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Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Il cuore narrativo della serie si sviluppa in un contesto ad altissima pressione: il Maguire Medical Center, centro traumatologico di primo livello a Miami, si prepara ad affrontare un uragano imminente. Ma l’uragano vero – quello che spazza vite, carriere e sicurezze – è già esploso dentro il pronto soccorso.
La protagonista è Danny Simms (Willa Fitzgerald), specializzanda al terzo anno, brillante ma profondamente impulsiva, che si ritrova improvvisamente promossa a capo del team quando il suo superiore, Xander Phillips (Colin Woodell), viene sospeso in seguito a una denuncia per condotta inappropriata... fatta proprio da lei.
Danny e Xander hanno avuto una relazione. Una storia fatta di attrazione, complicità, ma anche di dinamiche professionali distorte, abuso di potere e manipolazione emotiva. Quando la verità comincia a emergere, tutto ciò che sembrava sotto controllo si sfalda: l’ospedale, la carriera, il rispetto dei colleghi, e soprattutto quell’illusione che il lavoro possa essere uno spazio neutro, immune ai drammi personali.
Harper: Jessy Yates
Danielle: Willa Fitzgerald
Danielle: Tranquilla chiamo un Uber.
Harper: Non puoi costringerlo ad andare in ospedale.
Danielle: Ok.
Harper: Ma perché ti comporti così.
Danielle: La colpa è mia, ora?
Harper: Si. Ormai è anziano. Non cambierà.
Danielle: Non è una scusa.
Harper: Già, è solo la realtà. 2 La realtà… no. Ah, la realtà è che si approfitti di te, e tu glielo permetti. Perché?
Harper: Perché gli voglio bene, o perché… perché lo accetto.
Danielle: Io no. Non voglio che ti faccia sentire in dovere di occuparti di lui. Di risolvere tutto e di non potergli mai dire cosa senti davvero
Harper: Occuparmi di lui mi piace.
Danielle: Sai che potrebbe permettersi un aiuto. Tra assicurazione e pensioni potrebbe avere una persona qui ogni giorno se lui volesse.
Harper: Non vuole uno sconosciuto che giri dentro casa.
Danielle: Certo, è ovvio! Vuole una figlia che lo tratti come un bambino. Che gli faccia da mangiare, lo diverta senza mai affrontare la realtà.
Harper: Mio Dio.
Danielle: Esatto, non parliamo del suo scompenso. O della mamma. O di quella sera.
Harper: Non farlo.
Danielle: Dì la verità. Per una volta, perché non vuoi essere sincera. Ti ha spinta lui.
Harper: E’ stato un incidente, sono caduta.
Danielle: Ti ha… ti ha spinta lui perché stavate litigando. Vero? Voi discutevate per me. Avrei dovuto proteggerti e non c’ero.
Harper: Non mi va di parlare edi questo.
Danielle: Perché? Vuoi vivere come lui nel silenzio di una tomba per tutta la vita?
Harper: D’accordo! D’accordo! Vuoi proprio che te lo dica? E’ stata tutta colpa tua, cazzo. Stavamo discutendo per te. Avevi macchiato la parete con la tinta per farti i capelli blu, la carta da parati appena messa. Sapevi che sarebbe impazzito. Sapevi che lo avresti fatto incazzare e non ti interessava. Lui stava venendo a romperti il culo, è chiaro? E io ti ho difesa. Quindi si. E’ questo che vuoi sentirti dire? Ti aiuta?
Danielle: Almeno siamo sincere.
Harper: Magari io non voglio esserlo. Magari non voglio affatto pensare alla mamma o allo scompenso o alla sedia a rotelle. Magari non voglio pensare al rancore che provi nei miei confronti per averti costretta a prenderti cura di me.
Danielle: Non è così. Non provo alcun rancore Harper, non è mai stato così, mai.
Harper: Ti piangi addosso, continuamente, perché credi che la mia vita sia una cazzo di tragedia. Non lo è. Se vuoi che ti odi per qualche motivo, allora si. Ti odio per questo.
Questo dialogo tra Danielle (Willa Fitzgerald) e Harper (Jessy Yates) in Pulse è uno dei momenti emotivamente più densi della serie. Un confronto crudo, senza retorica, che tocca traumi familiari non risolti, sensi di colpa stratificati e dinamiche di dipendenza affettiva. È un faccia a faccia che sembra più uno scavo chirurgico nelle radici del dolore.
Quello che colpisce subito è la struttura a valanga del dialogo: parte con un tono quasi quotidiano – “Chiamo un Uber” – ma basta una battuta (“Non puoi costringerlo ad andare in ospedale”) perché si apra un abisso. In pochi secondi siamo dentro un confronto che ha anni di silenzi repressi alle spalle. Danielle è visibilmente esasperata. Ma non solo per la situazione presente. La sua esasperazione nasce da un accumulo emotivo mai esploso, e la sua rabbia si dirige sia verso il padre – che qui resta sullo sfondo come una figura ingombrante e passiva – sia verso la sorella Harper, che secondo lei si è rassegnata a una dinamica familiare tossica.
Harper, d’altro canto, incarna la figura di chi ha normalizzato la violenza e la manipolazione come strategia di sopravvivenza. Il suo continuo giustificare (“Occuparmi di lui mi piace”, “Non vuole uno sconosciuto in casa”) è la dimostrazione di un’identità costruita attorno alla rinuncia, al prendersi cura, al non reagire. Eppure, quando esplode, Harper non trattiene nulla: il suo sfogo è feroce e diretto, ed è probabilmente la sua prima vera reazione onesta in tutto l’arco della serie.
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