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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo è l’apertura di Spider-Man (2002), e serve a dare il tono, a incorniciare l’intero film come un racconto in prima persona, personale e doloroso, raccontato non da un supereroe, ma da un ragazzo che ha dovuto imparare a essere qualcun altro. È uno dei rari casi in cui un film di supereroi si apre con la dichiarazione "Chi sono? Sicuri di volerlo sapere?" – una frase che suona quasi come un avvertimento. Il monologo comincia in voce fuori campo, su uno schermo nero. Nessuna immagine, solo parole. E queste parole non cercano di affascinare, ma di avvertire. Peter Parker non inizia la sua storia con entusiasmo o orgoglio, ma con un tono mesto, disilluso, quasi scoraggiato. Dice: "Chi sono? Sicuri di volerlo sapere?". È una frase semplice, ma densa. Implica che la sua identità non è qualcosa da esibire, ma da nascondere, da proteggere, forse perfino da vergognarsi.
MINUTAGGIO: 3:38-4:06
RUOLO: Peter Parker
ATTORE: Tobey Maguire
DOVE: Netflix
INGLESE
Who am I? You sure you want to know? The story of my life is not for the faint of heart. If somebody said it was a happy little tale... if somebody told you I was just your average ordinary guy, not a care in the world... somebody lied. But let me assure you: This, like any story worth telling, is all about a girl. That girl. The girl next door. Mary Jane Watson. The woman I've loved since before I even liked girls. I'd like to say that's me sitting next to her.
ITALIANO
Chi sono? Sicuri di volerlo sapere? La storia della mia vita non è per i deboli di cuore. Se qualcuno ha detto che era una bella favoletta, se qualcuno vi ha raccontato che ero solo un tizio normale senza una preoccupazione al mondo, quel qualcuno ha mentito. Ma ve l’assicuro, questa come qualsiasi storia che valga il racconto, è a proposito di una ragazza. Questa ragazza. La ragazza della porta accanto: Mary Jane Watson. La donna che ho amato fin da prima di cominciare ad apprezzare le ragazze. Vorrei potervi dire che sono io quello accanto a lei.
Siamo di fronte al primo Spider-Man diretto da Sam Raimi, uscito nel 2002, con Tobey Maguire nei panni di Peter Parker. È il film che ha segnato una svolta importante nel cinema dei supereroi, ma la cosa interessante è che lo ha fatto rimanendo ancorato a un racconto molto semplice, quasi classico, da romanzo di formazione. Peter Parker è uno studente liceale di New York, orfano, impacciato, invisibile ai coetanei. Vive con gli zii, May e Ben, e coltiva un amore silenzioso per Mary Jane Watson, la ragazza della porta accanto.
La sua vita cambia quando, durante una visita a un laboratorio, viene morso da un ragno geneticamente modificato. Quel morso è l’inizio di una trasformazione fisica, ma soprattutto simbolica. Peter acquisisce forza, agilità, riflessi sovrumani, la capacità di arrampicarsi sui muri e di sparare ragnatele dai polsi. Ma la parte interessante è come questi poteri si intrecciano con la responsabilità morale che comincia a emergere in lui. Dopo aver deciso di usare le sue abilità per guadagnare soldi in un match di wrestling, Peter lascia scappare un ladro per dispetto. Poco dopo scopre che quel ladro ha ucciso suo zio Ben. E qui c’è l’innesco: Peter capisce che ogni scelta ha un peso, e nasce Spider-Man.
Il villain del film è Norman Osborn, interpretato da Willem Dafoe, uno scienziato miliardario, padre del miglior amico di Peter, Harry. Norman sperimenta un siero che lo trasforma nel Green Goblin, una sorta di alter ego incontrollabile, violento, assetato di potere. L’elemento affascinante è che, come Peter, anche Norman vive una scissione interiore: da un lato il padre, il mentore, dall’altro la creatura folle che vuole distruggere chiunque lo ostacoli.
La forza narrativa di Spider-Man sta nel modo in cui racconta la tensione tra il desiderio personale e la responsabilità verso gli altri. Peter è costantemente diviso: vuole stare con Mary Jane, ma sa che avvicinarsi a lei la metterebbe in pericolo. Vuole essere un ragazzo normale, ma ha capito che il suo potere lo obbliga a fare di più.
“Chi sono?” La domanda iniziale – "Chi sono?" – non è retorica. È il centro tematico dell’intero film. Peter ha un’identità duale, ma nessuna delle due è completa. Da una parte c'è il ragazzo timido, l’outsider. Dall'altra c'è Spider-Man, figura pubblica ma solitaria. Il monologo ci introduce a un racconto di crisi esistenziale mascherata da storia d’azione. E quando aggiunge "Se qualcuno vi ha raccontato che ero solo un tizio normale senza una preoccupazione al mondo, quel qualcuno ha mentito", Peter smonta l’archetipo dell’eroe invulnerabile. Qui non c'è mitizzazione, c'è una confessione.
“La storia della mia vita non è per i deboli di cuore” La frase è volutamente enfatica. Peter non si riferisce alla violenza, ma alle scelte dolorose, alle conseguenze. Il tono è tragico, non spettacolare. Questo dettaglio è fondamentale: sta dicendo allo spettatore che quello che vedrà non è un’avventura, ma un dramma. “Ma ve l’assicuro, questa... è a proposito di una ragazza”
A questo punto, il monologo cambia traiettoria. Peter ammette che tutto – poteri, battaglie, perdite – ruota intorno a una ragazza. Mary Jane Watson è il cuore pulsante del suo dilemma. Non è solo una storia d’amore, ma una presenza simbolica: MJ rappresenta la vita che Peter non può avere. Quando dice "Vorrei potervi dire che sono io quello accanto a lei", chiude il cerchio con una rinuncia. Sta raccontando non quello che ha ottenuto, ma quello che ha perso per diventare chi è.
Il monologo di apertura di Spider-Man è una fiaba al contrario. Non comincia con “C’era una volta” e non promette un lieto fine. Comincia con una domanda e prosegue con una perdita. Raimi sceglie di far parlare Peter in prima persona perché questa è una storia intima, un sacrificio raccontato con la voce di chi ancora ne porta il peso.
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