Il discorso di Addison in Zombie 4: analisi del monologo che unisce mostri e persone

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Addison, fin dal primo Zombies, è sempre stata la figura che incarna la possibilità di coesistenza. È l’unica "normale" in un mondo dove zombie, licantropi, alieni e ora vampiri e daywalkers si contendono spazi e identità. Ma è proprio questa sua normalità – o meglio, questa sua posizione centrale tra i mondi – a darle la forza di mediare. In Zombie 4, il suo ruolo evolve in qualcosa di più simile a un catalizzatore: è lei che, quando le cose sembrano precipitare, riporta tutti all’essenziale. Questo monologo ne è la prova.

Uniamoci!

MINUTAGGIO: 55:30-56:05

RUOLO: Addison

ATTRICE: Meg Donnelly

DOVE: Disney+


ITALIANO

Fatela finita! Veniamo da una città chiamata seabrook, dove tutti i mostri vivono insieme in pace. Ma non è stato sempre così. Per un pò ci è stato insegnato a odiarci, ed era una vita orribile. Ma oggi siamo qui come prova. Prova che si può ottenere un vero cambiamento trovando la forza nelle reciproche differenze. Così si ottiene un mondo migliore, restando uniti. Lottate per ciò in cui credete. Perché in gioco c'è niente meno che il gioco della vostra città. Il vostro futuro. Diventate una squadra. Sappiamo che potete. Quando lo avrete fatto, vi riuscirà ogni cosa. Voglio sentirvelo dire. Cosa siamo noi?

Zombies 4

Zed, Addison, Eliza e Willa sono ormai al primo anno di college, al Mountain College. Ma invece di godersi questa nuova fase della vita, si sono tuffati a testa bassa nelle rispettive attività sportive: lui nel football, lei nel cheerleading. Il risultato? Hanno trascurato sia il loro rapporto di coppia che le amicizie storiche. Con l’arrivo dell’estate, decidono di partire insieme per un viaggio in macchina, diretti verso due diversi camp estivi: Zed per un camp sportivo, Addison per uno dedicato alle cheerleader. Ma qualcosa va storto: un misterioso picco energetico manda in tilt il bracciale Z-band di Zed (quello che controlla le sue funzioni da zombie) e fa finire l’auto fuori strada.

A questo punto la trama prende una piega nuova: i quattro si ritrovano in un’area sconosciuta, e decidono di dividersi per cercare aiuto. Zed incappa in un gruppo mai visto prima: i Daywalkers, una sorta di razza “ibrida” tra vampiri e esseri diurni, guidati da Nova. Addison invece incontra i Vampiri, capeggiati da Victor. Entrambi i gruppi sono in rivalità per una risorsa fondamentale e in esaurimento: il Blood Fruit, un frutto che rappresenta sia fonte di energia sia simbolo di sopravvivenza per entrambe le fazioni. Quando finalmente tutti si riuniscono davanti al frutteto, scoprono che il cancello è chiuso e decidono di accamparsi al vicino Camp Rayburn, un vecchio campo estivo abbandonato. I nostri protagonisti assumono il ruolo di pacificatori, trasformandosi in veri e propri “counselor” tra i due gruppi. L’idea è semplice: convincerli a collaborare. E inizia così una dinamica alla West Side Story in salsa fantasy, con Nova e Victor che iniziano a condividere visioni sovrannaturali l’uno dell’altra. Qualcosa – o qualcuno – li sta spingendo a unirsi.

Nel frattempo, i picchi energetici non si fermano e iniziano a colpire anche altri esseri sovrannaturali, compresi zombie e licantropi. Quando finalmente Daywalkers e Vampiri riescono a collaborare e ad aprire il cancello del frutteto, arrivano gli anziani dei due clan. E le cose degenerano: spaventati dall’unione dei due gruppi, finiscono per incendiare mezza piantagione. Le tensioni riesplodono e lo spettro della guerra torna sul tavolo. Ma qui entra in gioco l’intuizione di Eliza e Willa, che scoprono che la causa dei disturbi energetici è nelle radici morenti del Blood Fruit. L’unica possibilità per guarirle? Unire le Moonstone, gli artefatti magici che danno potere a entrambi i popoli. Nova e Victor temono che sia impossibile... ma Zed e Addison, esausti ma ispirati, li spronano a provarci.

Il gesto funziona: le Moonstone unite rigenerano le radici, il Blood Fruit torna a crescere, e i popoli trovano finalmente un equilibrio. Niente più rivalità, almeno per ora.

Il film si chiude con Zed e Addison che decidono di mettere in pausa le ambizioni personali per dedicarsi ai rapporti che contano davvero. Nova e Victor si salutano, ma promettono di restare in contatto. E proprio mentre tutti tirano un sospiro di sollievo, un nuovo misterioso evento sovrannaturale – un mulinello d'acqua che si forma sopra l’oceano – suggerisce che l’avventura, forse, è solo all’inizio.

Analisi Monologo

Fatela finita! Veniamo da una città chiamata Seabrook, dove tutti i mostri vivono insieme in pace.L’esordio è diretto, quasi rabbioso nel tono. Addison non usa mezze misure: interrompe lo scontro con un richiamo netto, autoritario. C’è dentro una stanchezza, ma anche un’urgenza morale. Nomina Seabrook – la città che nei film è diventata simbolo del “possibile” – e lo fa come se fosse una bandiera. Quasi a dire: “Guardate da dove veniamo. Guardate cosa abbiamo già fatto”. "Ma non è stato sempre così. Per un po’ ci è stato insegnato a odiarci, ed era una vita orribile." Qui entra il sottotesto più politico del monologo. Il film, senza mai diventare didascalico, mette sul tavolo il tema dell’odio appreso. Addison non parla di colpe individuali, ma di un sistema che insegnava a odiare. C’è una critica implicita alla cultura della paura, alle divisioni imposte dall’alto. E il tono si fa riflessivo, come se cercasse di far ricordare a tutti cosa c’è in gioco.

"Ma oggi siamo qui come prova. Prova che si può ottenere un vero cambiamento trovando la forza nelle reciproche differenze." Addison passa dalla memoria collettiva all’azione presente. Non chiede cambiamento: lo prova. E usa un linguaggio che è quasi una dichiarazione di intenti. Il concetto di “forza nelle differenze” non è nuovo, ma nel contesto della saga – che da sempre parla di convivenza tra creature diverse – acquisisce un valore molto pratico. Qui non si tratta di tolleranza, ma di alleanza. "Così si ottiene un mondo migliore, restando uniti. Lottate per ciò in cui credete. Perché in gioco c’è niente meno che il gioco della vostra città. Il vostro futuro." Questa è la parte più emotiva.

Addison sposta il focus dalla coesistenza astratta a qualcosa di estremamente concreto: “il gioco della città”. In un film Disney, dove il “gioco” è spesso metafora per l’identità collettiva (sport, competizione, scuola), questa frase fa centro. È una chiamata all’azione che tocca la sfera personale. "Diventate una squadra. Sappiamo che potete. Quando lo avrete fatto, vi riuscirà ogni cosa. Voglio sentirvelo dire. Cosa siamo noi?" E qui si chiude il cerchio. Il discorso si trasforma in uno speech da coach in piena regola. Addison passa da leader morale a motivatrice di squadra. Ma attenzione: non dice “io credo in voi”. Dice “sappiamo che potete”. Rende collettiva anche la fiducia. Chiude con una chiamata corale: “Cosa siamo noi?”. Ed è lì che il pubblico, o il gruppo nel film, è chiamato a rispondere. Non è più lei a parlare: è loro il compito di completare il discorso.

Conclusione

Questo monologo è il manifesto dell’intera saga. Addison non parla solo ai vampiri e ai daywalkers: parla al pubblico. Ai ragazzi cresciuti con Zombies, che oggi hanno davanti una realtà più complessa di quella dei primi film. L’odio appreso, la paura dell’altro, le etichette: sono tutti temi che il film tocca in modo simbolico ma sentito.

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