Monologo di Auggie in Wonder: analisi e significato

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo iniziale di Auggie Pullman, interpretato da Jacob Tremblay in Wonder, è uno dei momenti chiave per entrare subito nel tono e nel cuore del film. È un’introduzione sincera, diretta, priva di artifici, che riesce a stabilire un contatto immediato tra lo spettatore e il protagonista. È un monologo che agisce da manifesto: ci introduce alla sua interiorità con un tono leggero, ironico, quasi disarmante. E proprio questo uso di un tono giocoso per raccontare qualcosa di profondamente complicato è la chiave di tutto.

Finalmente alle medie!

MINUTAGGIO: 1:31-4:20
RUOLO: Auggie
ATTORE:
Jacob Tremblay
DOVE: Netflix

So di non essere un normale bambino di 10 anni. Si, di cose normali ne faccio: mangio il gelato, vado in bici, sono bravissimo negli sport, cioè, all’xbox, adoro Minecraft, scienze, e mascherarmi per Halloween. Adoro i duelli di spada laser con mio padre, e guardare star wars con lui, e fare impazzire mia sorella. E sognare di andare nello spazio, proprio come un bambino normlae. Solo che io non sembro normale quando faccio queste cose. Neanche la mia nascita è stata normale. E’ stata… esilarante. Vi state chiedendo come fa una nascita ad essere esilarante? Grazie a un medico adolescente, ad esempio. E a un’enorme videocamera che contribuisce alla situazione, ma perché una storia sia davvero spaziosa serve il segreto di ogni grande barzelletta: la battuta finale. Da allora sono stato sottoposto a ventisette operazioni, che mi hanno dato una mano a respirare, a vedere, a dormire senza un apparecchio e perfino ad avere una faccia migliore. Ma nessuna mi ha dato una faccia normale. So che non sarò mai un bambino normale. I bambini normale non fanno scappare gli altri bambini dal parco giochi. I bambini normali non vengono fissati dovunque vanno. Ma fissatemi anche voi, se volete. Mi chiamo Auggie Pullman, e tra una settimana comincio la prima media. E visto che non sono mai andato a una scuola vera, sono decisamente, completamente pietrificato. 

Wonder

Wonder, film del 2017 diretto da Stephen Chbosky, tratto dal romanzo omonimo di R.J. Palacio. È una pellicola che apparentemente sembra semplice, con un tono delicato e un messaggio chiaro, ma in realtà lavora in maniera molto intelligente su più livelli: quello dell’identità, dell’empatia e della prospettiva. Al centro del film c’è August Pullman, detto Auggie, un bambino di dieci anni nato con una malformazione cranio-facciale, che ha subito numerosi interventi chirurgici fin dalla nascita. Auggie è stato educato a casa fino a quel momento, ma i suoi genitori decidono che è giunto il momento di iscriverlo in una scuola vera e propria: la Beecher Prep, una scuola media privata.

Il film racconta il primo anno di scuola di Auggie, tra ostacoli, pregiudizi e tentativi di integrazione, ma lo fa con una struttura narrativa interessante: alternando i punti di vista. Non si limita a mostrarci la storia attraverso gli occhi del protagonista, ma ci offre anche le prospettive degli altri personaggi chiave, come la sorella Via, l’amico Jack Will, e l’amica Miranda.

Una delle scelte narrative più interessanti è proprio quella di suddividere la trama in capitoli tematici, ognuno centrato su un personaggio. Questa struttura spezza l’idea che esista una sola verità o una sola storia: ogni personaggio vive gli eventi con il proprio bagaglio emotivo, le proprie ferite, i propri silenzi. E qui il film gioca bene, perché ci costringe a ricalibrare continuamente il nostro giudizio.

Auggie, interpretato da Jacob Tremblay, è ovviamente il cuore della storia. Il film ci mostra il suo tentativo di essere “normale” in un mondo che non lo guarda mai per quello che è, ma per come appare.
Via, la sorella maggiore, è un personaggio che potrebbe tranquillamente essere dimenticato in un altro film. Ma qui ha un suo spazio narrativo autonomo. Cresciuta nell’ombra delle attenzioni mediche rivolte ad Auggie, ha sviluppato una maturità precoce e una forte resilienza.
Jack Will, compagno di classe e amico di Auggie, rappresenta l’ambiguità dell’adolescenza. È un ragazzino buono, ma debole. Cede alla pressione sociale e ferisce Auggie, salvo poi cercare un modo sincero per riconciliarsi.

Miranda, amica di Via, è un altro esempio di come il film costruisca personaggi che vivono emozioni autentiche. Non è la “bella e popolare” nel senso stereotipato, ma una ragazza fragile, sola, che si reinventa per sentirsi accettata.


Temi principali

Identità – Il film lavora costantemente sul contrasto tra ciò che si vede e ciò che si è. Il volto di Auggie è la metafora più evidente, ma in realtà tutti i personaggi nascondono qualcosa dietro una “facciata”.

Empatia e riconoscimento – La frase chiave del film è una citazione di Wayne Dyer: "Quando puoi scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile". L’empatia non è presentata come una qualità automatica, ma come una scelta attiva. La gentilezza è un muscolo che va allenato.

Famiglia e assenza – I genitori di Auggie (Julia Roberts e Owen Wilson) sono presenti, affettuosi, ma inevitabilmente incentrati su di lui. Via e Miranda, due figure “satellite”, mostrano cosa succede quando ti senti trascurato, anche se nessuno lo ha fatto di proposito.

Analisi Monologo

“So di non essere un normale bambino di 10 anni. Sì, di cose normali ne faccio...” Il monologo comincia subito con una doppia consapevolezza: Auggie sa di non essere normale agli occhi degli altri, ma sa anche di esserlo nelle sue abitudini, nei suoi desideri. È come se dicesse: "Sono diverso, ma sono anche esattamente come tutti voi". E questa contraddizione non è risolta, anzi: rimane sospesa, e sarà uno dei fili conduttori di tutto il film. L’elenco delle attività “normali” – gelato, Xbox, Star Wars, Halloween – è costruito come una lista di cose che dovrebbero garantire l’inclusione. È Auggie che, con delicatezza, rivendica il diritto di essere un bambino, prima che una “condizione medica”. C’è ironia, c’è leggerezza, ma soprattutto c’è desiderio di essere riconosciuto per quello che ama, non per come appare.

Poi arriva il momento della nascita: “Neanche la mia nascita è stata normale. È stata… esilarante.” L’aggettivo "esilarante", usato per descrivere un momento che ha segnato l’inizio di anni di sofferenze, è un piccolo capolavoro di scrittura. Serve a sdrammatizzare senza minimizzare. È Auggie stesso che prende in mano la narrazione del proprio vissuto, e la racconta con una comicità controllata. Non per far ridere, ma per non far paura. Non vuole che chi lo ascolta provi pena: vuole che lo ascolti davvero.

Poi il monologo si fa più crudo: “Da allora sono stato sottoposto a ventisette operazioni...” Qui l’ironia lascia spazio alla realtà, ma sempre con un tono calmo, quasi didattico. Non c’è autocommiserazione. Solo un dato di fatto: quelle operazioni gli hanno cambiato la vita, ma non gli hanno dato una “faccia normale”. Il concetto di normalità viene continuamente messo in discussione, ma mai con rabbia. Piuttosto con una lucidità da adulto, che però non cancella la paura: “Sono decisamente, completamente pietrificato.”

Questa frase finale è il cuore emotivo del monologo. Dopo tutto il percorso di consapevolezza e ironia, Auggie ci mostra finalmente il suo sentimento più autentico: la paura. Una paura pura, semplice, che chiunque abbia mai iniziato una nuova scuola conosce, solo che nel suo caso è amplificata da anni di isolamento e giudizio. E proprio qui il film ci conquista: non ci chiede di compatire Auggie, ci chiede di riconoscere quella paura in noi stessi.

Conclusione

Auggie non cerca di farsi accettare a parole, ma si presenta per quello che è, con i suoi desideri, le sue contraddizioni e la sua umanità. È una dichiarazione di esistenza, detta con il tono di chi ha dovuto difendere ogni centimetro del proprio spazio nel mondo.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com