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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Paulina in "La morte e la fanciulla" di Roman Polanski rivela la profondità del trauma subito dalla protagonista e la sua lotta interiore tra desiderio di giustizia e bisogno di sopravvivenza. Attraverso le parole di Paulina, il film esplora le conseguenze personali delle violenze politiche, ma anche le più ampie questioni di memoria, identità e resilienza.
MINUTAGGIO: 1:18:36-1:20:04
RUOLO: Paulina Escobar
ATTRICE: Sigourney Weaver
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
It was about two in the afternoon. I'd made the pickup… on the corner of Huerfanos near the bookstore. I heard them get out of a car behind me. There were two of them… and one came up and took my arm… and said, "Hey, girlie, you're having a busy day." The other put a gun in my ribs… and said, "Let's go away for the weekend." I smelled garlic on his breath. It's weird. I'd wondered what he'd eaten. I didn't resist. Sometimes I wake up in the middle of the night. I get so angry I want to hit myself. The street was crowded, crowded with students. Maybe they would have fought for me. I didn't cry out. You told me, "If they come for you, yell your name. "I am Paulina Lorca, and they're kidnapping me. "This is an illegal arrest." I was a fool. They would have shot me. They probably would have. That was the problem. You see, I wanted to live. I wanted to see the future. I wanted to be there to enjoy my happy ending. I wanted to live for that glorious day… when I would once again rejoin the man I love… and live in a free country.
ITALIANO
Erano quasi le due del pomeriggio. Avevo fatto uno scambio all'angolo della libreria. Sono scesi da una macchina dietro di me. Erano in due. Uno mi ha preso per il braccio e mi ha detto: “Ragazzina, giornata impegnativa”. L'altro, puntandomi la pistola al fianco, ha detto: “Si parte per il weekend”. Gli puzzava l'alito di merda. Mi sono sempre chiesta cosa avesse mangiato. Non ho fatto resistenza. A volte mi sveglio nel cuore della notte con un incubo e poi mi domando: “Perché non mi sono ribellata?” La strada era piena di gente. C'erano tanti studenti, magari avrebbero lottato per me. Io però non urlai. Avrei dovuto, tu me lo avevi detto: “Se ti prendono grida il tuo nome forte. Mi chiamo Paulina Lorca, mi stanno sequestrando, questo è un arresto illegale”. Forse lo avrebbero fatto. Era questo il problema… che io volevo vivere, volevo vedere il futuro. Che io volevo esserci per godermi il mio lieto fine. Che io volevo vivere per quel lieto giorno in cui libera avrei riabbracciato l'uomo che amavo. Per vivere in un paese Libero con lui.
"La morte e la fanciulla" è un film del 1994 diretto da Roman Polanski, basato sull'omonima opera teatrale di Ariel Dorfman. La storia è ambientata in un paese non specificato dell'America Latina, poco dopo la caduta di una dittatura.
La trama si concentra su Paulina Escobar, la moglie di un avvocato di nome Gerardo, che viene nominato dalla nuova amministrazione democratica a capo di una commissione incaricata di investigare sui crimini commessi durante il regime precedente. Una sera, Gerardo ha un guasto alla macchina e viene aiutato da un gentile straniero di nome Roberto Miranda, che lo riaccompagna a casa. Paulina ascolta la voce di Roberto e ne riconosce il timbro: è convinta che lui sia l'uomo che anni prima, durante la dittatura, l'ha torturata e violentata mentre era bendata.
Quando Gerardo esce di casa, Paulina sottomette Roberto con una pistola e lo lega, accusandolo di essere stato il suo torturatore. Inizia quindi un intenso dramma psicologico tra i tre personaggi. Gerardo si trova diviso tra il dovere legale e la lealtà verso la moglie, cercando di scoprire la verità. Roberto nega ogni accusa e sostiene di essere una vittima di un tragico errore.
Paulina, traumatizzata ma determinata, vuole ottenere una confessione da Roberto, minacciando di ucciderlo se non ammetterà i suoi crimini. Il film esplora i temi della giustizia, della vendetta, del perdono e della verità, in un contesto in cui le ferite del passato politico sono ancora aperte e dolorose.
Il monologo di Paulina offre una finestra sulle dinamiche psicologiche di una sopravvissuta alla tortura.
Il monologo inizia con un ricordo specifico: l'orario e il luogo del rapimento. Questo dettaglio mostra come gli eventi traumatici siano impressi nella memoria con una precisione quasi ossessiva. Paulina ricorda persino gli odori, un dettaglio sensoriale che spesso emerge nei ricordi di momenti intensi o traumatici. La sua ossessione per l'alito dell'uomo che la rapì indica come dettagli apparentemente minori possano acquisire un'importanza enorme nella mente di chi ha vissuto un trauma. Paulina riflette sulla sua incapacità di resistere o urlare aiuto, esplorando sentimenti di colpa e di rimpianto che molti sopravvissuti alla violenza sperimentano. Si chiede perché non abbia lottato o chiamato aiuto, evidenziando la complessa dinamica di potere tra vittima e aggressore e il senso di impotenza che ne consegue.
Il monologo esplora il dilemma morale e esistenziale tra la scelta di resistere attivamente o sopravvivere passivamente. Paulina si domanda se avrebbe dovuto gridare e identificarsi pubblicamente come vittima di un sequestro, un atto che avrebbe potuto avere conseguenze sia liberatorie che pericolose. La sua decisione di rimanere in silenzio è influenzata dalla speranza e dal desiderio di un "lieto fine" e dalla possibilità di una vita futura di libertà e amore. Verso la fine del monologo, Paulina parla del suo desiderio di vivere per il "lieto fine". Questo non solo sottolinea la sua speranza e la sua resilienza, ma stabilisce anche un contrasto doloroso con la realtà del suo presente nel film, dove lotta ancora con il trauma e la ricerca di giustizia. Il suo desiderio di vivere "in un paese libero" con l'uomo che ama mostra come il trauma abbia influenzato, ma non eliminato, la sua capacità di sognare e aspirare a un futuro migliore.
Il monologo di Paulina è emblematico per la sua intensità emotiva, e per la sua capacità di riflettere su questioni di giustizia e umanità in contesti post-dittatoriali. Funge da potente strumento narrativo che permette allo spettatore di immergersi nell'angoscia e nelle speranze di chi ha subito ingiustizie irreparabili. La riflessione di Paulina ci invita a considerare il potere della voce umana nel chiedere verità e giustizia, evidenziando come il percorso verso la guarigione sia spesso costellato di sfide, ma anche illuminato dalla speranza di giorni migliori.
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