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~ LA REDAZIONE DI RC
Siamo in una delle scene più tese e centrali del film ”La donna alla finestra”, un momento in cui Anna Fox (Amy Adams) mette tutto sul tavolo. Dopo essere stata screditata, accusata di confondere realtà e paranoia, dopo giorni in cui la sua sanità mentale è stata messa in discussione da tutti — polizia, vicini, medici e persino da se stessa — Anna decide di sfidare apertamente chi la circonda. Non c’è più filtro. Non c’è più paura del giudizio. In questo monologo si concentra tutto il suo bisogno di essere ascoltata nonostante la sua fragilità.
MINUTAGGIO: 59;00-1:01:00
RUOLO: Anna Fox
ATTRICE: Amy Adams
DOVE: Netflix
INGLESE
He was in prison. He shouldn’t be in New York. He’s been in her house. He must have met her. Her earring is beside his bed and he borrowed a knife from me, and he’s been in prison. And he was fired from his job. His assistant died. He threatened me. In my home. He beats his child. I’m a child psychologist. I know how to identify a child who’s in danger, who’s being abused. And I saw Alistair slap Ethan in my home yesterday. Wait… W… Yes, yes. Yesterday. I see… I see the way that you’re all looking at me. I’m not crazy. I’m not hallucinating. Do I seem unreasonable? I have evidence. There was that picture that Jane drew and she signed, and there’s a photograph that somebody took of me while I was sleeping. Look, it doesn’t matter what you think about me, if you approve of me, if you think that I’m reliable. There is a boy in danger in that house. Just help him, please. [delicate music plays faintly] You’re a father. I would think that you would want to help a child. If my husband were here… He would help. He would believe me. I don’t know how you can live with yourself if you let something happen to a child.
ITALIANO
E’ stato in prigione per aggressione. E’ stato in prigione, non dovrebbe essere a New York, è stato a casa sua, deve avere incontrato Jeane. Il suo orecchino è accanto al suo letto, e lui ha preso un taglierino da me, ed è stato in prigione. E lui è stato licenziato dall’azienda, la sua assistente è morta. Lui mi ha minacciata, in casa mia. Picchia suo figlio. Io sono una psicologa infantile, so riconoscere un bambino che è in pericolo, che viene abusato, e ho visto Allister schiaffeggiare Ethan a casa mia, ieri. Un secondo… Si, si, ieri. Vedo… vedo in che modo mi guardate tutti. Non sono pazza. Non ho le allucinazioni, vi sembro irragionevole? Ho… ho le prove. C’era quel disegno, fatto da jane. Lei l’ha firmato. E… E c’è una fotografia che qualcuno mi ha scattato mentre dormivo. Sentite, non mi importa cosa pensate di me, la vostra approvazione. Se pensate che sia attendibile. C’è un ragazzo in pericolo in quella casa, aiutatelo, vi prego. Lei è padre. Io credo che lei aiuterebbe un bambino. Se mio marito fosse qui lo aiuterebbe. Mi crederebbe. Non so come potrete convivere con voi stessi, se permetterete che a quel bambino accada qualcosa.
"La donna alla finestra" è un thriller psicologico uscito nel 2021, diretto da Joe Wright, tratto dal romanzo omonimo di A.J. Finn. È un film che si muove all'interno di un set praticamente unico – un appartamento newyorkese – e costruisce la tensione attraverso il punto di vista della protagonista, Anna Fox, interpretata da Amy Adams.
Siamo a Manhattan, in un brownstone elegante ma ormai claustrofobico. Anna è una psicologa infantile che vive in totale isolamento, affetta da agorafobia, una condizione che la rende incapace di uscire di casa. La sua giornata è scandita da vino rosso, pillole, sessioni di terapia online e ore passate a spiare i vicini dalla finestra. Già da qui si capisce che il film gioca tutto sulla soggettività e sull’affidabilità della percezione.
Quando la famiglia Russell si trasferisce di fronte a casa sua, Anna inizia a interessarsi a loro. Fa amicizia con Jane Russell (che ha il volto di Julianne Moore), madre apparentemente premurosa, e con il figlio adolescente Ethan, un ragazzo disturbato ma gentile. Il padre, Alistair Russell (Gary Oldman), è una presenza inquietante e controllante.
Una sera, Anna assiste a quella che sembra essere l’uccisione di Jane, vista proprio dalla finestra. Spaventata, chiama la polizia. Ma quando gli agenti si presentano, portano con sé un’altra donna che si presenta come la vera Jane Russell (Jennifer Jason Leigh), completamente diversa da quella conosciuta da Anna. A quel punto, tutto si incrina.
Qui il film vira in pieno nell’inquietudine hitchcockiana. Come in La finestra sul cortile (a cui il film strizza continuamente l’occhio), l’intera narrazione è filtrata dallo sguardo del protagonista, ma in questo caso quello sguardo è compromesso. Anna beve, prende psicofarmaci e ha un trauma personale devastante alle spalle: la morte del marito e della figlia, che scopriamo essere un ricordo falsato e mai elaborato.
Man mano che Anna cerca di ricostruire i pezzi, scava dentro se stessa e nella rete di bugie che circonda i suoi vicini. Il twist finale riguarda proprio Ethan, che si rivela essere molto diverso da come si era mostrato. Il vero assassino è lui. Un giovane manipolatore, con un passato oscuro e una tendenza alla violenza che si è già manifestata altrove.
Il confronto finale tra Anna ed Ethan avviene proprio nella casa, sul tetto, in una scena che ha tutta l’aria di un confronto simbolico: Anna, costretta ad affrontare sia il pericolo reale che quello interno, riesce finalmente ad uscire dalla casa, dal trauma e dalla paralisi emotiva.
“E’ stato in prigione per aggressione. E’ stato in prigione, non dovrebbe essere a New York, è stato a casa sua, deve avere incontrato Jeane…” La ripetizione iniziale (“è stato in prigione”) è il modo con cui Anna tenta di ancorarsi a un fatto concreto, dimostrabile, per dare credibilità alla sua versione. Sta cercando di fare ordine in un flusso di pensieri confuso, tipico di chi ha accumulato ansia e terrore. Ogni frase è una tessera di un puzzle che lei crede di vedere con chiarezza, ma che per gli altri è solo delirio. “…e lui ha preso un taglierino da me…”
Qui entra un elemento di tensione concreta: il pericolo non è più solo sospetto, ma fisico. Il taglierino è simbolo di una minaccia che si è fatta reale, palpabile, interna alla casa. “Io sono una psicologa infantile, so riconoscere un bambino che è in pericolo…” Anna richiama la sua autorità professionale non per difendersi, ma per difendere Ethan. È un punto importantissimo: nel caos del suo mondo, l’unica bussola che tiene è l’istinto materno e clinico. Lei sa che quel ragazzo è in pericolo, e si appella a questa competenza per ottenere ascolto. In questo momento non è più una paziente fragile: è una specialista, una donna che si fida della propria esperienza.
“Vedo in che modo mi guardate tutti. Non sono pazza.” Questa è la frattura più forte del monologo. Anna, per un attimo, smette di raccontare i fatti e si rivolge direttamente allo sguardo degli altri. È uno dei momenti più umani e crudi del film: ci si scontra con il pregiudizio, con l’isolamento, con l’idea che chi è mentalmente instabile non possa dire la verità. Amy Adams qui lavora tutto su un registro fatto di vulnerabilità esposta, ma senza mai cadere nel melodramma. “Sentite, non mi importa cosa pensate di me, la vostra approvazione…” Questa frase segna il cambio di tono. Anna rinuncia a convincere. Parla per coscienza, non per consenso. Il suo obiettivo non è più dimostrare qualcosa, ma salvare Ethan, e in questo c’è una forza nuova: quella di chi non ha più nulla da perdere, se non la possibilità di fare la cosa giusta. “Se mio marito fosse qui lo aiuterebbe. Mi crederebbe.” Anna tira fuori il fantasma del marito, non per farsi proteggere, ma per sottolineare quanto lei si senta sola nel credere alla verità. È un dolore che passa in una frase sola, ma che dice tutto della condizione del personaggio: una donna che ha perso famiglia, stabilità e ora sta cercando disperatamente di non perdere anche la propria lucidità.
“Non so come potrete convivere con voi stessi, se permetterete che a quel bambino accada qualcosa.” Questo è l’ultimo colpo. Un'accusa diretta, e al tempo stesso un atto di responsabilizzazione verso chi la sta ascoltando. Anna non è più lì per discolparsi. È lì per dire: “Guardate altrove se volete, ma sappiate cosa state scegliendo”.
Questo monologo è volutamente disarticolato, emotivamente denso, e per questo tremendamente efficace. Anna non è un’eroina lucida: è una donna che ha perso il controllo della propria vita, ma che in quel momento trova un punto fermo in qualcosa di esterno a sé — la sicurezza di un ragazzo. Amy Adams gioca tutto sulla disperazione razionale: non urla, non fa la vittima, non cede alla retorica. Cerca solo di essere ascoltata.
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