Le relazioni pericolose: analisi del monologo finale di Célène

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo nel climax del film “Le relazioni pericolose”. Dopo una serie di inganni, manipolazioni e dinamiche tossiche esplose davanti a un pubblico fatto di follower più che di persone reali, Tristan – l’oggetto del desiderio e della crudeltà sociale – annuncia un gesto estremo: il suicidio, in diretta streaming. È in questo contesto che Célène prende la parola. Il suo monologo arriva non solo come tentativo di salvare Tristan, ma come riflessione collettiva su ciò che ha vissuto, su cosa significhi amare, perdonare, sbagliare, essere visti davvero. È l’unico momento in cui il film, anche se con qualche inciampo, prova a dire qualcosa oltre il dramma adolescenziale.

La gente perdona il vero amore

MINUTAGGIO: 1:39:38-1:41:00

RUOLO: Célène

ATTRICE: Paola Locatelli

DOVE: Netflix



ITALIANO



Puoi scegliere di distruggere una vita per malignità o debolezza. Tristan Badiola non ha agito solamente per malignità, e perdono la debolezza di Vanessa Merteuil. Quindi non giudicatela sui social, non la affossate. Si possono fare cose assurde per amore, o per essere ricambiati. Puoi avere quanti followers vuoi, ma alla fine non c’è gloria senza amore. Lo scopo non è trovare chi ti fa brillare, ma… la persona che ti rivelerà a te stesso. A volte più di una persona. Perché in amore uno non sceglie chi è, o chi si ama. Cugina, sei la persona più pura e la più integra che io conosca. E chi non se ne rende conto… beh, si vede che non ti merita. Ti voglio bene, Charlotte. E anche se fai degli errori di percorso, chissenefrega. Mia madre diceva: “La gente perdona quando è vero amore“.

Le relazioni pericolose

Nel tentativo di rileggere in chiave contemporanea un classico come Les Liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos, Le relazioni pericolose versione Netflix si propone come un teen drama immerso nel linguaggio dei social, degli influencer, delle identità virtuali e delle emozioni adolescenziali. Alla base, però, resta la stessa dinamica di potere, manipolazione e desiderio che attraversa il romanzo originale. Con risultati però... molto diversi. Célène è la protagonista. È una ragazza diciassettenne idealista, con un senso dell’amore che potremmo definire letterario. Ama i libri, crede nella sincerità, si tiene alla larga dai social e si sta trasferendo da Parigi a Biarritz, lasciando dietro di sé il fidanzato Pierre.  Alla sua nuova scuola, l'ambiente è spietato. Un microcosmo dove la popolarità è la vera valuta. A dominare la scena ci sono due figure: Vanessa, ex enfant prodige del cinema diventata regina di Instagram, e Tristan, surfista, influencer e irresistibile icona scolastica. I due formano una sorta di duo tossico che gestisce i rapporti sociali come un gioco di strategia – o una guerra fredda in bikini.

Tristan si avvicina a Célène con il classico copione da seduttore: carismatico, misterioso, con quell’atteggiamento da “so di essere un problema ma sei tu che vuoi risolvermi”. In realtà, il suo interesse è tutt’altro che romantico: è una scommessa, orchestrata insieme a Vanessa, per dimostrare che anche la ragazza più pura può essere corrotta, conquistata, umiliata. Ecco dove il film richiama apertamente la struttura del romanzo di de Laclos: il rapporto tra Valmont e Madame de Tourvel, in cui la seduzione è una forma di potere, un gioco che rivela i limiti e le fragilità di chi parte da una posizione “morale”. Solo che qui, a differenza del romanzo, la profondità psicologica cede il passo a una serie di situazioni costruite in modo frettoloso e spesso superficiale. Il percorso di Célène verso il disincanto – che dovrebbe essere il cuore narrativo – si consuma troppo rapidamente, bruciando passaggi emotivi che avrebbero meritato spazio.

Vanessa è una reinterpretazione moderna della Marchesa de Merteuil. Ma non ha né la complessità né l’ambiguità dell’originale. È una villain da teen drama, più vicina a certi personaggi alla Gossip Girl che a una mente manipolatrice. È lei a muovere i fili dell’intera vicenda, convinta di poter controllare tutti i sentimenti altrui, in un mondo in cui tutto è performance, ogni relazione è visibilità, ogni vulnerabilità può essere monetizzata. Célène, da questo punto di vista, è un’anomalia. E per questo va distrutta.

Analisi Monologo

"Puoi scegliere di distruggere una vita per malignità o debolezza." Si parte con una dicotomia potente: il male volontario e quello inconsapevole. La frase introduce subito il tono riflessivo e sospeso del monologo. Non c’è desiderio di vendetta, non c’è rabbia: c’è consapevolezza. Célène ha ormai capito che dietro i comportamenti tossici spesso si nasconde una fragilità che il giudizio istantaneo dei social non è in grado di cogliere. "Tristan Badiola non ha agito solamente per malignità, e perdono la debolezza di Vanessa Merteuil." Qui si rovescia un paradigma. Invece di demonizzare i “cattivi” della storia, Célène mostra empatia. Non giustifica, ma sceglie di comprendere. Questo è il vero punto di rottura rispetto alla superficialità che ha permeato tutta la narrazione precedente. È un invito a guardare le persone oltre i gesti, a chiedersi perché fanno ciò che fanno, non solo cosa fanno.

"Non giudicatela sui social, non la affossate." La frase è diretta, quasi rivolta a noi spettatori. In un’epoca in cui lo shaming online è diventato sport nazionale, il monologo si prende un secondo per dire: “Fermiamoci”. Nessuno è definito da un errore, e nessuna storia può essere giudicata con un commento e una reaction. "Puoi avere quanti followers vuoi, ma alla fine non c’è gloria senza amore." Qui c’è un giudizio chiaro sulla dinamica social-centrica che regge l’intero mondo del film. Il valore della persona non si misura in numeri, in like, in visibilità. L’unica cosa che davvero conta, alla fine, è la capacità di amare ed essere amati in modo autentico. È un tentativo (forse ingenuo, ma sincero) di restituire profondità a una realtà che sembra fatta solo di superfici.

"Lo scopo non è trovare chi ti fa brillare, ma… la persona che ti rivelerà a te stesso." Probabilmente la frase più significativa del discorso. È la sintesi perfetta di quello che Célène ha imparato nel suo percorso. Non servono “relazioni da copertina” o partner che ti mettono in mostra, serve qualcuno che ti faccia guardare dentro senza paura. In questo senso, l’amore non è un premio, ma un mezzo per conoscersi. "Cugina, sei la persona più pura e la più integra che io conosca (...)" Il monologo si chiude su Charlotte, personaggio secondario ma fondamentale, sempre ai margini della narrazione, spesso più lucida degli altri. Qui Célène celebra la sua presenza e la sua autenticità. Anche se ha commesso errori – come tutti – è rimasta vera. È un modo per dire che il perdono e l’accettazione partono dalle relazioni più vicine. "Mia madre diceva: ‘La gente perdona quando è vero amore’." Un richiamo al passato familiare, un’eco che risuona nel presente e porta con sé una morale semplice ma diretta: chi ama, perdona. Non perché è facile, ma perché riconosce che nessuno è perfetto, e che l’imperfezione è ciò che rende l’amore reale.

Conclusione

Questo monologo rappresenta uno dei pochi spazi sinceri in un film spesso sbilanciato tra estetica social e trama scolastica. È come se, per un attimo, Le relazioni pericolose riuscisse a fermarsi e dire qualcosa che non sia filtrato da uno schermo. Célène, attraverso parole semplici ma ponderate, ci offre un punto di vista che esce dai cliché da teen drama e prova a raccontare il valore della vulnerabilità, della complessità umana, del perdono.

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