V per Vendetta: analisi del dialogo iniziale tra V ed Evey – identità, maschera e vendetta

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~ LA REDAZIONE DI RC

V per Vendetta

Siamo in un’Inghilterra futura governata da un regime fascista chiamato Norsefire. Un partito che ha preso il controllo dopo una lunga crisi economica e sanitaria, e che ora gestisce ogni aspetto della vita pubblica: televisione, stampa, polizia, religione, comportamenti privati. Tutto viene filtrato e controllato da un’autorità assoluta impersonificata dall’Alto Cancelliere Adam Sutler. È un mondo dove la paura è diventata lo strumento di governo. La città è grigia, silenziosa, opprimente. La voce onnipresente del presentatore televisivo Lewis Prothero scandisce le giornate, mentre i “Fingermen”, agenti del governo, pattugliano le strade facendo rispettare le leggi del regime. In questo clima, la libertà è diventata un ricordo.

Il motore della storia è una figura mascherata, avvolta nel mistero, che si fa chiamare semplicemente V. Indossa una maschera di Guy Fawkes — figura storica legata al fallito attentato alla Camera dei Lord del 5 novembre 1605 — e vive in una sorta di rifugio sotterraneo pieno di libri, opere d’arte e musica proibita.

V è un sopravvissuto di un campo di concentramento governativo, il Larkhill Resettlement Camp. Lì è stato oggetto di esperimenti scientifici che lo hanno reso fisicamente più forte, ma soprattutto lo hanno trasformato psicologicamente in un vendicatore. Non è solo un rivoluzionario: è un simbolo, un’idea, qualcosa che va oltre la sua identità. La sua missione è abbattere il regime.

Lo fa con attacchi chirurgici, messinscene teatrali e una retorica da tragedia shakespeariana. Inizia uccidendo figure chiave del governo, ma non lo fa in silenzio: lascia sempre un segno, un messaggio. Il più forte di tutti è la promessa di far esplodere il Parlamento il 5 novembre, esattamente un anno dopo la sua prima comparsa pubblica. La vera chiave d’accesso alla storia, però, è Evey Hammond, interpretata da Natalie Portman. È una giovane donna che lavora per l'emittente televisiva governativa e che, una sera, viene salvata da V durante un'aggressione da parte della polizia segreta. Da lì inizia il suo coinvolgimento con lui. Evey è il personaggio che permette allo spettatore di muoversi da una visione esterna a una comprensione più intima della rivoluzione. Inizialmente spaventata e disorientata, sarà costretta da V ad attraversare un vero e proprio percorso di annientamento dell'identità per ritrovare la libertà personale. La scena del suo "imprigionamento" è un punto centrale del film. V la sottopone a una prigionia fittizia per mostrarle cosa significa vivere senza paura, mettendola davanti alla scelta più radicale: morire per ciò in cui si crede o vivere sottomessa.

Parallelamente al suo rapporto con Evey, V porta avanti il suo piano con precisione maniacale. Ogni omicidio che compie ha una motivazione che risale al suo passato a Larkhill: ogni vittima è stata complice, in un modo o nell'altro, degli esperimenti e delle atrocità commesse dal governo. C’è una giustizia personale che si sovrappone al piano più ampio di destabilizzazione del regime. Ma la parte più interessante del suo progetto è che V non cerca di “guidare” le masse, ma di spingerle a pensare, a scegliere. Il suo obiettivo non è instaurare un nuovo potere, ma distruggere la paura che tiene in piedi quello esistente.

Il climax arriva nella notte del 5 novembre. V, ormai mortalmente ferito, riesce a far esplodere il Parlamento. Ma non è lui a premere il bottone finale: è Evey. In quel gesto c’è il senso del passaggio di testimone. L’idea di V — “le idee sono a prova di proiettile” — ha attecchito. E la scena finale, con centinaia di persone mascherate che assistono all’esplosione in silenzio, è una delle immagini più potenti e ambigue del cinema distopico.

Il dialogo

V: Hugo Weaving
Evey: Natalie Portman

V: Posso assicurarti che non intendo farti del male.

Evey: Chi sei?

V: Chi? Chi è soltanto la forma conseguente alla funzione, ma ciò che sono è un uomo in maschera!

Evey: Eh, questo lo vedo!

V: Certo! Non metto in dubbio le tue capacità di osservazione, sto semplicemente sottolineando il paradosso costituito dal chiedere a un uomo mascherato chi egli sia.

Evey: Ah, giusto.

V: Ma, in questa notte estremamente fausta, permettimi dunque in luogo del più consueto nomignolo di accennare al carattere di questa dramatis personam. Voilà, alla vista un umile Veterano del Vaudeville, chiamato a fare le Veci sia della Vittima che del Violento dalle Vicissitudini del fato. Questo Viso non è Vacuo Vessillo di Vanità, ma semplice Vestigia della Vox populi, ora Vuota, ora Vana. Tuttavia, questa Visita alla Vessazione passata acquista Vigore ed è Votata alla Vittoria sui Vampiri Virulenti che aprono al Vizio, garanti della Violazione Vessatrice e Vorace della Volontà. L’unico Verdetto è Vendicarsi… Vendetta… E diventa un Voto non mai Vano poiché il suo Valore e la sua Veridicità Vendicheranno un giorno coloro che sono Vigili e Virtuosi. In Verità questa Vichyssoise Verbale Vira Verso il Verboso, quindi permettimi di aggiungere che è un grande onore per me conoscerti e che puoi chiamarmi V.

Evey: Per caso sei… sei un pazzo?

V: “Sono certo che qualcuno lo dirà, ma con chi, se posso chiedere, sto parlando?“

Evey: Mi chiamo Evey.

V: Evey? I-Vi… Ma era ovvio!

Evey: Che vuole dire?

V: “Vuole dire che io come Dio non gioco ai dadi e non credo nelle coincidenze. Ti hanno fatto del male?“

Evey: No, sto bene. Grazie a te!

V: “Oh, ho solamente fatto la mia parte! Ma dimmi, ti piace la musica Evey?
Evey: Penso di si.
V: Vedi, io sono musicista, se così si può dire. Sto per dare uno spettacolo quanto mai speciale.
Evey: Che genere di musicista.
V: Gli strumenti a percussione sono la mia specialità. Ma stasera inviterò tutta l’orchestra per questo evento particolare, e sarei onorato se tu volessi accompagnarmi.

Evey: Oh, no, non credo. Meglio che torni a casa.
V: Ti prometto che sarà uno spettacolo mai visto prima, e che dopo tornerai a casa sana e salva.
Evey: Va bene. 

Analisi dialogo

Questo dialogo tra V (Hugo Weaving) ed Evey (Natalie Portman) è uno dei momenti più emblematici e rivelatori di V per Vendetta. Siamo davanti a una vera dichiarazione d’identità teatrale, dove V si presenta non come individuo, ma come concetto. E il modo in cui lo fa è profondamente legato alla forma, al ritmo e alla scelta delle parole.

Evey: Chi sei?

V: Chi? Chi è soltanto la forma conseguente alla funzione, ma ciò che sono è un uomo in maschera!

Qui V smonta la domanda in maniera filosofica. Non risponde con un nome, ma con un concetto: “Chi” è un’identità nominale, ma lui non agisce come individuo, bensì come funzione di qualcosa di più grande. V è la vendetta, la voce, la volontà. È ciò che serve in quel momento per sovvertire il sistema. La maschera diventa un mezzo per annullare il sé e trasformarsi in simbolo. Non importa chi sia sotto, importa cosa rappresenta.

Voilà, alla vista un umile Veterano del Vaudeville…

Questo è uno dei passaggi più iconici del film, e anche uno dei più discussi. Una sequenza quasi musicale in cui ogni parola inizia con la lettera “V”. Un gioco linguistico degno del miglior Shakespeare travestito da anarchico. È un monologo costruito con un’attenzione ossessiva alla forma — allitterazione, ritmo, metafora — e che serve a mostrare due cose: La cultura e l’intelligenza di V. Il suo amore per l’arte come forma di comunicazione rivoluzionaria. Ogni “V” è un colpo all’identità rigida imposta dal regime: lui è il caos poetico contro l’ordine assolutista.

Evey: Per caso sei… sei un pazzo?

La risposta di Evey è disarmante nella sua semplicità. Lei rappresenta lo spettatore: smarrita, confusa, ma anche incuriosita. V è un personaggio fuori da ogni schema: parla in versi, fa esplodere edifici e cita Einstein e Shakespeare nello stesso discorso. Il sospetto di follia è inevitabile, ma la sua sicurezza, il suo stile e la sua teatralità lo rendono affascinante.

V: Io come Dio non gioco ai dadi e non credo nelle coincidenze.

Questa frase è una parafrasi di una famosa citazione attribuita ad Albert Einstein, e qui diventa una dichiarazione filosofica. V crede in un ordine, ma non quello imposto. È un ordine morale, poetico, karmico. La sua vendetta non è casuale, ma costruita con precisione chirurgica. È l’idea che ogni evento abbia un senso, e che il caos sia solo una forma complessa di giustizia.

V: Gli strumenti a percussione sono la mia specialità…

V presenta l’attentato all’Old Bailey (che avverrà pochi minuti dopo) come uno spettacolo. L’arte e la rivoluzione si fondono: la distruzione non è solo un atto militare, è una sinfonia. L’orchestra è il sistema di potere che sta per crollare, e lui ne è il direttore. Invita Evey (e quindi lo spettatore) a partecipare come testimone.

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