Soleil Noir: il monologo di Beatrice al funerale di Arnault

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo al funerale di Arnault, patriarca della famiglia e figura centrale della tenuta agricola che dà inizio a tutta la vicenda di Soleil Noir. A prendere la parola, davanti a una platea di volti tirati e animi divisi, è la vedova: Beatrice.

Ci si aspetterebbe un discorso celebrativo, composto, di quelli che ammantano il defunto di belle parole e silenzi decorosi. Invece Gabrielle, con una freddezza perfettamente calcolata, prende una strada molto più personale e inquietante: trasforma l’elogio funebre in un manifesto esistenziale e in una resa dei conti, usando Arnault come simbolo – più che come uomo da piangere.

Funerali e chat gpt

STAGIONE 1 EP 1

MINUTAGGIO: 42:00-44:16

RUOLO: Beatrice

ATTRICE: Isabelle Adjani

DOVE: Netflix



ITALIANO



C’è la vita e c’è la morte. c’è forse qualcuno di noi che potrà sopravvivere? No. Allora dobbiamo mangiare solo cibo squisito, prendere il sole e nuotare nel mare; camminare nei boschi, esprimere sentimenti con sincerità. Essere folli, gentili, diversi. Non abbiamo tempo da perdere.” Chat GPT. Ho chiesto a Chat GPT di scrivere qualcosa riguardo alla vita e alla morte. AAAAH, Arnault. Mio caro Arnault. Così delicato con le sue rose, e così spinoso con il suo prossimo. E’ stato Arnault ad insegnarmi che una rosa può esprimere ogni genere di sentimento: la dolcezza, la tenerezza… la fedeltà. Addirittura la duplicità e il tradimento. “Non sposerai mai un contadino”, gridava mia madre. Non avevo neanche vent’anni. Tutto per cosa. Tutto per questo. Credi di conoscere qualcuno, credi che lui ti ami? Ma in realtà lui non ti ha mai amato, e tu non lo conoscevi davvero. Una farsa.

Soleil noir

Se ti piacciono quei thriller che partono in sordina, con un’aria di calma apparente, e poi piano piano srotolano una rete sempre più stretta di tensione e mistero… allora Soleil Noir è una di quelle serie che non si dimenticano facilmente. È una miniserie francese in sei episodi, disponibile su Netflix dal 9 luglio 2025, e già al primo sguardo si capisce che non è pensata per correre: Soleil Noir è fatta per insinuarsi. Ambientata in una Provenza visivamente seducente ma emotivamente minacciosa, la serie racconta un conflitto familiare sepolto, che riaffiora come una radice sotto il pavimento, spaccando tutto quello che incontra. La protagonista, Alba (interpretata da Ava Baya), è una madre single con un passato duro, fatto di istituti, lavori precari e legami tossici. Si rifugia con il figlio Léo in una tenuta agricola nel sud della Francia, specializzata in fiori di lusso e oli essenziali. Lì, tra campi di lavanda e silenzi sospetti, inizia il suo lavoro come bracciante stagionale.

Il colpo di scena arriva quasi subito: Arnaud, trovato morto, era in realtà il padre biologico di Alba, e lei è la sua unica erede legittima. Inizia così una guerra silenziosa all’interno della famiglia Bianca, dove ogni personaggio – dai figli legittimi del defunto, fino alla moglie Beatrice – ha qualcosa da proteggere o da nascondere.

Analisi Monologo

Il monologo si apre con una frase che sembra uscita da un saggio esistenzialista:

“C’è la vita e c’è la morte. C’è forse qualcuno di noi che potrà sopravvivere? No.”

Qui Beatrice non parla più come moglie, ma come voce fuori campo della serie stessa. È un’apertura che inquadra subito il tono del discorso: non ci sarà retorica. Al contrario, la morte di Arnault diventa occasione per riflettere sulla vanità delle convenzioni, sull'urgenza di vivere in maniera autentica.

Subito dopo, il tono si alleggerisce ma solo in apparenza:

“Allora dobbiamo mangiare solo cibo squisito, prendere il sole e nuotare nel mare; camminare nei boschi, esprimere sentimenti con sincerità. Essere folli, gentili, diversi. Non abbiamo tempo da perdere.”

Questa parte è volutamente "scritta", tanto che Beatrice stessa ammette:

“Ho chiesto a ChatGPT di scrivere qualcosa riguardo alla vita e alla morte.”

Un momento quasi metacinematografico. Citare un’intelligenza artificiale in un funerale, nel contesto di una serie che parla di identità e finzione, non è una battuta comica: è un gesto carico di significato. Beatrice ammette implicitamente che le parole autentiche le mancano, o non le appartengono più. Ha bisogno di delegare la sincerità a un algoritmo. Una confessione travestita da provocazione.

E poi, lo scarto improvviso:

“AAAH, Arnault. Mio caro Arnault. Così delicato con le sue rose, e così spinoso con il suo prossimo.”

Beatrice lo rievoca non come marito, ma come una presenza tagliente, ambigua. Le rose sono il simbolo perfetto: bellezza e dolore intrecciati. Tenerezza e tradimento. Non è un caso che la serie ruoti attorno a una tenuta di fiori.

La parte più corrosiva arriva nella parte finale:

“Non sposerai mai un contadino”, gridava mia madre. Non avevo neanche vent’anni.
Tutto per cosa. Tutto per questo.
Credi di conoscere qualcuno, credi che lui ti ami?
Ma in realtà lui non ti ha mai amato, e tu non lo conoscevi davvero.
Una farsa.

Qui Beatrice crolla nel cinismo. Quel "tutto per cosa" è il cuore emotivo del discorso. È una donna che si è sacrificata per un amore che non l’ha mai corrisposta davvero. Che ha rinunciato a una parte di sé – forse alla sua classe sociale, alla sua ambizione, alla sua libertà – per poi ritrovarsi sola, incompresa, usata. Il funerale non è per Étienne: è per il lutto della sua illusione.

Conclusione

Il monologo di Beatrice non è un semplice sfogo: è uno specchio frantumato. Mostra una donna che si è costruita attorno a un ruolo – la moglie, la matriarca, la custode delle apparenze – e che solo di fronte alla morte si concede il lusso di essere sincera.

È un momento chiave della serie perché sposta il tono: da quel punto in avanti, tutto ciò che sembrava ordinato inizia a disgregarsi. Le maschere si allentano. I ruoli diventano fragili. Beatrice, con la sua freddezza e la sua disillusione, è un personaggio tragico in senso classico: non cerca vendetta, ma riconoscimento. Il suo monologo è una richiesta di essere vista per quella che è diventata. Non la vedova del patriarca, ma una donna che ha amato un’idea e si è risvegliata in un teatro vuoto.

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