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~ LA REDAZIONE DI RC
Connie è una giovane donna borghese che, all’inizio del film, ha appena sposato Sir Clifford Chatterley, rampollo di una famiglia aristocratica inglese. Dopo pochissimo tempo dalla cerimonia, Clifford parte per la Prima Guerra Mondiale e torna a casa paralizzato dalla vita in giù. Non può più camminare, e nemmeno avere rapporti sessuali. Questo evento spacca il matrimonio in due: esternamente rimangono una coppia aristocratica rispettabile, internamente diventano due sconosciuti. Connie si ritrova nella tenuta rurale dei Chatterley, una proprietà imponente e isolata, a Wragby Hall. È una prigione dorata. Clifford, pur essendo affettuoso all’inizio, diventa sempre più egocentrico, interessato solo alla sua carriera da scrittore e alla gestione della terra, demandata ai minatori locali. Più passa il tempo, più si chiude nel proprio mondo intellettuale, incapace di leggere il bisogno fisico e affettivo di sua moglie.
Ed è qui che entra in scena Mellors, il guardiacaccia. Una figura completamente diversa da Clifford. Vive in una casetta nel bosco, lontano dal maniero, immerso nella natura, lontano dalle dinamiche di potere aristocratiche. Connie lo conosce per caso, e all'inizio tra i due c'è solo un'osservazione mutua, quasi silenziosa. Ma qualcosa si accende. Una cosa antica, carnale, diretta. La loro relazione inizia con un incontro fisico quasi animalesco, poi si evolve in qualcosa di più complesso. Connie si riscopre viva, presente nel proprio corpo. Mellors, a sua volta, si apre emotivamente. I due vivono una serie di incontri clandestini che si muovono tra desiderio e cura, sensualità e fragilità. Non è solo sesso. È un linguaggio nuovo per entrambi. Quasi una forma di ribellione contro le regole sociali di classe, di genere e di potere.
Clifford intuisce qualcosa, ma è talmente assorbito dal proprio status da non riuscire a concepire che sua moglie possa stancarsi del ruolo decorativo che le è stato assegnato. Quando Connie gli confessa di volere un figlio, lui le propone di trovarsi un amante, purché rimanga anonimo e senza coinvolgimenti sentimentali. Questo cinismo le dà la spinta finale per lasciare tutto.
L’intera trama si muove lungo il confine tra due mondi: l’aristocrazia industriale che sta perdendo grip sulla realtà, e la classe operaia, contadina, che vive ancora in relazione diretta con la terra, il corpo e la fatica. Connie è una figura di transizione: figlia della borghesia, ma in cerca di qualcosa che assomigli di più alla verità, non solo al privilegio.
Clifford: Matthew Duckett
Connie: Emma Corrin
Clifford: Connie.
Connie chiude la porta.
Clifford: E’ tutto vero. Perché l’hai fatto.
Connie: Una tua idea..
Clifford: Una mia idea? No, no onno.
Connie: Clifford, sapevi perfettamente in cosa mi stavo cacciando.
Clifford: Con il tipo giusto di uomo. Ho detto il tipo giusto…
Connie: Oliver Mellors è una persona migliore di chiunque abbia mai conosciuto.
Clifford: Sono stato chiarissimo, Connie. Abbiamo discusso le regole.
Connie: Avrò un figlio da lui.
Clifford: Tu avrai…? Sei sicura? Lo sanno tutti, non puoi aspettarti che rivendichi quel bambino come mio, adesso.
Connie: No, io… non me lo aspetto. No, certo. Voglio il divorzio, Clifford. Ho deciso di lasciarti.
Clifford: No, no, non puoi.
Connie: Ascolta, mi dispiace molto per come è finita la cosa. Ma… sappiamo entrambi che questo matrimonio è molto infelice da moltissimo tempo ormai.
Clifford: Non è vero. Non è vero. Non per me.
Connie: E’ logico. Perché hai stabilito tu le regole. E io ho cercato di seguirle. Ho cercato di sostenerti in qualunque modo possibile. Ma tu non mi hai dato niente in cambio. Niente, neanche un briciolo di affetto, o di gentilezza, e peggio ancora mi hai fatto provare vergogna perché desideravo queste cose.
Clifford: io ho sempre tenuto a te, Connie.
Connie: Si, certamente, proprio come tieni ai tuoi libri, come tieni alla tua radio. Ma mai nei modi in cui io ho bisogno.
Clifford: Io ti amo, Connie. Ti ho amato nell’unico modo che conosco. Ti ho dato tutto quello che sono in grado di dare.
Connie: Non è sufficiente.
Clifford: Parlami, Connie. Aiutami a comprendere. Spiegami come posso dimostrarti quello che provo per te.
Connie: Lasciami andare. Ti prego. Lasciami andare.
Clifford: Va. Ma sappi una cosa. Non ti concederò il divorzio, mai e poi mai. Perché hai infranto la parola. Perché per causa tua sono diventato lo zimbello di Wragby. Non sono e non sarò mai più disposto a darti qualcosa.
Connie: Non lo sei mai stato veramente.
Questo dialogo è il vero climax emotivo del film L’amante di Lady Chatterley (2022). Una resa dei conti senza urla, ma con una tensione sorda che si appoggia tutta sulle parole – e sulle omissioni. È lo scontro tra due mondi ormai irrimediabilmente separati: quello che era il matrimonio di Connie e Clifford, e quello che potrebbe essere la nuova vita che Connie vuole costruirsi, anche a costo di perdere tutto.
Clifford: “Perché l’hai fatto?” Apre con un tono più incredulo che rabbioso. Non è tanto geloso quanto umiliato. Sta cercando un appiglio per non crollare del tutto. Quando dice "È tutto vero" c'è già dentro il tradimento, ma è un tradimento che ha radici lontane: non nel sesso, ma nella perdita di controllo. Connie: “Una tua idea…” Lei risponde quasi con stanchezza, come chi ha combattuto la stessa battaglia troppo a lungo. Non c’è aggressività, solo constatazione. È un'accusa sottile: tu hai aperto la porta, ma volevi che io restassi dentro la gabbia comunque.
Clifford: “Con il tipo giusto…” Qui viene fuori la gerarchia di classe: Clifford non è preoccupato solo che Connie abbia avuto un amante, ma che l’amante sia un guardiacaccia. L’umiliazione pubblica pesa più del dolore personale.
Connie: “Oliver Mellors è una persona migliore di chiunque abbia mai conosciuto.” Frase-chiave. Non sta parlando d’amore, né di passione. Sta parlando di valore umano. Di dignità. Di rispetto. Connie rompe con l’intero sistema sociale a cui ha appartenuto, e lo fa affermando un nuovo parametro per misurare le persone.
Clifford: “Abbiamo discusso le regole.” Clifford tratta il matrimonio come un contratto. Regole. Accordi. Un patto “razionale” dentro cui l’affetto non ha mai avuto cittadinanza. La sua rigidità, la sua incapacità di affrontare l’emotività di Connie, è esattamente ciò che ha fatto naufragare tutto.
Connie: “Avrò un figlio da lui.” La bomba. Lì non c’è più spazio per trattative. Il figlio è simbolo di un futuro che non include Clifford. Non è solo la fine di una relazione, è l'inizio di una nuova identità. Connie sta scegliendo la vita.
Clifford: “Non puoi.” / “Non è vero. Non per me.” Il suo diniego non è amore: è controllo. Per Clifford, l’amore è qualcosa che si gestisce secondo logica, proprietà, prestigio. Il fatto che per lui non sia finita è proprio il motivo per cui non può capire cosa sia finito per Connie.
Connie: “Hai stabilito tu le regole… mi hai fatto provare vergogna…” In queste battute si concentra il nucleo emotivo del film. Il problema non è la mancanza di sesso, ma la mancanza di calore, di ascolto, di tenerezza. Clifford l’ha fatta sentire sbagliata per bisogni umani elementari. E questa è la ferita più profonda.
Clifford: “Ti ho dato tutto quello che sono in grado di dare.” Una frase che suona vera, ma che è drammaticamente insufficiente. E Connie glielo dice chiaramente: Non basta. La consapevolezza di Clifford arriva tardi, e non ha la maturità per accettarne le conseguenze.
Connie: “Lasciami andare.” Una frase semplice, detta due volte. Il tono è dolce, ma fermo. Non è una richiesta di pietà, è una dichiarazione di libertà.
Clifford: “Non ti concederò il divorzio…” Ecco la vendetta. Non può avere Connie, ma può negarle l’uscita ufficiale da quel mondo. La sua risposta finale è l’essenza dell’egoismo: non è il dolore di averla persa, è l’onta di essere stato messo in ridicolo. La reputazione vince sull’intimità.
Connie: “Non lo sei mai stato veramente.” Chiusura perfetta. Niente grida. Solo la presa di coscienza che in realtà, a parte le apparenze, lui non le ha mai dato nulla.
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