Soleil Noir: analisi del confronto tra Alba e Beatrice nella scena della confessione

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~ LA REDAZIONE DI RC

Soleil noir

Sei episodi. Una madre. Un cadavere. Un campo di lavanda che sa più di silenzio che di profumo. Soleil Noir — miniserie thriller francese diretta da Marie Jardillier ed Édouard Salier — è una storia che parte da un delitto, ma non si accontenta del classico meccanismo giallo. Fa una cosa diversa, e per certi versi più inquietante: mette al centro non chi ha ucciso, ma ciò che quell’omicidio rivela. Famiglie che sono costruzioni sociali complesse, che reggono finché qualcuno non forza una porta chiusa a chiave. In questo caso, quella porta è Alba, una madre single dal passato spezzato che torna, senza saperlo, a reclamare ciò che le è stato negato dalla nascita. Alba (Ava Baya) è una figura che entra in scena già segnata. Non si tratta di una vittima passiva: è una donna che sopravvive, giorno dopo giorno, proteggendo suo figlio Noé da un mondo che non ha mai fatto sconti. La Provenza, con la sua estetica da cartolina e le sue dinamiche socio-economiche chiuse e gerarchiche, appare come un rifugio ideale. La tenuta agricola dei Bianca è visivamente idilliaca: distese di lavanda, rituali del raccolto, una comunità apparentemente serena. Ma sotto la superficie, pulsa qualcosa di torbido.

Il colpo di scena che ribalta la narrazione arriva già alla fine del primo episodio: il patriarca della famiglia Bianca, Arnaud, è il padre biologico di Alba. Non lo sapeva (almeno non ufficialmente), ma adesso un test del DNA lo conferma. E da quel momento, Alba smette di essere un'estranea e diventa una minaccia. Economica, sociale, emotiva.

Tutto ruota attorno all’eredità. Ma il vero tema non sono i soldi o la proprietà, quanto chi ha diritto di appartenere a una storia. Soleil Noir mette in scena una famiglia all’apparenza compatta, ma costruita su omissioni, tradimenti, compromessi. Mathieu (figlio legittimo, borghese, nervoso) rappresenta il mondo che rifiuta Alba: la vuole fuori, lontana, rimossa.

Ogni episodio aggiunge strati. Flashback, lettere nascoste, diari segreti, documenti bruciati, silenzi pesanti come accuse. Il passato di Alba non è solo difficile: è attivamente cancellato. E il suo percorso non è solo quello di una madre che cerca giustizia, ma di una figlia che cerca sé stessa dentro una storia che nessuno ha voluto raccontarle.

L’identità viene così costruita non su una base positiva (“chi sono?”), ma su una reazione (“cosa mi avete tolto?”). Alba non è lì per integrarsi: è lì per sopravvivere, e forse anche per rifiutare tutto quello che le è stato negato e ora offerto troppo tardi.

Il dialogo

Alba: Ava Baya

Beatrice: Isabelle Adjani

Alba corre verso Beatrice.

Beatrice: Che ci fai qui?

Alba: Questa me la paghi



Alba strozza Gabrielle.

Beatrice: Ferma, basta!

Alba: Si allontana.

Beatrice: Sei proprio la figlia di Arnaud. C’è la stessa violenza, in voi. Basta una scintilla ed esplodete. Ora che facciamo, Alba? Bruciamo tutto, ci uccidiamo? O troviamo una soluzione?

Alba: La soluzione è la verità.

Beatrice: Ah, la verità, è da un pò che ormai non conta più niente. Bene. Senti, apri… la mia borsetta. C’è una cosa per te. Forza. 

Alba tira fuori dei soldi dalla borsetta.

Beatrice: Avanti, sono tuoi.

Alba: Non voglio i tuoi fottuti soldi. 

Beatrice: Stavo pensando a Léo. E’ un bambino davvero eccezionale, così maturo e intelligente per la sua età- Ed è anche molto sensibile.

Alba: Hai parlato con lui?
Beatrice: Novemila euro su un conto a suo nome. Un buon inizio, no? E poi li faremo fruttare oltre ai versamenti futuri. E una volta maggiorenne avrà una bella somma per cominciare a vivere.

Alba: Sta lontana da mio figlio, hai capito?

Beatrice: Guarda di nuovo, voglio dire, guarda meglio.

Alba estrae altri fogli.

Beatrice: Ho chiesto al notaio Jacques di mettere tutto per iscritto, è un accordo riservato. Lo firmeremo soltanto tu ed io, non lo firmerà nessun altro.

Alba: Che cos’è questo? 

Beatrice: Un’ammissione, in cui confessi l’omicidio di Arnaud. Io mi impegno a prendermi cura di Léo, fino alla sua maggiore età, come se fosse uno dei miei figli.

Alba: Non l’ho ucciso io.

Beatrice: A chi importa? Non è questo che conta. Ciò che conta è salvare il futuro dei nostri figli.

Alba: Tu sei pazza. 

Beatrice: No, nono Alba, non sono mai stata così lucida. Se loro avranno la tua confessione, io potrò chiudere l’accordo con la Maison Oris prima che Omar vada via per sempre. I miei figli devono essere al sicuro come il tuo. E’ la soluzione migliore.

Alba: Quindi anche tu vuoi portarmi via mio figlio.

Beatrice: Non proprio. Noi lo proteggeremo. Ogni decisione sarà approvata da te. Léo non deve essere prigioniero di questa orribile vita. dagli il futuro che merita. E’ semplice. Non pensi che la più grande prova d’amore di una madre sia sacrificarsi per un figlio? 

Analisi dialogo

Il dialogo si apre con un gesto di rabbia fisica: Alba strozza Beatrice. È un atto improvviso, non razionale, che rivela quanto la tensione emotiva sia ormai fuori controllo. Ma la risposta di Beatrice non è difensiva. È strategica. Capisce immediatamente che la forza non le serve, le serve la manipolazione.

E in questo senso, Beatrice si comporta da regina decaduta del potere borghese: invece di aggredire, cerca di comprare. Non solo letteralmente, con i soldi, ma anche con un'idea distorta di protezione materna. Mette in scena un ricatto affettivo travestito da offerta nobile.

Alba, al contrario, è ruvida, diretta, fisica. Non ha un piano, ha un dolore. E quello che vuole è verità, non compromessi. Quando dice: “La soluzione è la verità”, sta cercando di riportare il discorso sul piano etico. Ma Gabrielle ha già deciso che quel piano non esiste più: “è da un po’ che ormai non conta più niente”. Non è solo una battuta cinica. È la logica della famiglia Bianca: conservare l’ordine, non importa a che prezzo.

"Hai parlato con lui?" — la frattura definitiva

In questo passaggio, Beatrice svela il suo vero piano: l’accesso a Léo. Quando dice di aver pensato al suo futuro, in realtà sta trattando Alba come una pedina. La cifra è solo un’esca. Il vero tentativo è quello di destabilizzarla. Le sta dicendo: “Io posso fare per tuo figlio ciò che tu, con il tuo caos, non potrai mai fare”.

Ed è qui che la posta in gioco cambia: non è più tra due donne, ma tra due modelli di maternità. Una basata sul sacrificio silenzioso, sugli accordi a porte chiuse, sulle “soluzioni” pratiche. L’altra, quella di Alba, è fragile ma autentica, caotica ma radicata in un’idea di amore non negoziabile. Il colpo di scena arriva con la proposta: “Un’ammissione, in cui confessi l’omicidio di Arnaud”. Beatrice non si ferma davanti a nulla. Non cerca giustizia, cerca una narrazione controllabile. Se Alba si autoaccusa, il caos viene neutralizzato. L’eredità può tornare “ordinata”, la Maison Oris può essere salvata, la famiglia Bianca può continuare a esistere nella finzione di un mondo coerente.

Questa parte è centrale per capire il personaggio di Beatrice. Non è un mostro. È una donna che ha imparato a vivere secondo una sola legge: sopravvivere facendo il meno rumore possibile. E quel tipo di sopravvivenza, in ambienti come quello della serie, si fonda sulla negoziazione del dolore, mai sulla sua esposizione.

“Non sono mai stata così lucida” — Il controllo sotto forma di altruismo

La frase è costruita in modo chirurgico. Gabrielle non si presenta come carnefice, ma come una madre razionale che “vede oltre”. E infatti le dice: La più grande prova d’amore di una madre è sacrificarsi per un figlioMa il punto è che Beatrice non si riferisce a sé stessa: sta chiedendo ad Alba di sacrificarsi. E questo è un ribaltamento che fa male, perché usa una retorica sacra — la maternità — per ottenere un risultato sporco: mettere tutto a tacere.

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