Il Monologo di Paul in Untamed: la resa finale di Sam Neill nella serie Netflix

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Nell’ultimo atto di Untamed, la tensione tra Kyle Turner (Eric Bana) e Paul Souter (Sam Neill) raggiunge il punto di rottura. Il parco ha già mostrato le sue insidie, ma in questa scena è l’anima a diventare territorio pericoloso. Paul, incalzato da Kyle, rompe il silenzio e confessa tutto. Un monologo che è una resa, ma non una liberazione: è il momento in cui un uomo si arrende davanti alle conseguenze delle sue omissioni e delle sue colpe, credendo ancora – troppo tardi – di potersi spiegare. Sam Neill qui abbandona qualsiasi posa da figura d’autorità: Paul Souter non è più il ranger esperto e rispettato, è solo un padre fallito che ha nascosto la verità troppo a lungo.

Lucy è solo caduta!

STAGIONE 1 EPISODIO 6
MINUTAGGIO: 37:00-40:00 

RUOLO: Paul Souter
ATTORE: Sam Neill
DOVE: Netflix 



Kyle! Kyle! Aspetta, aspetta, aspetta. Ho prestato i miei fucili a degli amici. A dei compagni di caccia. Sono spesso con loro, ma non sempre… E io non so esattamente quale… quale… Oh, mio Dio. Io non sapevo che fosse ancora nel parco, prima di un anno fa più o meno. Venne a casa mia, Kyle. Voleva dei soldi, e io glieli diedi. E diventò una richiesta regolare. Il prezzo aumentava ad ogni visita. Insieme alle minacce di quello che mi avrebbe fatto… se non avessi pagato. E poteva farmi male in molti modi. Ho provato a scusarmi con lei, ma per lei era tardi. Voleva che provassi la stessa amarezza che le avevo fatto provare io. E poi…. l’ultima volta… io stavo badando a Sadie, credevo che riposasse in camera sua, ma quando sono entrato c’era solo un biglietto sul cuscino con su scritto. “Io e Sadie andiamo a trovare Lester". O Dio, mi sono messo a correre nei boschi, cercando ovunque e… e poi mi hanno chiamato. Qualcuno aveva visto Sadie sulla cresta vicino alla vecchia casa di Maddie. Dopo averla riportata a casa sono andato a cercare Lucy, dovevo solo… solo convincerla ad ascoltarmi. Dirgli che non poteva continuare così. E quando l’ho trovata… Volevo solo che si fermasse, perché potessi parlare con lei. Kyle, te lo giuro sulla mia vita, io non volevo farle del male. Poi, quando l’ho vista cadere, ho capito che credeva che cercassi di ucciderla. Sapevo che aveva bisogno di aiuto, ma l’avevo persa. Quando l’ho rintracciata ho visto che stava salendo su El Capitan. Io volevo solo che sapesse che volevo proteggere la mia famiglia.  

Untamed: trama e finale (con spoiler)

La trama di Untamed, la miniserie thriller di Netflix in sei episodi, è un viaggio tra le ombre del passato e i silenzi assordanti della natura selvaggia. Ma è anche un’indagine stratificata che, come il parco in cui si svolge, nasconde più di quanto mostra. Lo Yosemite non è semplicemente lo scenario: è un terreno vivo, pieno di tracce, minacce e fantasmi. Proprio come la coscienza del protagonista. Kyle Turner (Eric Bana) è un ranger dell’Investigative Services Branch del National Park Service, assegnato allo Yosemite dopo anni lontano da tutto. Un uomo segnato dalla tragedia: ha perso suo figlio Caleb anni prima, e da allora convive con un senso di colpa talmente ingombrante da diventare quasi un personaggio a parte.

Turner non cerca solo un colpevole: cerca una via d’uscita da se stesso.

Tutto inizia quando il corpo senza vita di una giovane donna – soprannominata Jane Doe – viene trovato appeso a una corda da scalata. All’inizio sembra un incidente, poi si scopre che è stata uccisa: ha un proiettile nella gamba. L’indagine si apre e si complica subito: niente è come sembra, e a ogni pista seguita corrisponde una nuova crepa nel fragile equilibrio del parco. La ragazza si chiama in realtà Lucy, ed è la figlia illegittima di Paul Souter (Sam Neill), il capo della polizia del parco. Lucy voleva confrontarsi con l’uomo che l’aveva abbandonata, ma l’incontro si trasforma in uno scontro tragico: Souter, sopraffatto dalla paura e dal senso di vergogna, la minaccia con un’arma, e lei si butta giù da una scogliera per non dargli la possibilità di ucciderla. Quando la verità viene a galla, Souter si toglie la vita.

Parallelamente, Turner scopre che Shane Maguire, il guardiacaccia recluso nei boschi, è coinvolto in un traffico illegale: ha coperto l’esistenza di un laboratorio di produzione di droga nascosto in una miniera abbandonata. Il tutto camuffato da attività legate alla fauna. Quando Kyle lo affronta, Maguire lo ferisce gravemente, ma viene ucciso da Naya Vasquez (Lily Santiago), la giovane ranger che aveva deciso di seguirlo di nascosto. Questa parte della trama – il laboratorio nascosto – è quasi un sottotesto simbolico: qualcosa di tossico cresce in segreto nel cuore del parco, proprio come il dolore mai elaborato dei personaggi.

Caleb, il figlio di Turner, è morto da anni. Non è mai realmente presente nella storia: è una proiezione, una voce nella mente di un uomo che non riesce a lasciarlo andare. Caleb è stato ucciso da un predatore sessuale di nome Sean Sanderson, a sua volta ucciso da Maguire per ordine implicito di Jill Bodwin (Rosemarie DeWitt), l’ex moglie di Kyle. Lei, accecata dal dolore e dalla sete di giustizia, aveva messo in moto una spirale di vendetta che ora sta venendo a galla pezzo dopo pezzo. La scoperta arriva attraverso delle fototrappole piazzate nel parco: immagini che mostrano l’omicidio di Sanderson, incastrando definitivamente Maguire.

L’ultimo episodio chiude molti fili. Turner, sopravvissuto alla caccia nei boschi, ha ormai fatto i conti con il proprio passato. Ha scoperto la verità su Lucy, su Souter, su Jill, su Maguire e, soprattutto, su se stesso. Il suo rapporto con Caleb – costruito nella mente ma vivido quanto basta – si spezza nell’ultima scena.

Kyle lascia il parco. Raccoglie le sue cose e se ne va. Non ci viene detto dove, ma il messaggio è chiaro: il ciclo è finito. Untamed non è una storia di redenzione convenzionale. Turner non viene “salvato”. Ma ha finalmente fatto silenzio dentro di sé. E ora, può camminare.

Analisi Monologo

"Ho prestato i miei fucili a degli amici… non sapevo che fosse ancora nel parco." Fin dall’inizio, Paul parte con una difesa instabile. Il tono è confuso, scosso, quasi implorante. Cerca di ridurre la sua responsabilità con una premessa tecnica (i fucili prestati), ma la voce tradisce il panico. È un uomo che si rende conto che la narrazione che ha costruito non sta più in piedi. "Voleva dei soldi… il prezzo aumentava… insieme alle minacce."

Qui veniamo introdotti al vero legame tra Paul e Lucy: non è mai stato un rapporto padre-figlia, ma un confronto teso e irrisolto, che si è trasformato in una forma di ricatto emotivo ed economico. Lucy non voleva giustizia legale: voleva restituire a Souter il dolore dell’abbandono. E lui, invece di affrontarlo, ha continuato a nascondersi dietro il potere e il silenzio. "Quando ho trovato il biglietto… Io e Sadie andiamo da Lester…" L’angoscia cresce: l’incolumità della nipote (Sadie) lo scuote al punto da costringerlo ad agire. Ma anche qui, Paul è reattivo, mai proattivo. Non previene, rincorre. Il parco, che lui dovrebbe conoscere meglio di chiunque altro, diventa una distesa di rimorsi: lo vediamo “correre nei boschi”, ma è come se rincorresse un passato che non riesce più a correggere.

"Quando l’ho trovata… volevo solo parlarle… io non volevo farle del male." Paul cerca disperatamente di separare la sua intenzione dalla conseguenza. Ma non funziona. Lucy non lo ha visto come un padre che cercava una seconda possibilità: lo ha visto come una minaccia. E ha scelto di cadere, letteralmente, pur di non affrontarlo. "Volevo solo che sapesse che volevo proteggere la mia famiglia." Paul parla di protezione quando la sua incapacità di prendersi responsabilità ha già distrutto due generazioni. Proteggere cosa? La sua reputazione? Sadie? Se stesso?

Conclusione

Questo monologo segna il crollo definitivo del personaggio di Paul Souter. Espone la verità che lega tutti i fili narrativi di Untamed, e mostra con precisione chirurgica uno dei temi centrali della serie: l’incapacità degli uomini di affrontare i propri errori fino a che non è troppo tardi. Non c’è eroismo in questa confessione. Non c’è redenzione. Solo un uomo solo, in mezzo al parco che avrebbe dovuto conoscere come le sue tasche, ma che ora gli appare estraneo quanto i sentimenti della figlia perduta. Untamed chiude così il conto con la figura paterna, mostrandone le crepe, le viltà, e quel dolore sotterraneo che nessuna legge può risolvere.

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