Monologo Merida Ribelle: analisi e significato profondo

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo all’inizio del film “Ribelle - The Brave”, e Merida, voce narrante, ci introduce nel suo mondo. Questo monologo funge da vera e propria chiave di lettura tematica: parla del destino, della terra, della famiglia, delle regole che la opprimono e del desiderio, mai del tutto espresso, di libertà. È la sua visione iniziale, il suo “stato di partenza” prima che il film metta davvero in moto il conflitto.

Ci troviamo di fronte a una protagonista che non ha ancora rotto gli argini, ma che è già consapevole della tensione tra quello che le viene chiesto di essere e ciò che sente di voler diventare. Il tono è calmo, riflessivo, ma sotto la superficie c’è già frustrazione e fermento.

Principesse guerriere

MINUTAGGIO: 4:20-7:00:00
RUOLO:  Merida
ATTRICE:
kelly macdonald
DOVE: Disney+



INGLESE

Some say our destiny is tied to the land as much a part of us as we are of it. Others say fate is woven together like a cloth. So that one's destiny intertwines with many others. It's the one thing we search for or fight to change. Some never find it. But there are some who are led. The story of how my father lost his leg to the demon bear Mor'du became legend. I became a sister to three new brothers. The princes. Hamish, Hubert and Harris. Wee devils, more like. They get away with murder. I can never get away with anything. I'm the princess. I'm the example. I've got duties, responsibilities, expectations. My whole life is planned out, preparing for the day I become... Well, my mother. She's in charge of every single day of my life. But every once in a while, there's a day when I don't have to be a princess. No lessons, no expectations. A day where anything can happen. A day I can change my fate.



ITALIANO

Alcuni dicono che il nostro destino è legato alla terra. Che essa fa parte di noi, quanto noi di essa. Altri dicono che il destino è intrecciato, come un tessuto. Così che il nostro destino ne incrocia molti altri. E’ la cosa che tutti cerchiamo di cambiare, o lottiamo per cambiare. Alcuni non lo trovano mai. Ma vi sono quelli che vi sono guidati. La storia di come mio padre perse la gamba per colpa dell’orso Mor’dù è diventata leggenda. Io diventai sorella di tre nuovi fratelli, i principi Hamish, Hubert e Harris. Dei diavoletti, più che altro. A loro è tutto concesso. A me non è concesso nulla. Io sono la principessa. Sono un esempio. Io ho doveri, responsabilità, aspettative, la mia vita è tutta programmata. In attesa del giorno in cui diventerò… beh, come mia madre. Lei gestisce ogni singolo giorno della mia vita. Ma di tanto in tanto arriva il giorno in cui non sono costretta a fare la principessa. Niente lezioni, niente aspettative. Il giorno in cui può accadere di tutto. Il giorno in cui può cambiare il mio destino.

Ribelle - The Brave

"Ribelle – The Brave" (2012) è un film d’animazione targato Pixar, diretto da Mark Andrews e Brenda Chapman, con una direzione artistica e narrativa che si distacca dal tono più urbano o contemporaneo di altri titoli dello studio per abbracciare il folklore scozzese e i suoi paesaggi brumosi, i castelli, le leggende orali. È un film che, almeno nelle intenzioni iniziali di Chapman, voleva mettere al centro il rapporto madre-figlia, e in parte lo fa, ma lo fa attraverso un filtro narrativo piuttosto fiabesco e con alcune deviazioni da buddy movie animale.

La protagonista è Merida, una giovane principessa del clan Dunbroch, con una chioma rossa riccia che la rende riconoscibile fin dal primo frame (i capelli di Merida sono una vera e propria impresa tecnica per Pixar). Merida è un’adolescente che fatica a riconoscersi nel ruolo che la madre, la regina Elinor, vorrebbe per lei: quello della principessa composta, educata, preparata a diventare regina. Il conflitto tra loro è immediato: Elinor incarna la tradizione, Merida la rottura, il desiderio di libertà.

La tensione esplode quando Elinor organizza un torneo per trovare un pretendente tra i giovani delle famiglie alleate. Merida si ribella, partecipa lei stessa alla gara e la vince, innescando un conflitto ancora più aperto con la madre.

Ed è qui che il film cambia registro: Merida, nella rabbia, si rifugia nel bosco e incontra una strega (il cui capanno è pieno di orsi di legno – dettaglio da non sottovalutare). Le chiede un incantesimo per “cambiare sua madre”. La strega glielo concede sotto forma di torta. Elinor mangia, e... si trasforma in un orso. Da qui in avanti, "Ribelle – The Brave" si sdoppia: da una parte c’è il tentativo di Merida di annullare l’incantesimo prima che sia troppo tardi (Elinor potrebbe rimanere orsa per sempre), dall’altra c’è la fuga da un pericolo reale, perché il re Fergus – marito di Elinor – ha una storia personale drammatica legata proprio agli orsi: uno di loro gli ha strappato una gamba. Se scopre che la moglie è diventata un orso, la caccia è inevitabile.

In parallelo, la figura del leggendario orso Mor'du – un principe maledetto, trasformato in bestia per la sua ambizione – funge da monito e da specchio oscuro di ciò che potrebbe accadere anche a Elinor. Mor'du è ciò che succede quando la trasformazione rompe definitivamente il legame con l’umano che c’era sotto.

Analisi Monologo

"Alcuni dicono che il nostro destino è legato alla terra. Che essa fa parte di noi, quanto noi di essa." La frase iniziale richiama un immaginario celtico: la terra come entità viva, sacra, con cui si è in simbiosi. È anche un modo implicito per introdurre il contesto mitico del film, in cui la natura è portatrice di forze misteriose – come la magia della strega o l’apparizione dei fuochi fatui.

"Altri dicono che il destino è intrecciato, come un tessuto. Così che il nostro destino ne incrocia molti altri." Qui si inserisce un concetto quasi filosofico: il destino non è lineare, ma una rete di fili che si intrecciano. È interessante che proprio nel film sarà Merida, tagliando un arazzo, a rompere simbolicamente e concretamente il suo legame con la madre, per poi doverlo ricucire. La metafora del tessuto ha quindi un peso che non è solo poetico, ma anche visivo e narrativo. "È la cosa che tutti cerchiamo di cambiare, o lottiamo per cambiare. Alcuni non lo trovano mai. Ma vi sono quelli che vi sono guidati."

Qui Merida mette a fuoco il tema chiave: il destino come campo di battaglia. Per alcuni è una ricerca, per altri una condanna. C’è anche una tensione tra l’agire e l’essere guidati, quasi una dialettica tra libero arbitrio e fatalismo. Lei è in una fase in cui crede ancora di poter cambiare tutto da sola, come un gesto di ribellione.

"La storia di come mio padre perse la gamba per colpa dell’orso Mor’dù è diventata leggenda." Introdurre Mor’dù serve a mostrare quanto il passato e la leggenda siano parte integrante della sua identità. È il mondo in cui è cresciuta: fatto di storie tramandate, simboli di paura e coraggio.

"Io diventai sorella di tre nuovi fratelli… A loro è tutto concesso. A me non è concesso nulla." Merida mette in contrapposizione la libertà dei fratelli (maschi, combinaguai, lasciati liberi) e la sua condizione di figlia primogenita femmina: vincolata da aspettative, educazione, rituali. È un conflitto di genere che il film espone in forma chiara: le regole cambiano in base a chi sei. "Io sono la principessa. Sono un esempio. Io ho doveri, responsabilità, aspettative, la mia vita è tutta programmata." Questa parte è la più didascalica ma anche la più necessaria: esplicita il peso di un’identità non scelta. Non è Merida a definirsi, ma gli altri. Ed è da qui che parte il bisogno di cambiare qualcosa: non perché sia una ribelle senza motivo, ma perché sente che quello che le viene imposto non le appartiene.

Ma di tanto in tanto arriva il giorno in cui non sono costretta a fare la principessa... Il giorno in cui può cambiare il mio destino." Il finale del monologo è aperto, quasi un’evocazione. C’è una speranza, un desiderio nascosto nei pochi momenti di libertà: andare a cavallo, tirare con l’arco, esplorare. E dentro quel giorno libero c’è la possibilità del cambiamento. È come se ogni tanto si affacciasse la vera Merida, non ancora soffocata dai ruoli.

Conclusione

Questo monologo è il manifesto interiore di Merida, ed è anche un ottimo esempio di esposizione tematica elegante. Non ci viene raccontata solo la trama iniziale, ma ci viene dato un assaggio di tutto quello che sarà in gioco nel film: il conflitto tra libertà e dovere, tra tradizione e identità, tra madre e figlia. Pixar, qui, fa una cosa interessante: prende la struttura del “racconto di formazione” e la mette in bocca a una ragazza che sta per agire, ma che ancora non conosce le conseguenze del proprio agire.

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