Monologo da \"Tre manifesti a Ebbing, Missouri\"

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Senza di te le emozioni di oggi sarebbero la pelle morta delle emozioni passate!


~HIPOLITO

LEI NON HA LE OSSA DI VETRO!


Ciao a tutti, sono Amélie, e oggi vi porterò in un viaggio attraverso le parole intense e significative di un monologo tratto dal film "Tre manifesti a Ebbing, Missouri". Questo monologo, pronunciato da Mildred, una madre che ha perso la figlia, è un potente esempio di come il cinema possa esprimere emozioni profonde e sollevare questioni morali complesse. Immaginatevi in una piccola città, dove ogni angolo nasconde una storia, e ogni volto racconta un segreto. Oggi, vi parlerò di un monologo che cattura l'essenza di una tragedia personale e la lotta per la giustizia in un modo che solo il cinema può fare.


IL MONOLOGO DI MILDRED SULLA COLPEVOLEZZA PER ASSOCIAZIONE


MINUTAGGIO: 21:04 – 23:04

RUOLO: Mildred Hayes

ATTRICE: Frances McDormand

DOVE VEDERLO: Disney +


INGLESE


You know what I was thinking about today? I was thinking about those street gangs they have down in Los Angeles, those Crips and those Bloods? And I was thinking about that bunch of new laws they came up with, in the 1980’s I think it was, to combat those street gangs, those Crips and those Bloods. And, if I remember rightly, the gist of what those new laws were saying was if you join one of these gangs, and you’re running with ’em, and down the block one night, unbeknownst to you, one of your fellow Crips, or your fellow Bloods, shoot up a place, or stab a guy, well then, even though you may not know nothing about it, and even though you may’ve just been standing on a streetcorner minding your own business, what these new laws said was you’re still culpable. You’re still culpable, by the very act of having joined those Crips, or those Bloods, in the first place. Which got me thinking, Father, that whole type of situation is kinda like your Church boys, ain’t it? You’ve got your colors, you’ve got your clubhouse, you’re, for want of a better word, a gang. And if you’re upstairs smoking a pipe and reading a bible while one of your fellow gang members is downstairs fucking an altar boy then, Father, just like those Crips, and just like those Bloods, you’re culpable. Cos you joined the gang, man. I don’t care if you never did shit or you never saw shit or you never heard shit. You joined the gang. You’re culpable. And when a person is culpable to altar-boy-fucking, or any kinda boy-fucking, I know you guys didn’t really narrow that down, then they kinda forfeit the right to come into my house and say anything about me, or my life, or my daughter, or my billboards. So, why don’t you just finish your tea there, Father, and get the fuck outta my kitchen.


ITALIANO


Sa che cosa stavo pensando, oggi? Stavo pensando a quelle gang di strada che hanno a Los Angeles, i Crips e i Bloods. E mi sono venute in mente le nuove leggi che sono uscite negli anni ’80 se non sbaglio, proprio per combattere quelle gang, i Crips e i Bloods. Se la memoria non mi inganna il senso di tutte quelle nuove leggi era che entri in una delle gang e ne vuoi farne parte e metti che una notte a tua insaputa uno dei Crips o dei Bloods spara a qualcuno o lo accoltella, beh allora, anche se tu non ne sai nulla magari e anche se sei rimasto tranquillo in un angolo soltanto a pensare a gli affari tuoi, quelle nuove leggi dicono però che sei colpevole. Sei colpevole anche solo per il fatto di essere entrato a far parte di quelle gang. E mi fa pensare padre che tutta questa situazione funziona anche per voi uomini di fede, no? Avete delle divise, le chiese dove vedervi, voi siete per così dire... una gang. Cioè se lei è di sopra che fuma una pipa e legge la Bibbia mentre uno della sua gang è di sotto con un chierichetto a scopare - beh, padre! - così come i Crips e così come i Bloods lei è colpevole, è entrato nella gang ormai! Non importa se non ha fatto un cazzo, non ha visto un cazzo, non ha sentito un cazzo, è entrato nella gang, è colpevole! E quando una persona è colpevole di scoparsi un chierichetto o un ragazzino qualunque non è che voi state tanto a fare gli schizzinosi. Allora rinunci al diritto di venire a casa mia a sputare sentenze di me, sulla mia vita, su mia figlia o sui miei manifesti. Quindi perché non finisce il suo tè, padre, e se ne va affanculo fuori dalla mia casa?



SE IL DITO INDICA IL CIELO, L'IMBECILLE GUARDA IL DITO!


Cari amici, lasciate che vi racconti di più su questo monologo, con il mio tocco personale. Immaginatevi Mildred, una madre dal cuore ferito, che affronta la corruzione e l'ipocrisia in un modo che solo una madre in lutto potrebbe fare. Il suo confronto con il prete non è tanto una critica alla Chiesa, quanto un grido di dolore contro tutte le ingiustizie e le falsità del mondo. Mildred, con la sua voce per nulla tremante, ma ferma, ci parla di colpevolezza per associazione, un concetto essenziale, per il suo discorso. È come se ci dicesse: "Non possiamo chiudere gli occhi e fingere di non vedere. Se facciamo parte di un sistema corrotto, anche se non agiamo direttamente, siamo comunque parte del problema". È un messaggio potente, che ci invita a riflettere sulla nostra responsabilità collettiva e individuale. Ma c'è di più. Questo monologo è anche una riflessione sulla sofferenza umana e sulla ricerca di giustizia. Mildred, con la sua rabbia e il suo dolore, ci mostra come la perdita e l'ingiustizia possano trasformare una persona, spingendola a sfidare le convenzioni e a lottare per ciò che è giusto. È un monologo che parla di dolore, ma anche di forza e resilienza.


In questo viaggio emotivo, Mildred ci insegna che a volte, per affrontare il male, dobbiamo essere pronti a infrangere le regole, a sfidare le autorità, e a lottare per ciò in cui crediamo. È un messaggio di speranza, ma anche di avvertimento: la lotta per la giustizia è dura, ma necessaria.Il monologo di Mildred è un invito a guardare dentro di noi e a chiederci: "Cosa sono disposto a fare per la giustizia?". È un invito a non essere indifferenti, a non essere complici del male, ma a essere agenti di cambiamento.



PERFINO UN CARCIOFO HA UN CUORE!


Grazie per avermi seguito in questo viaggio emotivo e riflessivo attraverso il monologo di "Tre manifesti a Ebbing, Missouri". Spero che queste parole vi abbiano toccato il cuore e stimolato la mente, proprio come hanno fatto con me. Le parole che avete appena letto, come parte delle tematiche del film sono una riflessione sulla giustizia e la moralità, ma anche un invito a guardare oltre le apparenze e a interrogarci sulle nostre responsabilità all'interno delle comunità a cui apparteniamo. Grazie per avermi seguito in questo viaggio emotivo e riflessivo. Alla prossima, con un altro monologo che ci farà viaggiare attraverso le emozioni e le parole del cinema.


Au revoir,


Amélie


C'è qualche monologo femminile che vorresti leggere su questo blog con la mia lente di ingrandimento? Scrivici!


Amélie Poulain, voce e anima di "Monologhi con Amélie", vi invita a esplorare il quotidiano attraverso il suo sguardo incantato. Residente nel cuore pulsante di Montmartre, ogni suo pensiero è un viaggio che trasfigura il comune in un caleidoscopio di meraviglie. Con delicatezza e una malinconica allegria, Amélie tesse racconti che celebrano la poesia nascosta nelle piccole cose, spingendo i lettori a riscoprire l'incanto spesso dimenticato della vita di ogni giorno. Accompagnatela in questo percorso di scoperta, dove ogni monologo è una finestra aperta sull'eccezionale che risiede nell'ordinario.

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