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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel cuore di "La città proibita", questo monologo rappresenta uno dei momenti più densi di pathos e verità emotiva dell’intero film. Mei, finalmente a confronto con Marcello, dopo la scoperta della morte della sorella Yun e del padre di lui, Alfredo, rompe ogni filtro e rivela il cuore pulsante del suo viaggio, la ragione del suo dolore e della sua furia. È un momento di catarsi ma anche di richiesta disperata: Mei cerca risposte, conforto, giustificazione e uno scopo da condividere. Interpretato da Yaxi Liu, il monologo si colloca esattamente nel punto di frattura del film, dove la vendetta si mescola al lutto e la rabbia cede il passo all’amore represso, al rimpianto e alla possibilità di scegliere un’altra via.
MINUTAGGIO: 1:27:14-1:30:15
RUOLO: Mei
ATTRICE: YaxiLiu
DOVE: Netflix
ITALIANO
Lo sai perché mia sorella è venuta in Italia? Per me. Quando sono nata, nel mio Paese, si poteva avere solo un bambino. Mia sorella era già nata. I miei non potevano avermi. Quindi, da quando sono nata, sono rimasta chiusa in casa. Per ben vent’anni. L’ho odiata per vent’anni. Non capivo perché solo lei potesse andare a scuola, uscire con gli amici, prendere il treno, andare al cinema. Ma ogni volta che tornava, si sdraiava con me. Mi faceva chiudere gli occhi, e mi raccontava dove era andata, cosa le fosse successo. Solo lei si preoccupava di come mi sentivo. Adesso si possono avere più figli. Ma dove sono nata io bisogna ancora pagare una multa, per essere riconosciuti. Mia sorella è venuta qui a Roma per mettere insieme i soldi, per liberarmi. Ma ora io sono sola e lei è morta. Non le ho mai detto che è la persona che più amo al mondo. La devo vendicare. E tu che cosa vuoi fare? Dimmi cosa devo fare. Dovrei fare come te? Rimanere in cucina tutti i giorni? Cucinare la pasta tutti i giorni? Io non ci riesco. Lui era tuo padre. Lei era mia sorella. Dimmi cosa dovrei fare. E tu che cosa vuoi fare. Cosa possiamo fare?
"La città proibita" è un film dal respiro internazionale che mescola azione, dramma familiare, criminalità urbana e melò sociale in una narrazione stratificata che si muove tra passato e presente, Cina e Italia, vendetta e redenzione. Il suo fulcro emotivo è un legame spezzato tra due sorelle separate dalle dure leggi della politica del figlio unico, e la sua trama si sviluppa come un'indagine personale e culturale che svela la corruzione, il degrado morale e la difficoltà di integrazione in un contesto migratorio.
Nel 1995, nel pieno della politica del figlio unico in Cina, due sorelle, Yun e Mei, crescono in clandestinità: Mei, la secondogenita, è tenuta nascosta per sfuggire alle denunce e cresce in un contesto di invisibilità, trovando rifugio e identità nelle arti marziali. Questo retroterra segna il suo destino: la repressione familiare, la mancata registrazione all’anagrafe e un’infanzia vissuta nell’ombra la caricano di una forza esplosiva, canalizzata nella disciplina e nel combattimento.
Nel 2025, Mei sbarca a Roma per cercare Yun, che è scomparsa da tempo. L’unico indizio la conduce al cuore dell’Esquilino, nel ristorante "Città proibita": un luogo di degrado camuffato da ristorante di lusso, dove prostituzione e malaffare si fondono nel sottofondo dell’immigrazione cinese. Qui, Yun ha vissuto e lavorato come squillo, vittima di una rete che sfrutta le donne cinesi non regolarizzate.
L’incontro-scontro con Wang, il boss del ristorante, è l’innesco del racconto d’azione: Mei entra con la furia di chi cerca risposte e giustizia, demolendo gerarchie criminali, infiltrandosi nella ragnatela di legami che tengono insieme potere economico e debolezze umane. Un’anziana le rivela che Alfredo, ristoratore romano di una trattoria rivale, si era innamorato di Yun. Da qui, il percorso si biforca verso la famiglia italiana, altrettanto frammentata.
La trattoria di Alfredo è un microcosmo che riflette l’Italia minore e popolare, legata ai valori tradizionali ma lacerata da gelosie, rancori e competizioni. La moglie Lorena e il figlio Marcello sono i superstiti di una famiglia già spezzata. Mei affronta Marcello con la sua consueta brutalità – è una protagonista che risolve i conflitti con la forza, in piena opposizione alla cultura della mediazione italiana – ma ne ottiene informazioni cruciali: Alfredo è fuggito con una donna cinese, poi scomparso.
L’entrata in scena di Annibale, amico fraterno di Alfredo e piccolo boss romano, complica lo scenario: rappresenta il volto italiano del crimine, impulsivo, razzista, nostalgico di un quartiere ormai contaminato. Quando i suoi uomini cercano Mei, vengono però sconfitti ancora una volta: la ragazza è una forza della natura, una vendicatrice implacabile.
La svolta arriva con la scoperta dei cadaveri di Yun e Alfredo: un doppio lutto che provoca la crisi totale di Mei. La giovane, che ha attraversato mezzo mondo per ritrovare la sorella, ora ne tiene tra le braccia il corpo esanime. Ma l’incontro con la morte porta anche una nuova connessione con Marcello, che la aiuta e la accompagna. Tra i due nasce un rapporto che supera l’iniziale diffidenza e si apre alla possibilità dell’amore. Il viaggio in Vespa per Roma è un raro momento di luce, un respiro poetico che interrompe la violenza.
Mei svela il vero motivo per cui Yun era venuta in Italia: raccogliere i soldi per “legalizzare” la sorella pagando la multa prevista dalla legge cinese, ora che la politica del figlio unico è decaduta. L’intero viaggio di Mei si carica di tragica ironia: la sorella era qui per lei, ed è morta per amore.
Wang, rimasto senza guardie, viene affrontato in un duello epico da Mei durante un concerto del figlio. Ferito mortalmente, confessa tutto: Alfredo voleva vendere la trattoria per salvare Yun e iniziare una nuova vita, ma Annibale, pur di non cedere il quartiere ai cinesi, ha ucciso l’amico fraterno. La morte di Yun, accoltellata da Wang subito dopo, è un atto di rabbia e disprezzo. La colpa è condivisa, ma frutto di logiche opposte: l’amore e la vendetta si sono annientati a vicenda.
Mei racconta la verità a Marcello. Quando questi affronta Annibale, le loro vite si rivelano speculari: due uomini cresciuti nel culto della famiglia e del quartiere, incapaci di accettare il cambiamento. Annibale, di fronte al vuoto esistenziale che ha contribuito a creare, si toglie la vita. La sua morte rappresenta la fine di un’epoca di piccolo crimine romano, e l’apertura a un futuro nuovo.
Il film si chiude con un doppio epilogo:
Lorena diventa la nuova proprietaria della trattoria, simbolo di rinascita femminile e riscatto economico.
Mei e Marcello si trasferiscono in Cina: lei insegna arti marziali, lui cucina italiano. Hanno due figli: la nuova generazione, italo-cinese, nasce libera, riconciliata, meticcia.
Il monologo è costruito come un viaggio che parte dalla rabbia e dall’odio per poi approdare al dolore e alla tenerezza.
È diviso idealmente in tre fasi:
“Quando sono nata, nel mio Paese, si poteva avere solo un bambino... L’ho odiata per vent’anni." Mei racconta la repressione subita, ma lo fa attraverso un racconto che è cronaca e confessione insieme. La sua reclusione domestica la pone in una condizione di "fantasma vivente", un’ombra. L’odio verso Yun nasce dall’invidia, ma è un odio che si rivela già fragile, incrinato dai gesti d’affetto della sorella. "Ma ogni volta che tornava, si sdraiava con me..." Questa è la parte centrale, in cui emerge il vero sentimento: l’amore. Yun è passata dall’essere la privilegiata a diventare la sola fonte di umanità per Mei. Le storie raccontate da Yun diventano per Mei una forma di vita vicaria, un modo per esistere attraverso la fantasia. C'è quasi un'intuizione teatrale qui: Mei ha vissuto “recitando” i racconti della sorella, immaginandoli, interiorizzandoli.
"Ora io sono sola e lei è morta... La devo vendicare." Mei si rende conto di non aver mai detto a Yun quanto la amasse. La morte rende tutto definitivo. Non c’è più spazio per riparare, solo per agire. Ma ora il monologo si apre: non è più solo uno sfogo, diventa una domanda, un’interpellazione diretta a Marcello (e indirettamente allo spettatore). "Dimmi cosa devo fare. E tu che cosa vuoi fare?" Questo passaggio è cruciale: Mei non è più soltanto furia vendicatrice, ma una donna che cerca una direzione, una via di uscita dal ciclo della violenza.
Questo monologo è il cuore del personaggio di Mei e dell’intero film. In esso convivono la denuncia politica (contro la legge del figlio unico), il dramma umano (il rimpianto e l’amore non detto), il dilemma etico (vendetta o redenzione), e il confronto culturale (due mondi diversi, due modi di reagire). È una scena che richiede all’attrice – Yaxi Liu – una gamma espressiva vastissima: deve partire dalla rabbia, passare per la commozione, sfiorare la fragilità, e poi tornare alla determinazione. Ogni parola ha un peso. Ogni pausa può diventare uno spartiacque emotivo.
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