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~ LA REDAZIONE DI RC
Maeve Harrigan in "Mobland", interpretata da Helen Mirren, è il tipo di donna che non ha bisogno di alzare la voce per dominare una scena. In questo monologo, Maeve si presenta in veste di consigliera matrimoniale. Ma è solo la superficie. Quello che ci regala è un discorso spietatamente lucido, una riflessione cruda sul rapporto con gli uomini, filtrata da una visione del mondo in cui affetto, potere e utilità sono facce della stessa moneta.
Non c’è empatia in quello che dice, né reale compassione: Maeve non vuole aiutare Alice. Vuole insegnarle come si sopravvive in un ambiente dove gli uomini comandano solo se le donne glielo permettono.
MINUTAGGIO: 39:10-40:26
RUOLO: Maeve Harrigan
ATTRICE: Helen Mirren
DOVE: Paramount/ Amazon Prime
INGLESE
So, Alice, Conrad tells me you're having marriage problems. Would you like a little free marriage guidance? You know, men... men are simple creatures, really. They like to think they're rocks. But, you know, that thing you hold in your hand... not a rock, it's an egg. It's fragile. You know? It needs care. But, you know, like an egg, you can use it in all sorts of useful ways, like in a cake or an omelet, or a soufflé, or a carbonara, or, uh, egg drop soup or, um, egg salad. Potato salad with egg. Um, anything with hollandaise sauce. Now, like an egg, it'll go off, sooner or later. Now, when it does, there is absolutely no point in getting angry. It's an egg. It's just doing what eggs do, you know, after a time. So, use it for your needs, keep it safe, out of the fridge, suck its c*ck from time to time. But don't feel you have to listen to a f*cking word it says, especially when it's pissed.
ITALIANO
Alice. Conrad mi ha raccontato che hai qualche problema coniugale. Vuoi un pò di consulenza matrimoniale gratis? Gli uomini sono creature molto semplici. Pensano di essere delle rocce, ma quella cosa che tieni nella mano non è una roccia. E' un uovo, è fragile, capito? Ha bisogno di cure. Ma proprio come l'uovo puoi usarlo in tanti modi utili. Ad esempio in una torta, in un'omelette, in un soufflé, in una carbonara o nella zuppa con l'uovo o… nell'insalata, insalata di patate con l'uovo. Qualsiasi cosa con una salsa olandese. Dunque, come un uovo andrà a male, dopo un pò di tempo. Quando succede, non ha assolutamente il minimo senso arrabbiarsi, è un uovo. Fa solo ciò che fanno le uova, no? Scadono e basta. Quindi usalo per i tuoi bisogni, tienilo al sicuro fuori dal frigo, succhiagli il cazzo di tanto in tanto. Ma non sentirti obbligata ad ascoltare una parola delle sue stronzate, specialmente quando è ubriaco.
"Mobland", serie originale Paramount+ diretta nei primi episodi da Guy Ritchie, è una gangster story tutta britannica che si muove lungo i binari del revenge drama, immersa fino al collo nel sangue, nei tradimenti e nella lotta di potere tra clan rivali. Dieci episodi che disegnano una mappa di relazioni criminali sempre più soffocanti, con personaggi che sembrano scolpiti nel granito: violenti, impulsivi, disillusi, eppure umanamente fragili.
La storia si sviluppa in una Londra plumbea, dove la criminalità organizzata è trattata come una vera azienda familiare. Il clan degli Harrigan, che controlla il traffico di droga nella capitale, è retto formalmente da Conrad Harrigan (Pierce Brosnan), ma la vera mente dietro le operazioni è Maeve Harrigan (Helen Mirren), sua moglie, manipolatrice lucida e calcolatrice. Attorno a loro si muove una famiglia disfunzionale, con figli inadatti al comando (Brendan e Kevin) e un nipote, Eddie, pronto a far saltare ogni equilibrio.
Tom Hardy interpreta Harry Da Souza, il risolutore, il "fixer" del clan Harrigan. È lui che prende decisioni pratiche, è lui che ripulisce il caos, risolve le crisi, neutralizza le minacce. Lavorando nell’ombra, Harry è il tipo che incute rispetto con uno sguardo, senza bisogno di alzare la voce. Il suo ruolo è centrale non solo nella dinamica criminale, ma anche nell'equilibrio narrativo: senza Harry, Mobland perderebbe il suo asse.
Eppure Harry non è un personaggio monolitico. La sua vita personale racconta un altro tipo di conflitto. Con Jan, la moglie (interpretata da Joanne Froggatt), condivide una relazione consumata dal silenzio, dai compromessi e dall’abitudine al lusso ottenuto col sangue. Una donna consapevole, sì, ma ormai stanca di convivere con la doppia vita del marito.
Il punto di rottura arriva con un gesto sconsiderato: il nipote Eddie, viziato e instabile, uccide un uomo in un nightclub, di fronte al figlio di Richie Stevenson, boss rivale che controlla lo spaccio di fentanyl. Da qui parte una faida spietata, costruita come un domino che crolla pezzo dopo pezzo: parenti, amici, alleati, tutti coinvolti nel ciclo della vendetta.
“Gli uomini sono creature molto semplici. Pensano di essere delle rocce, ma quella cosa che tieni nella mano non è una roccia. È un uovo.” Qui c’è già tutto. Maeve destruttura il mito dell’uomo forte, affidabile, dominante. Non lo fa con rabbia, ma con chirurgica indifferenza. Parla di fragilità maschile in termini quasi domestici, come se stesse leggendo una ricetta. L’uomo come “uovo” è un’immagine perfetta: qualcosa di apparentemente utile, necessario, ma intrinsecamente debole. Il tono è volutamente didascalico, quasi da tutorial: “puoi usarlo in tanti modi utili”. Si passa dall’immagine del marito come partner affettivo a quella dell’uomo come risorsa, come ingrediente da gestire a seconda dei propri bisogni. L’elenco delle preparazioni culinarie è volutamente esagerato e ironico, ma ha una funzione precisa: oggettivizzare, ridurre l’uomo a una funzione pratica.
“Quando succede, non ha assolutamente il minimo senso arrabbiarsi, è un uovo. Fa solo ciò che fanno le uova, no? Scadono e basta.” Questa frase è probabilmente il cuore del discorso. Maeve sta dicendo: non aspettarti fedeltà, presenza, maturità. Non sono nel loro DNA. Gli uomini sono “programmati” per deludere, e reagire emotivamente a questa delusione è inutile. Meglio accettarla come una regola naturale. Il cinismo qui è totale, ma funziona perché non viene da una posizione di rabbia, bensì da una filosofia di vita costruita sull’esperienza e sul potere.
“Tienilo al sicuro fuori dal frigo, succhiagli il cazzo di tanto in tanto. Ma non sentirti obbligata ad ascoltare una parola delle sue stronzate.” Qui la metafora dell’uovo diventa apertamente sessuale e prende una piega volutamente provocatoria. Maeve non è interessata all’equilibrio di coppia: le interessa l’equilibrio del potere. L’atto sessuale diventa uno strumento, una valuta da usare per mantenere controllo e tranquillità. L’ascolto, invece, è una concessione superflua.
Questa è una donna che ha imparato a sopravvivere senza sentimenti, mantenendo in piedi un matrimonio con un uomo instabile (Conrad), manipolando tutti, anche i propri figli, e costruendo il proprio potere all’ombra di quello altrui. Questo monologo è una dichiarazione di guerra, mascherata da consiglio domestico.
Il monologo di Maeve è uno dei momenti più rivelatori del suo personaggio. In pochi minuti, ci mostra come pensa, come agisce e cosa ritiene importante. Per lei, le relazioni non sono questioni di cuore, ma di strategia e controllo. E in questa ottica, la debolezza degli uomini non è un difetto: è una risorsa da amministrare.
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