Mobland: Il monologo di Kevin e l’eredità dei mostri

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Articolo a cura di...

~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo davanti a uno dei momenti emotivamente più devastanti di Mobland: il monologo di Kevin Harrigan. Un'esplosione tardiva di consapevolezza e rabbia, uno sfogo pronunciato sul corpo appena ucciso di un uomo che aveva rappresentato, un tempo, il suo aguzzino. Eppure, anche dopo essersi preso la sua vendetta, Kevin non prova pace. Questo è il vero cuore del suo discorso: non si può cancellare il trauma, non basta uccidere il carnefice, se il mostro sei diventato tu. Kevin è sempre stato il figlio “pacato” degli Harrigan. Quello che stava ai margini, che cercava di non sporcarsi le mani più del necessario. In un clan che vive di brutalità e manipolazione, lui ha rappresentato la resistenza silenziosa, l’uomo che ha cercato, per quanto possibile, di vivere una vita normale. Ma ora tutto è crollato: ha scoperto che suo figlio non è suo figlio, ma suo fratello. Che la donna che amava ha avuto una relazione incestuosa con il padre. Che i genitori sono in carcere. E che la normalità che ha cercato di costruire era solo una facciata.

Il suo interlocutore è un ex-guardia carceraria, un uomo che Kevin ha appena ucciso per le violenze subite in passato. Ma il monologo non è rivolto a lui, non del tutto. È un atto di confessione, di resa e di denuncia. Un modo per liberarsi da un’eredità familiare insostenibile.

Squali e mostri

STAGIONE 1 EP 10

MINUTAGGIO: 00:15-2:30

RUOLO: Kevin Harrigan

ATTORE: Paddy Considine

DOVE: Paramount

INGLESE

I don't know which one I'm more scared of. With Dad... ...you can feel it coming, you know, like a storm. Hear the rumble of thunder. So you know how to keep out the way. But Mum was like a fucking shark. You wouldn't even know it was there. You'd be in the water swimming about, bobbing up and down, happy. And all of a sudden, wham. It's got you. And there you are, just drowning in blood. So, yeah. My son is my brother. My wife is my dad's sloppy seconds. I knew about Bella. But Eddie... No one told me. To be fair, I didn't want to know. But you know what? I knew that as well. I could feel it. You just can. And I suppose I... After coming out of prison, I didn't really have much left in the way of pride. So I just did my best to be f*cking normal. Bella tried, she did. Bless her. She tried. We both tried really hard, just to have a normal marriage, make life normal for the boy. I... I took him down to football. I'd take him fishing, which I f*cking hate. But I did it 'cause that's what dads do. They put in the time, you know? All I wanted to do was protect him from this life. From this world. From Mum, really. She worked on him, just like she worked on me. She dragged him under. She fucked with his head till he became a monster, like her, 'cause that's what she does. She makes monsters to protect her. Protect the Harrigans. The Empire. The Holy Empire. That's all she wants to know, really. That's all she cares about. Who's the biggest monster. Do you want to know who the biggest monster is? Oh, yeah. I'll give you a clue. You helped make him. 'Cause in this world, my world... ...only the biggest monster survives.

ITALIANO

Non so chi dei due mi spaventi di più. Papà… lo sentivi arrivare, proprio come una tempesta. Sentivi il rombo del tuono. Quindi sapevi che dovevi metterti al riparo. Ma la mamma era come un cazzo di squalo. Non ti accorgevi che c'era. Eri in acqua, a farti una bella nuotata, felice, inizi a fare il bagno. E all'improvviso bam! Ti prendeva. E tu eri lì, immerso nel sangue. Così… mio figlio è mio fratello, e mia moglie è lo scarto di mio padre. Sapevo di Brendan, ma di Eddie… nessuno me l'aveva detto. E non volevo saperlo. Ma sai una cosa? Sapevo anche quello. Me lo sentivo. E' così… e suppongo che dopo essere uscito di prigione, a me non restasse molto in termini di orgoglio, così ho fatto del mio meglio per essere normale. Bella ci ha provato, che Dio la benedica. Ci ha provato. Ce l'abbiamo messa tutta entrambi, per avere un matrimonio normale. Per dare al bambino una vita normale. Io lo portavo a giocare a calcio, e a pescare. Cosa che odio, cazzo. Ma lo facevo. Perché i papà lo fanno. Dedicano ai figli il loro tempo. Tutto ciò che volevo era proteggerlo da questa vita, da questo mondo. Da mia madre, in realtà. Lei lo ha influenzato, così come ha influenzato me. L'ha trascinato a fondo, l'ha fatto impazzire, fino a trasformarlo in un mostro , come lei. Perché è questo che fa. Lei crea mostri, che la proteggano. Che proteggano gli Harrigan. L'Impero. Il Sacro Impero! Ah… l'unica cosa che le importa, e di cui si preoccupa, è chi sia il mostro più grande. Vuoi sapere chi è il mostro più grande? Ah si… ti dò un indizio. Tu hai contribuito a crearlo. Perché in questo mondo, nel mio mondo, solo il mostro più grande sopravvive.

Mobland

"Mobland", serie originale Paramount+ diretta nei primi episodi da Guy Ritchie, è una gangster story tutta britannica che si muove lungo i binari del revenge drama, immersa fino al collo nel sangue, nei tradimenti e nella lotta di potere tra clan rivali. Dieci episodi che disegnano una mappa di relazioni criminali sempre più soffocanti, con personaggi che sembrano scolpiti nel granito: violenti, impulsivi, disillusi, eppure umanamente fragili.

La storia si sviluppa in una Londra plumbea, dove la criminalità organizzata è trattata come una vera azienda familiare. Il clan degli Harrigan, che controlla il traffico di droga nella capitale, è retto formalmente da Conrad Harrigan (Pierce Brosnan), ma la vera mente dietro le operazioni è Maeve Harrigan (Helen Mirren), sua moglie, manipolatrice lucida e calcolatrice. Attorno a loro si muove una famiglia disfunzionale, con figli inadatti al comando (Brendan e Kevin) e un nipote, Eddie, pronto a far saltare ogni equilibrio.

Tom Hardy interpreta Harry Da Souza, il risolutore, il "fixer" del clan Harrigan. È lui che prende decisioni pratiche, è lui che ripulisce il caos, risolve le crisi, neutralizza le minacce. Lavorando nell’ombra, Harry è il tipo che incute rispetto con uno sguardo, senza bisogno di alzare la voce. Il suo ruolo è centrale non solo nella dinamica criminale, ma anche nell'equilibrio narrativo: senza Harry, Mobland perderebbe il suo asse.

Eppure Harry non è un personaggio monolitico. La sua vita personale racconta un altro tipo di conflitto. Con Jan, la moglie (interpretata da Joanne Froggatt), condivide una relazione consumata dal silenzio, dai compromessi e dall’abitudine al lusso ottenuto col sangue. Una donna consapevole, sì, ma ormai stanca di convivere con la doppia vita del marito.

Il punto di rottura arriva con un gesto sconsiderato: il nipote Eddie, viziato e instabile, uccide un uomo in un nightclub, di fronte al figlio di Richie Stevenson, boss rivale che controlla lo spaccio di fentanyl. Da qui parte una faida spietata, costruita come un domino che crolla pezzo dopo pezzo: parenti, amici, alleati, tutti coinvolti nel ciclo della vendetta.

Analisi Monologo

Non so chi dei due mi spaventi di più.” Kevin apre il monologo con una riflessione che mette subito in chiaro il suo stato mentale: vive in una famiglia dove la figura paterna è una tempesta (violenta, fragorosa, prevedibile) e quella materna è uno squalo invisibile (fredda, subdola, letale). Questo paragone è potente perché suggerisce due tipi di paura: una evidente e una silenziosa, invisibile fino al momento in cui sei già stato colpito. Il linguaggio è diretto, a tratti brutale, come se Kevin non potesse più permettersi di edulcorare la realtà. E infatti non lo fa.

Così… mio figlio è mio fratello, e mia moglie è lo scarto di mio padre.” Questa frase è il punto di rottura, l’ammissione definitiva che ogni legame affettivo nella sua vita è stato corrotto. La scelta delle parole è volutamente violenta: “scarto”, “figlio/fratello”, una sequenza incestuosa che non lascia spazio all'ambiguità. Non c’è ironia, solo disgusto e impotenza. Sapevo anche quello. Me lo sentivo.” Qui Kevin si rivela davvero. Confessa di aver sospettato tutto da tempo, ma di non aver voluto guardare. È una delle frasi più autentiche del monologo, perché ci mostra la distanza tra il sapere e il voler sapere. È la forma di autoinganno più dolorosa: quella che nasce dalla sopravvivenza emotiva.

Tutto ciò che volevo era proteggerlo da questa vita. Da mia madre, in realtà.” Questa parte è centrale. Kevin non è mai stato un padre violento o disinteressato. Ha fatto sforzi reali, anche piccoli (portare il figlio a pescare, attività che odia) pur di costruire una parvenza di normalità. Ma è stato sconfitto, lentamente e irrimediabilmente, da qualcosa che è più grande di lui: la struttura tossica della famiglia Harrigan. E, soprattutto, la manipolazione psicologica della madre, vero architetto del mostruoso impero familiare. Lei crea mostri, che la proteggano. Qui Kevin fa un’accusa devastante: la madre non ama, non educa, non guida. Costruisce soldati. Costruisce figli come barriere, come strumenti per difendere “l’Impero”. In questo senso, la maternità di Maeve è vista come un atto distruttivo, una fabbrica di mostri addestrati a combattere e morire per una causa che non capiscono.

Vuoi sapere chi è il mostro più grande? Ti dò un indizio. Tu hai contribuito a crearlo.” Il finale è un colpo al petto. Kevin chiude il cerchio, collegando il trauma subìto dal suo carceriere con la sua trasformazione. Non si considera una vittima: si considera una mutazione, una degenerazione, resa possibile anche da quello che ha vissuto dietro le sbarre. E, in modo crudele ma lucido, conclude: solo il mostro più grande può sopravvivere. Non è una giustificazione. È una condanna.

Conclusione

La forza di questo monologo sta nel suo equilibrio fra brutalità e onestà. Il dolore che Kevin racconta è soffocato, disperato, e umano. Una confessione che arriva troppo tardi, detta a un morto, perché nel mondo degli Harrigan, le parole non salvano. I sentimenti non proteggono. Solo i mostri sopravvivono. E Kevin, nel dirlo, accetta finalmente di esserlo.

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