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~ LA REDAZIONE DI RC
Il film "Nyad - Oltre l’oceano", diretto da Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin (gli stessi di Free Solo, quindi già molto a loro agio con imprese estreme), è un biopic che mette al centro una figura tanto ostinata quanto fuori dagli schemi: Diana Nyad. A interpretarla è Annette Bening, mentre il ruolo della sua storica amica e allenatrice Bonnie Stoll è affidato a Jodie Foster. La trama parte da un punto ben preciso della vita di Diana: un momento di passaggio, quasi una crisi identitaria.
Nyad ha abbandonato da tempo le competizioni in acque libere, si è costruita una carriera da giornalista e ha messo da parte quella parte di sé che per anni aveva nuotato chilometri su chilometri, spinta da una volontà che rasenta l’ossessione. Ma a 64 anni, qualcosa si riaccende. È come se il tempo le dicesse: “Se vuoi chiudere un conto in sospeso, fallo adesso.” E quel conto è la traversata da Cuba alla Florida, tentata più volte da giovane ma mai portata a termine.
Nel corso del film, vediamo Diana circondata da un piccolo team, ma fondamentale. Bonnie, che non è solo una coach ma un’amica che la conosce profondamente, è la figura che bilancia l’energia a tratti distruttiva della protagonista. C’è un medico, uno specialista di squali, un barcaiolo esperto di correnti oceaniche. Ma la tensione narrativa rimane tutta incollata a Diana: la sua motivazione, la sua ostinazione, il suo rapporto complicato con il concetto stesso di fallimento.
Diana Nyad: Annette Bening
Bonnie Stoll: Jodie Foster
Diana Nyad si allena.
Diana Nyad: L’unica persona che deciderà se ho chiuso sono io.
Bonnie Stoll: Per te non sarà finita, ma sono tutti esausti, capito? Hai offeso gravemente Bartlett e Nico deve tornare a lavoro, adesso ripara condizionatori d’aria.
Diana Nyad: Nico dice che questa è l’avventura più incredibile della sua vita.
Bonnie Stoll: Ah, non capisci proprio, vero? Che significa per noi? Siamo al verde. Il tempo, il peso emotivo, sono passati anni, Diana.
Diana Nyad: Stringete i denti. Siamo un team, giusto?
Bonnie Stoll: Uao, il tuo complesso di superiorità è davvero preoccupante, lo sai si?
Diana Nyad: Si beh, ognuno di noi dovrebbe avere il suo complesso di superiorità. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi protagonista della sua vita.
Bonnie Stoll: Si esatto, della mia vita, la mia vita. Io ho delle cose che voglio fare.
Diana Nyad: Si, per esempio?
Bonnie Stoll: Non lo so. Insomma, è questa la cosa assurda. Insomma… io non lo so che cosa voglio, che cosa voglio fare. Ma sai cosa? Sono io che decido, non tu.
Diana Nyad: Io penso solo che tu debba cominciare a fare pace con l’idea che io possa morire. Bonnie Stoll: Che significa?
Diana Nyad: Io sarei disposta a farlo per te, se ti rendesse felice.
Bonnie Stoll: Oh, davvero, lo faresti davvero?
Diana Nyad: Si! Immagina di sapere nel tuo profondo di poter fare qualcosa che solo tu potresti fare, come il fato. 1 Basta con questo fato, Diana.
Diana Nyad: Nyad significa…
Bonnie Stoll: So cosa significa il tuo cognome.
Diana Nyad: Mio padre…
Bonnie Stoll: Era uno stronzo!
Diana Nyad: Si, era uno stronzo, ma lui aveva capito il mio destino (scoppia in lacrime)
Bonnie Stoll: Ma qui non si tratta di te o del tuo destino, si tratta di me. Ok? Per una volta si tratta di me! E tu non… tu non ci pensi a me! Vuoi… vuoi solo che ti stia dietro come un cagnolino!
Diana Nyad: No, certo che penso a te. Io so ciò di cui sei capace meglio di quanto lo sappia tu!
Bonnie Stoll: Ah sentiti, con che supponenza! Non ci credo.
Diana Nyad: Lo so che tutti vogliono che io stia seduta, con la bocca chiusa, e che aspetti di morire. Non pensavo anche tu.
Bonnie Stoll: Basta!
Diana Nyad: Non posso. Non lo farò. Non accetterò la sconfitta. Sei con me?
Bonnie Stoll: No. Se ne va.
“L’unica persona che deciderà se ho chiuso sono io.” Qui Diana afferma la sua filosofia di vita: la padronanza assoluta del proprio destino. Non cede a nessuno il potere di dirle quando è finita, nemmeno agli amici più stretti. È la forma estrema di autodeterminazione, ma anche una chiara cecità emotiva. È il motore dell'impresa e allo stesso tempo la miccia del conflitto. “Siamo tutti esausti... Il tempo, il peso emotivo, sono passati anni, Diana.” Bonnie rappresenta la realtà. Non è contro Diana, ma è l’unica che ha il coraggio di porle dei limiti. Non parliamo di stanchezza fisica, ma psicologica, relazionale, finanziaria. Il progetto di Diana assorbe tutti, senza sosta. Bonnie è la voce del corpo, del tempo che passa e delle priorità dimenticate. “Ognuno di noi dovrebbe sentirsi protagonista della sua vita.”
Un’affermazione che suona giusta... finché non capiamo che nel mondo di Diana, essere protagonisti significa piegare tutto e tutti al proprio obiettivo. È quasi un’ideologia egocentrica travestita da empowerment. Bonnie lo capisce e lo rigetta: “Della mia vita, la mia vita”. “Io penso solo che tu debba cominciare a fare pace con l’idea che io possa morire.” Questa battuta è devastante. Non è solo un modo per sottolineare la pericolosità dell’impresa, ma una specie di test affettivo. Diana la usa per misurare quanto Bonnie sia disposta a sacrificare. E Bonnie scoppia: non è più un problema di destino, è un problema di presenza, di ascolto, di reciprocità.
“Mio padre… Era uno stronzo! Ma lui aveva capito il mio destino.” Il personaggio di Diana è definito anche da una ferita originaria: un rapporto tossico con un padre manipolatore, da cui però ha tratto la convinzione che fosse destinata a qualcosa di “grande”. Qui la scrittura è raffinata: l’eredità del trauma diventa carburante per l’ossessione. “Per una volta si tratta di me!” Qui Bonnie rompe il patto non scritto del “ruolo di supporto”. Vuole essere vista. Non come assistente, non come spalla, ma come persona con desideri, confusione, limiti. Una dichiarazione potente che rimette in discussione tutto.
“Sei con me?” — “No.” Per la prima volta, Bonnie rifiuta il patto. E lo fa con un “No” secco, senza aggiungere altro. Il momento è fondamentale perché chiude il cerchio emotivo del dialogo: non è la traversata ad essere in discussione, ma il tipo di relazione che le due hanno avuto fino a quel punto.
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