è cresciuto insieme.

“(Il libro è murato)”

Questo dettaglio è fortissimo. Drake nasconde il libro di Beth murandolo. È un gesto da fratello: fastidioso, divertente, geniale. Ma riletto oggi, dopo la sua morte, assume un peso diverso. Quel libro non è più solo una burla affettuosa: è un pezzo di lei intrappolato nel cemento. È il simbolo della permanenza del ricordo, ma anche della perdita. Beth scoppia a ridere nel ricordo, poi si spezza. Perché ridere e piangere, quando si tratta di qualcuno che abbiamo amato davvero, sono spesso una cosa sola.

Conclusione

Questo monologo serve a farci capire perché Beth ha così tanta difficoltà ad amare di nuovo. C’è una parte di lei che è rimasta murata in quel giardino, con il libro nascosto, con la risata di suo fratello. Fino a quel momento, Beth è stata una donna che resiste. Dopo questo monologo, è una donna che sente.

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