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~ LA REDAZIONE DI RC
Clark Kent è già Superman quando comincia il film. È già parte integrante del Daily Planet, ha già salvato il mondo una manciata di volte e, dettaglio non da poco, Lois Lane conosce la sua vera identità. Una scelta narrativa interessante, perché ribalta il classico triangolo “Lois ama Superman ma non sa che è Clark”, spostando il focus sul rapporto tra verità, fiducia e ambiguità pubblica.
Tre settimane prima dell’inizio della narrazione attuale, Superman ha messo fine a un'invasione militare nel paese di Jarhanpur, salvandolo dalla Boravia, ma sollevando il dubbio: un singolo uomo, con poteri quasi divini, ha deciso di intervenire in uno scenario geopolitico delicato... chi gli ha dato questo potere?
Lex Luthor cavalca questa tensione: il suo piano non parte con raggi laser o robot giganti, ma con un’operazione di delegittimazione politica e mediatica, supportata dal governo e da un clone manipolato dell’Uomo d’Acciaio. È un attacco sottile, infido, che punta alla psicologia collettiva: "e se Superman non fosse nostro amico?"
Luthor introduce nel gioco Ultraman, che è un clone di Superman creato da un suo capello (un dettaglio alla "Lex Luthor classico", preso di peso da decenni di fumetti). Questo clone è però privo di coscienza propria: esegue ordini ricevuti via droni, rendendolo una marionetta. Il suo attacco a Superman, inizialmente visto come un atto d’odio boraviano, si rivela parte di una messinscena.
A questo punto, il piano di Luthor prende forma:
Distrugge il messaggio originale di Jor-El e Lara, che nella sua versione "alterata" esorta Kal-El alla conquista della Terra.
Lo trasmette globalmente, facendo credere che Superman sia un invasore alieno tenuto a bada solo dalla sua buona volontà.
Quando Superman si arrende volontariamente, viene imprigionato da Luthor in un universo tasca, insieme ad altri prigionieri e il suo cane Krypto.
Questa è la parte in cui il film inizia a parlare con un tono più politico: Superman viene trattato come un asset, come un'arma da disinnescare. Le istituzioni, anziché proteggere chi ha salvato il mondo più volte, si affidano a un miliardario con manie di controllo. È un mondo in cui la paura vince sulla fiducia.
La parte finale del film ha un tono più dinamico e spettacolare, ma la posta in gioco resta identitaria. Clark ha bisogno di riscoprire chi è, lontano da ciò che gli altri pensano di lui. È significativo che il punto di svolta avvenga nella fattoria dei Kent, tra i resti di un’infanzia che non è mai stata completamente sua.
Con l'aiuto di Mister Terrific, Lois Lane e Metamorpho (un outsider con i suoi traumi e poteri da "body horror" fumettistico), Superman evade dall'universo tasca, non per vendetta, ma per fermare un buco nero che rischia di distruggere Metropolis.
La battaglia finale è visivamente ambiziosa, ma ciò che conta è il modo in cui Superman sceglie di agire: non combatte per ripristinare la sua reputazione, ma per salvare chi lo ha tradito, dimostrando che il suo eroismo è una scelta, non un destino.
Lois Lane: Rachel Brosnahan
Clark Kent / Superman: David Corenswet
Lois: Sei pronto?
Superman: Comincia Cronkite.
Lois: Superman.
Superman: Miss Lane.
Lois: Di recente lei è stato criticato aspramente per alcuni suoi…
Superman: Non so se aspramente…
Lois: Si, direi di si. Oggi il ministro della difesa esamina le sue azioni in Boravia.
Superman sogghigna.
Lois: La… la fa ridere?
Superman: No. Non è che mi faccia ridere. E’ solo che… andiamo, le mie azioni. Ho fermato la guerra.
Lois: Forse.
Superman: Non forse. L’ho fatto.
Lois: Okay. Come?
Superman: Beh, la Boravia ha invaso il Jarhanpur e io sono andato a dirgli che non era giusto.
Lois: E poi?
Superman: E… ho sfondato qualche carro armato, e… un paio di aerei, e dell’altra roba… Non ci sono state né vittime né feriti gravi.
Lois: Ha avuto contatti col presidente della Boravia, Vasil Ghurkos?
Superman: Un minimo, diciamo.
Lois: Che vuol dire un minimo?
Superman: Era una cosa tra noi.
Lois: (Stoppa l’intervista). Sto registrando.
Superman: Si ma… quella conversazione doveva restare tra noi due.
Lois: Si, e ti avrei fatto questa domanda che io sapessi o no la risposta.
Superman: Davvero?
Lois: Davvero. Riattiva la registrazione.
Superman: Dopo che ho fermato la guerra… sono andato a trovare Kurkros.
Lois: Dove.
Superman: Nella capitale, Luebeck, nel palazzo reale.
Lois: E…
Superman: E ho avuto un colloquio privato con lui.
Lois: Come
Superman: L’ho portato in volo nel deserto e l’ho…
Lois: E l’ho?
Superman: Sbattuto contro un cactus.
Lois: Un cactus, quindi… tortura.
Superman: No, non tortura. Le spine erano piccole, non si è fatto male.
Lois: E che cosa gli ha detto?
Superman: Gli ho detto che se proverà di nuovo ad aggredire il Jarhanpur dovrà rispondere personalmente a me.
Lois: E cosa vorrebbe dire?
Superman: Che se accadranno eventi simili, avremo una discussione più seria, tutto qui.
Lois: Più seria di piantargli la schiena su un cactus?
Superman: Ghurkos avrebbe ucciso tantissima gente, continua a ignorarlo.
Lois: Quindi di fatto lei è entrato illegalmente in un paese, inserendosi in una situazione geopolitica incredibilmente delicata…
Superman: Nonono, un momento, aspetti un secondo.
Lois:Schierandosi con una nazione, il Jarhanpur che storicamente non è amica degli stati uniti e…
Superman: IlJjarhanpur è cambiato!
Lois: Contro una nazione tecnicamente nostra alleata e ha minacciato di uccidere il capo di stato?
Superman: Prima di tutto, anche se il Jarhanpur non è un paese perfetto, un’altra nazione non ha i diritto di invaderlo.
Lois: Ma il governo della Boravia sostiene che sta liberando il popolo del Jarhanpur da un regime tirannico.
Superman: Si, ma lo sa che questa è una sciocchezza.
Lois: Io lo so.
Superman: E solo il governo della Boravia è l’unico al mondo che lo dice? Ma andiamo!
Lois: Stiamo registrando, Superman!
Superman: Senti, no… ora… tu sei disonesta, Lois.
Lois: Perché sarei disonesta. Che fai?
Superman non riesce a spegnere il registratore.
Lois: Fermo.
Superman: Sei disonesta perché sai quanto me che il governo della Boravia non ha buone intenzioni.
Lois: Credo che sia quasi sicuramente così, ma lo so per certo? No, non lo so. Possiamo continuare?
Superman: Si, va bene.
Lois: Dici che sta andando bene?
Superman: Dico che sta andando bene?.. Ah.. io sto facendo un ottimo lavoro
Lois preme Play.
Lois: Superman, ha consultato il Presidente prima di introdursi in Boravia?
Superman: Ahhh.. No.
Lois: Il Ministro della Difesa?
Superman: No.
Lois: O… o qualunque autorità prima di prendere l’iniziativa e decidere da solo come gestire questa situazione estremamente delicata.
Superman: Ghurkos e i suoi scagnozzi avrebbero ucciso moltissime persone.
Lois: Si, ma lei si è comportato come se rappresentasse gli Stati Uniti e questo governo ha molti altri problemi nel mondo…
Superman: Non stavo rappresentando nessun altro che me! Solo me stesso.
Lois: Più la guerra che è durata tra…
Superman: Il Bene, non so… ho fatto del Bene.
Lois: Che avrebbe rimpiazzato un regime tirannico con un altro regime.
Superman: E’ davvero quello che pensa?
Lois: Non sono io l’intervistata, Superman, ma… mi interrogo. Si, io mi interrogherei in quella situazione e mi fermerei un attimo a valutare le conseguenze.
Superman: Sarebbe morta tanta gente!
Lois: Ok, vorrei cambiare argomento, se possibile.
Superman: D’accordo.
Lois: E’ stato preso di mira sui social ultimamente.
Superman: Non leggo quella roba. Superman non ha tempo per i selfie.
Lois: Terza persona. Si riferisce a sé in terza persona, ora.
Superman: No, è solo una cosa che vorrei provare nella prossima intervista.
Lois: Stiamo registrando, Superman.
Superman: Ok, non la parte in cui l’ho detto.
Lois: Si. Anche quello.
Superman: No, quella parte era di contorno, era ufficiosa.
Lois: Devi dire ufficioso in anticipo, non dopo.
Superman: Perché ti comporti così?
Lois: E va bene, non scriverò che passi il tuo tempo a inventare slogan, che sono terribili per inciso. Social media- Come forse saprà, o forse no, visto che dice di non leggere quella roba…
Superman: Molto raramente.
Lois: Magari poi qualcuno scopre a leggerla e ad avere l’aria molto contrariata.
Superman: Ok, beh, questo non puoi usarlo.
Lois: Le persone sui social sono sospettose perché lei è un alieno, giusto?
Superman: Si, sono stato molto sincero con questo, fin dall’inizio. Vengo da un pianeta chiamato Krypton.
Lois: Ok.
Superman: Che è scomparso, ora. Peraltro. Distrutto. Insieme a tutta la mia storia. Ai miei genitori, mi hanno mandato qui appena nato per salvarli.
Lois: Qui dove.
Superman: Questo non lo dico, lo sai che non lo dico.
Lois: Ok. CHe cos’altro sa di questi suoi genitori biologici.
Superman: Solo che mi hanno mandato qui per servire l’umanità e aiutare il mondo a diventare migliore.
Lois: Hanno detto così?
Superman: Si, certo. Hanno inviato un messaggio insieme a me. E’ il motivo per tutto quello che faccio, è la cosa a cui tengo di più.
Lois: perché ora lei sa che ci sono tantissime persone in giro che sostengono che lei è venuto epr propositi più malvagi… #Superspia, #supermerda.
Superman: Supermerda. Dai Lois, lo sai che quello mi irrita particolarmente!
Lois: Ti ho detto che stiamo registrando, Clark! Non l’ho inventato io, è quello che dicono le persone su Internet.
Superman: Io me ne vado.
Lois: Sul serio?
Superman: Si.
Lois: Avanti, Clark, non fare così.
Superman: Non sto facendo niente.
Lois: No? No? Questo è niente? Prendere la tua roba e abbandonare un’intervista?
Superman: Non sto abbandonando un’intervista.
Lois: E’ quello che fai ogni volta che affronti un conflitto.
Superman: non sto facendo niente.
Lois: Ti arrabbi, fai il muso…
Superman: Non sono arrabbiato.
Lois: E fai finta che vada tutto bene.
Superman: Va tutto bene! Senti, ti ho dato un’intervista bella lunga. Più lunga di quelle che faccio a me stesso, tra l’altro.
Lois: Oh, cronometri le interviste immaginarie con te stesso? E’ una cosa che sai fare?
Superman: Hai dell’ottimo materiale. Alcune cose non puoi funzionare.
Lois: Questo mi è molto chiaro. Sapevo he non avrebbe funzionato.
Superman: come sarebbe? Lois, che cosa vuol dire?
Lois: Niente è solo… Te l’ho detto. Non sono brava nelle relazioni.
Superman: Ok.
Superman se ne va.
Questo dialogo tra Lois Lane e Clark Kent/Superman non è solo una "intervista" nel senso giornalistico: è una dissolvenza emotiva su ciò che divide due persone che si amano, ma che non riescono a parlarsi fuori dai ruoli che si sono scelti. Uno è il superuomo alieno che ha deciso di proteggere la Terra. L’altra è la giornalista d'assalto che non fa sconti a nessuno. Eppure, dietro l’ironia, il sarcasmo e le accuse incrociate, c’è un grande bisogno reciproco di essere capiti.
Superman: “Comincia, Cronkite.”
Clark si riferisce a Walter Cronkite, leggendario giornalista americano. È un modo per prendere in giro la serietà di Lois, ma anche un modo per proteggerla dal confronto diretto. Sta cercando di mettere un cuscinetto tra loro. Non funziona. Lei va dritta al punto.
L’intervista parte da una questione chiave: Superman ha agito da solo, senza autorizzazioni, in uno scenario geopolitico estremamente teso. Ha “fermato una guerra”, dice lui. Ma a quale prezzo? E con quale diritto?
Lois: “Ha avuto contatti col presidente della Boravia?”
Superman: “Un minimo, diciamo.”
La risposta evasiva è significativa: Clark non vuole mentire, ma nemmeno rivelare tutto, perché sa quanto sia problematico ciò che ha fatto. Quando racconta di aver portato il presidente Ghurkos nel deserto e “sbattuto contro un cactus”, lo dice con leggerezza, quasi fosse un gesto simbolico. Ma Lois lo chiama con il suo nome: tortura. Lois mette Superman di fronte alla realtà: ha violato leggi internazionali e ha agito come un’autorità sovrana, quando non lo è.
Uno dei grandi temi del film, e in particolare di questa scena, è: chi controlla Superman? E più ancora: lui sa controllare se stesso? Clark tenta una difesa morale: “Ghurkos avrebbe ucciso moltissima gente.” Ma Lois gli fa notare che l’azione unilaterale, anche se motivata da buone intenzioni, ha conseguenze politiche reali. Lei non lo sminuisce come eroe. Ma lo sfida sul concetto di responsabilità.
La dinamica tra i due si deteriora. Cominciano le interruzioni, i fraintendimenti. Clark si arrabbia. Lois lo provoca. Ma quello che viene fuori non è solo un dibattito politico: è la fotografia di una relazione complicata.
Lois: “E’ quello che fai ogni volta che affronti un conflitto.”
Superman: “Non sto facendo niente.”
Lois: “Ti arrabbi, fai il muso...”
Qui la sceneggiatura si fa personale, toglie la maschera dell’“intervista” e la trasforma in una litigata da coppia, come se i microfoni non esistessero più. Il punto non è più la Boravia. Il punto è come si comunicano. O meglio: come non riescono a farlo.
Quando Lois gli dice che la gente lo chiama “#supermerda”, Clark perde il controllo. Non solo per la parola in sé, ma per il senso di solitudine e fraintendimento che essa rappresenta.
Superman: “Supermerda. Dai Lois, lo sai che quello mi irrita particolarmente!”
È una linea che mescola ironia e amarezza. Perché Clark non è offeso per un meme. È ferito perché capisce che il mondo non lo vuole, o non lo capisce. Sta cercando disperatamente un luogo, una relazione, una versione di sé che possa essere accettata. E nel momento più vulnerabile del dialogo:
Superman: “Sono stato molto sincero con questo, fin dall’inizio. Vengo da un pianeta chiamato Krypton. Che è scomparso, ora. Peraltro. Distrutto. Insieme a tutta la mia storia.”
Sta confessando quanto si senta solo e perso. È un supereroe che ha fatto tutto per “servire l’umanità”, ma che ora comincia a domandarsi se ne valesse la pena. Se può davvero appartenere a questo mondo. Il dialogo è lungo, stratificato, pieno di deviazioni e botta-e-risposta, ma ogni battuta è un piccolo frammento di un rapporto in crisi. Non solo tra due persone, ma tra un uomo (per quanto alieno) e il mondo che vuole proteggere.
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