Monologo di Victor Frankenstein (Oscar Isaac): analisi e guida

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di James Garfield in "Death by Lightning"

Il monologo di Victor Frankenstein nel film di Guillermo del Toro rappresenta uno dei momenti più intensi e complessi della storia del cinema gotico moderno. Davanti a un’assemblea di scienziati, il giovane barone espone la sua visione estrema: sfidare la morte e sostituirsi a Dio attraverso la scienza. Questo discorso, a metà tra conferenza e confessione è un testo pieno di tensione, retorica e visioni interiori sul potere di creare e distruggere la vita.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Come prepararlo per un'audizione

  • Finale del film (con spoiler)

  • FAQ

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Frankenstein (2025)
Personaggio: Victor Frankenstein
Attore: Oscar Isaac
Minutaggio: 21:00-22:30

Durata: 1 minuto 30 secondi

Difficoltà: Alta (retorica + intensità + arroganza)
Emozioni chiave: Fascinazione per la morte, Esaltazione, di fronte a una possibile rivoluzione, Sfida, perché mette in discussione Dio, la scienza ufficiale e l’autorità dei presenti. Controllo apparente Victor appare in controllo, ma sotto sta già perdendo il contatto con il limite.
Contesto ideale per l’attore: perfetto per ruoli intensi, intellettualmente sfidanti o per registi che vogliano vedere un attore tenere la scena da solo con un testo denso; personaggi incentrati sulla scienza, l’etica, la morte, il concetto di creatore/creazione, oppure in chiave gotica e dark.

Dove vederlo: Netflix

Contesto del film "Frankenstein"

Guillermo del Toro, fedele alla sua poetica gotica e malinconica, ambienta la sua versione di Frankenstein in una Europa ottocentesca immersa in guerra, febbre scientifica e decadenza morale. La storia si apre in un paesaggio remoto e ostile: l’Artico. Una nave danese, bloccata dai ghiacci nel mezzo di una spedizione, incrocia per caso l’uomo che un tempo era il barone Victor Frankenstein, ridotto a un relitto umano, senza una gamba, in ipotermia e perseguitato da qualcosa di mostruoso che cammina sulle orme del suo passato. Del Toro sfrutta questa cornice estrema – la distesa ghiacciata e silenziosa – come metafora della desolazione interiore dei suoi personaggi: il Capitano Anderson, ossessionato dall’ignoto, e Victor Frankenstein, tormentato dal peso della creazione. La Creatura che assale la nave non è solo un essere mostruoso, ma un simbolo vivente della colpa e dell’abbandono, in grado di rigenerarsi e resistere alla morte, come un peccato che rifiuta di essere sepolto.

Da questo momento, la narrazione si sdoppia in due atti principali, entrambi raccontati in flashback. Prima dal punto di vista di Victor, poi da quello della Creatura. In questo modo, Del Toro frammenta la percezione morale del pubblico, sospendendolo in un territorio grigio dove il mostro e l’uomo si alternano nel ruolo di vittima e carnefice. Nel primo atto, Victor è un giovane aristocratico e geniale chirurgo animato dal sogno prometeico di sconfiggere la morte. Segnato da una famiglia opprimente, dalla perdita della madre e da un padre arrogante, Victor cerca nel superamento biologico della morte un modo per riscattare il proprio dolore. Quando riceve i finanziamenti di Harlander, un affarista corrotto e malato terminale, si getta in un esperimento disperato: costruire un corpo umano nuovo, mescolando i resti dei caduti in guerra e i condannati a morte, per poi rianimarlo grazie all’elettricità.

Ma la nascita della Creatura non è un trionfo scientifico. È un atto cieco, arrogante e privo di umanità. Victor si spaventa, incatena la sua "opera" come un animale e tenta di educarla con crudeltà, incapace di cogliere l’anima sensibile che si nasconde sotto la pelle cucita e le ossa innestate. Quando Elizabeth – figura chiave in questo triangolo tragico – mostra alla Creatura compassione, Victor risponde con rabbia e vendetta. In una spirale di gelosia e fallimenti, brucia il proprio laboratorio e lascia la Creatura a morire tra le fiamme. L’esplosione segna simbolicamente la fine dell’ideale scientifico di Victor e l’inizio della vera tragedia.

Testo del monologo + note

Signori, noi nasciamo, e non facciamo in tempo a sorgere che cadiamo. La Morte. E nello spazio che separa il sorgere e la caduta c’è la nostra umile esistenza. Ora, la nascita non dipende da noi. Giusto? Il concepimento, quella scintilla, l’animarsi del pensiero e dell’anima. Quello è nelle mani di Dio. “Dio”... Ma la Morte… Ah… E’ la che risiede la sfida. Quella di cui dovremmo interessarci. Dovremmo. Chi siamo noi per farlo? Non siamo Dei, giusto? Ma per comportarci come se lo fossimo, dobbiamo quantomeno compiere miracoli, non pensate? Accendere la scintilla divina nella mente di giovani studenti. Insegnare la sfida, invece dell’obbedienza, dimostrare che l’uomo può inseguire la Natura nei luoghi in cui si nasconde e fermare la morte! Non rallentarla, ma fermarla completamente! (Victor solleva un panno. Sotto, una parte di un corpo) Soggetto composito, il corpo. Quello di un bottegaio, consegnatomi poco dopo che è espirato. Il cervello, messo ancora funzionante, i rami spinali e i nervi vagali intatti. Le cicatrici sono sottili come capelli. Non ritiene suture grossolane la mia tecnica. Il braccio proviene da un altro esemplare. Quello di un carpentiere. Muscoli, legamenti e nervi, ora sono connessi. Che la corrente elettrica causi movimenti spasmodici del corpo, non è nuovo. Non è nuovo. Tuttavia, il flusso di energia attraverso il corpo segue un concetto diverso. Il concetto orientale del “qi”, che considera il flusso vitale di energia, sia all’interno, che all’esterno. 

“Signori, noi nasciamo, e non facciamo in tempo a sorgere che cadiamo. La Morte.” : apertura ferma, tono da oratore colto; piccola pausa dopo “Signori”; su “La Morte” voce più bassa, come una sentenza che cala sulla sala.

“E nello spazio che separa il sorgere e la caduta c’è la nostra umile esistenza.”: ritmo più lento; sguardo che si muove tra il pubblico; tono riflessivo, quasi compassionevole.

“Ora, la nascita non dipende da noi. Giusto?”: piccola ironia nella domanda; pausa breve prima di “Giusto?” per coinvolgere il pubblico; sorriso appena accennato, sfidante.

“Il concepimento, quella scintilla, l’animarsi del pensiero e dell’anima. Quello è nelle mani di Dio.”: tono solenne; gestualità controllata, le mani indicano l’alto; rallenta su “nelle mani di Dio”, con rispetto ma senza devozione.

“‘Dio’…”: ripetizione meditata; pausa lunga; lo sguardo si abbassa, quasi sprezzante o perplesso, come se Victor stesse soppesando la parola.

“Ma la Morte… Ah… È là che risiede la sfida.”: il tono cambia; l’“Ah” è un piccolo respiro d’intuizione; voce più intensa, più viva; sguardo fisso, come se avesse appena trovato la chiave del suo pensiero.

“Quella di cui dovremmo interessarci. Dovremmo.”: tono quasi pedagogico; sottolinea “Dovremmo.” con una pausa secca; ritmo più tagliente, intellettuale.

“Chi siamo noi per farlo? Non siamo Dei, giusto?”: tono ironico e provocatorio; lo sguardo si sposta sul pubblico in cerca di consenso; leggera risata su “giusto?”.

“Ma per comportarci come se lo fossimo, dobbiamo quantomeno compiere miracoli, non pensate?”: crescendo; voce più ampia, gestualità aperta; sottolinea “miracoli” con fervore; pausa dopo la domanda, attesa della reazione del pubblico.

“Accendere la scintilla divina nella mente di giovani studenti.”: tono ispirato, quasi paterno; piccolo sorriso; sguardo alto, gesto di “accensione” con la mano.

“Insegnare la sfida, invece dell’obbedienza,”: tono deciso; ritmo più serrato; pausa dopo “sfida”; sguardo diretto, severo.

“dimostrare che l’uomo può inseguire la Natura nei luoghi in cui si nasconde e fermare la morte!”: voce in crescendo, piena; gestualità ampia; su “fermare la morte” tocca il culmine, quasi una dichiarazione di fede.

“Non rallentarla, ma fermarla completamente!”: ribadisce con forza, voce ferma e vibrante; breve pausa prima di “completamente”; lo sguardo sfida la platea.

(Victor solleva un panno. Sotto, una parte di un corpo.): pausa silenziosa; movimento lento e solenne; lo sguardo resta fisso sull’oggetto, non sul pubblico. Il silenzio qui vale più delle parole.

“Soggetto composito, il corpo.”: tono quasi didattico, freddo, professionale; ritorno alla logica dello scienziato.

“Quello di un bottegaio, consegnatomi poco dopo che è espirato.”: voce calma, descrittiva; sguardo basso, come se osservasse i dettagli dell’esperimento.

“Il cervello, messo ancora funzionante, i rami spinali e i nervi vagali intatti.”: tono tecnico; ritmo scandito; sottolinea “funzionante” con orgoglio contenuto.

“Le cicatrici sono sottili come capelli. Non ritiene suture grossolane la mia tecnica.”: leggero compiacimento; voce più morbida; gesto della mano a mostrare la precisione.

“Il braccio proviene da un altro esemplare. Quello di un carpentiere.”: tono quasi neutro, scientifico; breve pausa prima di “Quello di un carpentiere.”, come per dare rilievo al dettaglio umano.

“Muscoli, legamenti e nervi, ora sono connessi.”: tono pacato, soddisfatto; gesto minimo come a mostrare il collegamento invisibile.

“Che la corrente elettrica causi movimenti spasmodici del corpo, non è nuovo. Non è nuovo.”: tono cattedratico; la seconda ripetizione più lenta, più personale, come se volesse dire “ma io so qualcosa di più”.

“Tuttavia, il flusso di energia attraverso il corpo segue un concetto diverso.”: voce più morbida, tono quasi mistico; abbassa il volume come per condividere un segreto.

“Il concetto orientale del ‘qi’, che considera il flusso vitale di energia, sia all’interno, che all’esterno.”: voce calma, profonda; cadenza lenta; lo sguardo si fa visionario, come se vedesse ciò che gli altri non possono immaginare.

Analisi del monologo di Garfield in "Death by Lightning"

In questa scena, Victor Frankenstein presenta pubblicamente la sua teoria e le sue prime prove sulla possibilità di riportare in vita un corpo morto. Non è un semplice intervento accademico: è una dichiarazione di guerra contro la morte, l'annuncio di un’idea rivoluzionaria che unisce scienza, spiritualità e un pizzico di follia. Il momento si carica di tensione: Victor è circondato da intellettuali pronti a giudicarlo, ma la sua sicurezza – quasi arrogante – trasforma il suo discorso in un monologo teatrale, tra filosofia e delirio prometeico.

Il monologo ruota intorno a tre nuclei tematici principali:

La fragilità della vita umana: Victor apre con una riflessione filosofica sulla nostra condizione mortale. "Noi nasciamo, e non facciamo in tempo a sorgere che cadiamo." La vita è breve, e la morte è una certezza che arriva troppo presto.

La ribellione all’ordine divino: L’elemento religioso non viene negato, ma provocato. Victor riconosce che la nascita è nelle “mani di Dio”, ma rivendica che la morte è il vero campo di battaglia dove l’uomo dovrebbe osare. “Non siamo Dei, giusto? Ma per comportarci come se lo fossimo, dobbiamo compiere miracoli”.

La scienza come atto creativo (e distruttivo): Victor mostra il corpo composito come una prova concreta del suo esperimento. Non si limita a esporre dati: mette in scena la sua creazione, come un artista che rivela la sua opera, mescolando medicina, anatomia, cultura orientale e teoria energetica. Introduce perfino il concetto di qi, energia vitale, unendo scienza occidentale e spiritualità orientale.


Il monologo alterna momenti riflessivi a picchi di entusiasmo e fervore. La voce deve essere flessibile, in grado di passare da un tono quasi sommesso e filosofico (“la nostra umile esistenza”) a un’esaltazione da oratore carismatico (“fermare la morte! Fermarla completamente!”). Il ritmo inizialmente contemplativo accelera man mano che Victor si infervora, ma non deve mai diventare urlato: l’energia va incanalata con controllo. Anche se Victor appare sicuro, dietro il suo slancio scientifico si nasconde una fame di riconoscimento e un vuoto esistenziale profondo. La recitazione deve tenere presente questa dualità: l’uomo brillante e il figlio abbandonato, lo scienziato e il bambino che sfida Dio perché ha perso la madre.: Fondamentale la gestione dello spazio e del corpo. Victor espone, dimostra, mostra fisicamente un cadavere. Deve muoversi come un conferenziere che sa di essere al centro dell’attenzione, ma anche come un uomo che, mentre parla, si convince lui stesso del suo ruolo quasi divino. Il gesto di sollevare il panno e mostrare il corpo è il momento simbolico più forte.

Il finale di "Frankenstein" (Spoiler alert)

La seconda parte del film cambia tono. È più intima, più lirica, più umana. La Creatura si rivela il vero cuore del film, e Del Toro, come già in Il labirinto del fauno o La forma dell’acqua, fa un passo indietro rispetto al punto di vista umano per abbracciare quello della meraviglia ferita. La Creatura fugge e trova rifugio in una capanna ai margini di una foresta. Qui, la narrazione si allontana dall’horror e si avvicina al racconto fiabesco. Come un bambino selvatico che impara il linguaggio degli uomini, la Creatura si avvicina con timore e curiosità a un vecchio cieco che vive con la nipote. È un momento sospeso: la bestia viene accolta senza pregiudizio, amata per quello che è. Ma questa oasi dura poco. Quando il vecchio muore e la famiglia lo ritrova, la Creatura viene accusata ingiustamente e costretta a fuggire di nuovo, segnando così la sua condanna a una vita di solitudine.

Il ritorno nella vita di Victor avviene durante il momento più gioioso della famiglia Frankenstein: il matrimonio tra William ed Elizabeth. Ed è lì che il dolore esplode. La Creatura non cerca vendetta, ma una possibilità: chiede al suo creatore di non lasciarlo solo al mondo, di creare una compagna con cui condividere l’eternità. Victor rifiuta, sprezzante e pieno di orrore, e in un impeto di disprezzo prova ad uccidere la Creatura. Ma sbaglia bersaglio. Elizabeth si frappone e viene colpita mortalmente. L’immagine di Elizabeth che muore tra le braccia della Creatura è forse la più intensa dell’intero film: due "diversi", due esseri segnati dall’amore e dalla violenza dell’uomo, uniti in una scena di struggente dolcezza. La Creatura la consola mentre la vita abbandona il suo corpo. Intanto William – fratello, sposo e figlio prediletto – ammette che è sempre stato terrorizzato dalla follia di Victor, chiudendo così il cerchio del fallimento umano del barone.

A quel punto, Victor non è più uno scienziato, né un padre, né un uomo. È solo una carcassa ossessionata dal proprio errore. Insegue la Creatura fino ai confini del mondo conosciuto, nell’Artico, in un tentativo finale di cancellare la propria colpa con la distruzione totale. Il confronto finale avviene nella stiva della nave, nel gelo e nel silenzio. Victor, morente, si rivolge per l’ultima volta alla Creatura con parole inaspettate: le chiede perdono. La chiama figlio. Le riconosce un’identità e un diritto all’esistenza. È tardi, ma è sincero.

La Creatura accetta il perdono. Spinge la nave fuori dai ghiacci, letteralmente salvando l’equipaggio che voleva distruggerla, e poi si allontana nell’aurora boreale. È un finale senza redenzione facile, ma con un gesto che spezza il ciclo della vendetta. L’ultima immagine è potentissima: la Creatura, sola, osserva la nave che salpa verso la luce, il sole che sorge. Non è solo una liberazione. È la prova che anche ciò che è nato dall’orrore può scegliere la compassione.

Credits e dove vederlo

Regista: Guillermo del Toro

Sceneggiatura: Guillermo del Toro

Produttore: Guillermo del Toro, J. Miles Dale, Scott Stuber

Cast: Oscar Isaac (Victor Frankenstein) Jacob Elordi (la Creatura) Mia Goth (Elizabeth) Felix Kammerer (William Frankenstein)

Dove vederlo: Netflix

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