Monologo maschile - Marco Giallini in \"La mia ombra è la tua\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo nel momento finale de La mia ombra è tua. Vittorio Vezzosi, l’autore che per tutto il film ha mantenuto un atteggiamento cinico, tagliente, persino sgradevole, si ritrova di fronte a un pubblico. È una platea mista: ex compagni, lettori, giovani – tra cui anche Emiliano. È la classica occasione da fiera editoriale o da evento celebrativo, ma Vezzosi, come ci si poteva aspettare, non segue il copione.

Basta con queste parole vuote

MINUTAGGIO: 1:29:30-1:32:07

RUOLO: Vittorio Vezzosi

ATTORE: Marco Giallini

DOVE: Netflix

ITALIANO

Ciao. Vi vedo bene. Insomma…, non siamo poi così male, no? Vedo qualcuno un pò ingrassato, qualcuno con meno capelli, ma… insomma. Siamo… vivi. No? E poi vedo i giovani. Che se ne accorgeranno solo tra una trentina d’anni, di esserlo. Io avrei voluto leggere due righe, due righe del mio nuovo romanzo. Ma non posso farlo. E Se vi chiedete perché… è perché non esiste nessun romanzo. C’ho provato, credetemi. Per anni. Di notte, di giorno… non ci riesco. Non ci riesco forse perché… quello che dovevo dire… l’ho già detto. Si scrive un romanzo solo. Si vive una vita sola. E si ama una donna sola. Ciao, grazie di tutto, e… vi voglio bene.

La mia ombra è la tua

La mia ombra è la tua” è un film italiano del 2022 diretto da Eugenio Cappuccio, tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Nesi. La storia si muove sul binario del road movie con dinamiche da commedia generazionale, ma con una tensione malinconica che accompagna i due protagonisti in un viaggio fatto più di dialoghi e scoperte interiori che di eventi spettacolari. Emiliano è un ragazzo di poco più di vent’anni, laureato in Lettere, pieno di entusiasmo e con poche certezze. Viene incaricato da un’importante casa editrice di raggiungere lo scrittore Vittorio Vezzosi, un autore schivo e in rotta con l’ambiente letterario da anni. L’obiettivo? Convincerlo a scrivere il seguito del suo libro di culto, un romanzo uscito negli anni ’90 che ha segnato una generazione.

Vezzosi, interpretato da Marco Giallini, è un personaggio chiuso, burbero, con un passato irrisolto. Il viaggio che intraprendono insieme — da Milano verso Roma — diventa il pretesto per far emergere lo scontro (e l’incontro) tra due generazioni molto diverse: quella di chi ha vissuto gli anni ruggenti dell’editoria italiana e quella di chi cerca di farsi strada in un presente frammentato e sfuggente.

Il film alterna momenti di leggerezza a riflessioni amare sul tempo che passa, sul fallimento e sulla disillusione. Parla anche della scrittura come atto di resistenza e come rifugio. I dialoghi tra i due protagonisti sono il cuore pulsante della narrazione: ironici, a tratti affilati, sempre carichi di tensione emotiva. 

Marco Giallini è Vezzosi: un ruolo che gioca sulla sottrazione, perfetto per lui, sempre bravo nel rendere il non detto.


Giuseppe Maggio è Emiliano: più ingenuo, più idealista, il suo personaggio porta nel film quel bisogno di senso tipico dei ventenni disillusi di oggi.

Analisi Monologo

“Ciao. Vi vedo bene. Insomma…, non siamo poi così male, no?La partenza è disarmante: niente tono da oracolo, niente messaggi altissimi. È il tono colloquiale di chi non vuole mettersi in cattedra. Vezzosi si mette in mezzo agli altri, alla pari. Con un pizzico di ironia, osserva il passare del tempo nei corpi, nei volti – il suo compreso. Siamo… vivi. No? E poi vedo i giovani. Che se ne accorgeranno solo tra una trentina d’anni, di esserlo.Questa è una delle frasi chiave. C’è un doppio strato: da una parte un'osservazione ironica e quasi paterna sui giovani che non sanno di essere giovani (perché solo il tempo dà il contesto), dall’altra una fitta esistenziale: il tempo è l’unico vero giudice, e chi è giovane oggi, come lui un tempo, non sa quanto sia effimera quella condizione. “Io avrei voluto leggere due righe, due righe del mio nuovo romanzo. Ma non posso farlo. E Se vi chiedete perché… è perché non esiste nessun romanzo.” Qui avviene la frattura: il “romanzo nuovo” non esiste. È un colpo di scena ma non teatrale, piuttosto mesto, autentico. Questa frase mette fine a tutto il meccanismo che ha mosso la trama: l’attesa del nuovo libro, la pressione dell’editore, la missione di Emiliano.

Tutto si scioglie qui, con una frase che ha il sapore di una confessione. C’ho provato, credetemi. Per anni. Di notte, di giorno… non ci riesco.È la parte più vulnerabile. Vezzosi si toglie la corazza e ammette il fallimento, ma senza dramma. Solo fatica. Quella di chi ha cercato di ricreare qualcosa che – forse – non poteva più esistere. La scrittura, per lui, non è un mestiere, ma un atto unico. Irripetibile.

“Forse perché… quello che dovevo dire… l’ho già detto.Eccolo il centro del discorso. Non è un problema di ispirazione, ma di senso. Vittorio non ha più niente da dire, perché I lupi dentro conteneva già tutto. È la resa di un artista che accetta che la propria voce è stata piena una sola volta. E questo non lo rende meno artista, ma più umano. Si scrive un romanzo solo. Si vive una vita sola. E si ama una donna sola.Questa frase è un manifesto. Tre dichiarazioni definitive. Tutte assolute, tutte discutibili, ma nel contesto diventano verità personali. Non verità universali, ma confessioni intime. In questa chiusa c’è la fine di tutto il rumore: carriera, fama, letteratura, social, editoria. Resta l’essenza. “Ciao, grazie di tutto, e… vi voglio bene.Chiude con una semplicità disarmante. Nessuna predica. Solo un saluto, un grazie, e un “vi voglio bene” che, detto da uno come lui, vale come un gesto rivoluzionario. È il momento in cui Vittorio smette di essere il personaggio ingombrante che tutti si aspettano, e diventa un uomo normale, affettuoso, stanco.

Conclusione

Questo monologo è la fine di un’identità. Vittorio Vezzosi ha vissuto per anni nel ruolo di “scrittore maledetto”, genio solitario, oppositore del presente. Ma qui, in pubblico, si spoglia di tutto. Ammette di non avere più niente da scrivere, e proprio in quel momento riesce – paradossalmente – a dire la cosa più vera di tutte.

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